di Gino Ruozzi
Stefano Elefanti |
Avere scelto per titolo Quisquilie colloca già gli aforismi di
Stefano Elefanti in un’area nobile dell’aforisma del Novecento, poiché rinvia
all’omonima raccolta di Camillo Sbarbaro pubblicata da Scheiwiller nel 1967.
Preferire Sbarbaro per modello è una precisa indicazione di tono e di poetica,
che sale dalle poesie di Pianissimo (1914)
a Fuochi fatui (1956) e alle
successive evoluzioni minimalistiche di Gocce
(1963), Contagocce (1965) e
appunto Quisquilie (1967). L’“estroso
fanciullo” additato da Montale in un bellissimo epigramma di Ossi di seppia è stato uno dei
protagonisti silenziosi della poesia e dell’aforisma del Novecento, uno dei più
autorevoli per profondità e sensibilità.
Elefanti
ne ha disegnato un preciso ritratto nel volume saggistico Origini e sviluppo dell’aforisma poetico nel Novecento italiano (Joker,
2013), uno degli studi più interessanti e puntuali sull’aforisma contemporaneo.
Egli parla dell’“indole schiva” di Sbarbaro, del suo “intimismo
esistenziale e crepuscolare” che “si ripercuote sulla produzione letteraria” e
“nell’andamento antiretorico e discreto della silloge aforistica Fuochi
fatui”. Elefanti coglie nel segno e traccia un profilo che anticipa anche
un proprio cauto autoritratto.
Con questa raccolta Elefanti esordisce
come autore di aforismi dopo avere fornito prova di valido e acuto studioso.
Autore e studioso non è binomio inusuale nel genere aforistico: talvolta lo
studioso precede l’autore, talaltra lo segue, proponendo studi e prefazioni che
sono illuminanti. Penso in particolare alle intense pagine che introducono il
terzo volume di minime di Alessandro
Morandotti (1980), altro scrittore di aforismi studiato da Elefanti.
La copertina del libro |
Non posso pertanto che salutare con
simpatia questo esordio d’autore, sia per il consapevole inserimento in una
secolare tradizione sia per la qualità dei testi, che denotano una riflessione
esistenziale non affrettata e corriva ma prudente e meditata, intima e
penetrante. Elefanti da studioso di qualità conosce le caratteristiche
retoriche dell’aforisma; questo è un vantaggio ma potrebbe anche essere un
rischio, là dove la cultura potrebbe sopravanzare l’invenzione e il rapporto
con la realtà. Invece la sua parola è autentica, con accenti di coscienza e di
dolore che manifestano la propria umanità e invitano a scavare nella nostra.