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martedì 8 ottobre 2019

SU GLI AFORISMI DI STEFANO ELEFANTI
di Gino Ruozzi
Stefano Elefanti

Avere scelto per titolo Quisquilie colloca già gli aforismi di Stefano Elefanti in un’area nobile dell’aforisma del Novecento, poiché rinvia all’omonima raccolta di Camillo Sbarbaro pubblicata da Scheiwiller nel 1967. Preferire Sbarbaro per modello è una precisa indicazione di tono e di poetica, che sale dalle poesie di Pianissimo (1914) a Fuochi fatui (1956) e alle successive evoluzioni minimalistiche di Gocce (1963), Contagocce (1965) e appunto Quisquilie (1967). L’“estroso fanciullo” additato da Montale in un bellissimo epigramma di Ossi di seppia è stato uno dei protagonisti silenziosi della poesia e dell’aforisma del Novecento, uno dei più autorevoli per profondità e sensibilità.
Elefanti ne ha disegnato un preciso ritratto nel volume saggistico Origini e sviluppo dell’aforisma poetico nel Novecento italiano (Joker, 2013), uno degli studi più interessanti e puntuali sull’aforisma contemporaneo. Egli parla dell’“indole schiva” di Sbarbaro, del suo “intimismo esistenziale e crepuscolare” che “si ripercuote sulla produzione letteraria” e “nell’andamento antiretorico e discreto della silloge aforistica Fuochi fatui”. Elefanti coglie nel segno e traccia un profilo che anticipa anche un proprio cauto autoritratto.
Con questa raccolta Elefanti esordisce come autore di aforismi dopo avere fornito prova di valido e acuto studioso. Autore e studioso non è binomio inusuale nel genere aforistico: talvolta lo studioso precede l’autore, talaltra lo segue, proponendo studi e prefazioni che sono illuminanti. Penso in particolare alle intense pagine che introducono il terzo volume di minime di Alessandro Morandotti (1980), altro scrittore di aforismi studiato da Elefanti.

La copertina del libro

Non posso pertanto che salutare con simpatia questo esordio d’autore, sia per il consapevole inserimento in una secolare tradizione sia per la qualità dei testi, che denotano una riflessione esistenziale non affrettata e corriva ma prudente e meditata, intima e penetrante. Elefanti da studioso di qualità conosce le caratteristiche retoriche dell’aforisma; questo è un vantaggio ma potrebbe anche essere un rischio, là dove la cultura potrebbe sopravanzare l’invenzione e il rapporto con la realtà. Invece la sua parola è autentica, con accenti di coscienza e di dolore che manifestano la propria umanità e invitano a scavare nella nostra.