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martedì 17 settembre 2019

LE GAZZOSE E LA GUERRA
di Tiziano Rovelli


Ero studente liceale a quel tempo fine anni ’60.
D’estate, periodo come si sa di vacanze, avevo trovato un lavoretto presso una piccola ditta di produzione di gazzose, di spume, acque minerali e quant’altro, che si occupava anche della distribuzione di queste bevande per mezzo di piccoli camion, soprattutto nei bar della periferia milanese. La fabbrichetta a conduzione familiare aveva sede all’Isola Garibaldi dove io abitavo, e vivacchiava, prima che la Coca Cola spazzasse via tutta questa produzione nostrana. Approfittavo del mese di luglio per raccogliere qualche soldo per andarmene via con qualche amico in agosto, magari in autostop.  
Io lavoravo sia all’interno direttamente alla produzione, - acqua, zucchero e gas per le gazzose-, sia all’esterno alla distribuzione, sui camion. Accompagnavo come uomo di fatica che scaricava le cassette, l’autista nel suo giro quotidiano.
Si caricava il camioncino, il proprietario controllava il carico arrampicandosi sulla sponda dell’automezzo, poi si partiva al mattino per tornare la sera.
Uscivo volta a volta con compagni di lavoro diversi e tutti di una età non più giovane che guidavano quegli scassatissimi furgoni e portavano cassette come pure io da aiutante facevo.
Mi capitò un giorno di uscire con un tipo che all’inizio si dimostrò piuttosto taciturno, rozzo come la gran parte di loro, di età vicino alla pensione.
Ci spingevamo anche lontano dalla sede, nei paesi fuori Milano.
Verso sera, quando ci si accingeva a ritornare, questo tipo cominciò a inveire contro il lavoro che lo aveva schiavizzato tutta la vita e bestemmiava e bestemmiava tutte le anime del purgatorio, non da ultimo imprecando contro il suo datore di lavoro. Poi non so per quale ragione si confidò con me liberandosi di un peso che gli gravava sulla coscienza.
Fascista, durante la guerra, nelle ultime fasi delle ostilità, come aderente alla Repubblica di Salò aveva combattuto in Jugoslavia contro i partigiani di Tito.
Mi raccontò delle efferatezze perpetrate da lui e dai suoi camerati contro la popolazione civile inerme. Ammazzavano torturavano, tagliavano persino il seno alle donne e cose anche più indicibili.
Ne rimasi esterrefatto ed inorridito nella mia ignoranza di allora.
A scuola di queste cose non si parlava, il programma di storia finiva alla prima guerra mondiale e si cantava il “Piave mormorò”.
Altro che “italiani brava gente”!
Sono le guerre le cause più immonde dell’odio che intossica la inciviltà. Senza operare alcuna distinzione, i popoli si mettono gli uni contro gli altri comportandosi come bestie e si scagliano contro uomini che hanno il solo torto di avere altra lingua e altri costumi. Anzi, gli animali sono meno crudeli  di noi. La leggenda della Bibbia narra che Caino uccide suo fratello Abele,
e noi discendiamo tutti da Caino.