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venerdì 17 gennaio 2020

DOPO IL 12 DICEMBRE 2019
di Franco Romanò


Una riflessione di Franco Romanò sulle iniziative
per Piazza Fontana

Non è stato davvero un 12 dicembre come tutti gli altri. Le ricorrenze non sempre servono davvero a qualcosa, ma questa volta sì. Metto in fila quello che secondo me è stato rilevante, con qualche commento.
1.La quercia in onore di Pino Pinelli, piantata prima del 12 dicembre con una cerimonia durante la quale il sindaco Sala si è scusato a nome della città con la famiglia dell’anarchico.
2.Le formelle con i nomi delle vittime poste intorno alla Fontana della piazza e un’ultima formella voluta dal comune di Milano su cui è scritto che la strage è responsabilità di Ordine Nuovo.
3.Il discorso tenuto dal sindaco Sala (si può reperirlo facilmente in rete) il giorno12 dicembre al Consiglio comunale straordinario, durante il quale a reiterato le scuse alla famiglia Pinelli e a Valpreda.
4.Il discorso tenuto da Arnoldi a nome dell’Associazione famigliari dei morti di piazza Fontana al Consiglio comunale straordinario del 12 dicembre, anch’esso facilmente reperibile.
5.La catena umana e musicale che ha attraversato Milano il giorno 14 dicembre da Piazza Fontana a Piazza Cavour insieme alle figlie di Pinelli, Silvia e Claudia con migliaia di persone, che hanno cantato i canti della tradizione anarchica e libertaria.
Questi sono i fatti salienti, ma ciò che più conta, a mio avviso, sono la tempistica e la sobrietà. Sala e la giunta milanese non hanno fatto proclami ma messo le altre istituzioni di fronte al fatto compiuto, compiendo prima del 12 dicembre le due azioni più significative: la posa della targa che indica la responsabilità di Ordine Nuovo e le scuse a Pinelli e poi a Valpreda - definiti perseguitati - durante il discorso che Sala ha tenuto per primo in consiglio comunale, mettendo ancora una volta chi c’era di fronte al fatto compiuto, allo stesso modo del discorso di Arnoldi puntuale nel riassumere tutta l’ingiustizia di depistaggi e inadempienze istituzionali. Credo che siano stati un po’ tutti presi in contropiede da queste scelte, meditate, volute dai famigliari come è stato ricordato da Arnoldi in un’intervista, senza clamori precedenti che avrebbero suscitato polemiche. Il silenzio che ne è seguito, ma anche le parole di chi è stato costretto a seguire l’onda in qualche modo mi sembra, assai eloquente. Gotor, in un’intervista rilasciata a Radio Popolare si occupa del silenzio della destra definendolo di convenienza. Credo invece che siano stati presi in contropiede anche loro, ma risponderanno dopo il riposizionamento necessario e vedremo come la stessa cosa riguarda le istituzioni statali. Infatti, dopo quanto accaduto, c’è solo un rischio: fermarsi e accontentarsi. Invece è adesso che occorre tenere il punto di un’iniziativa politica che deve ritornare nelle mani di larga parte dell’opinione pubblica che non si accontenta di sapere una verità che sta scritta anche in alcune sentenze definitive della magistratura: insieme ai famigliari, alle reti antifasciste che si muovono anche autonomamente l’una dall’altra ma che costituiscono un patrimonio prezioso se si avrà la capacità di ascoltarsi reciprocamente. L’esempio più importante lo hanno dato in questo senso Claudia e Silvia Pinelli. Non si sono sottratte ai momenti istituzionali e hanno fatto bene a farlo, ma hanno anche posto dei limiti molto precisi e circoscritti e la catena umana e musicale di sabato è il primo passo di un’iniziativa che deve continuare. Manca un pezzo importante di verità storica, riguarda la morte di Giuseppe Pinelli e non può essere barattata in nome di altri riconoscimenti; tanto più in un momento in cui, dopo il caso di Stefano Cucchi, si sono almeno un po’incrinati, spiriti di corpo e difese interne, lontane dalla costituzione che non è mai entrata nelle caserme. Chi sa qualcosa c’è ancora. L’iniziativa già partita per intitolare una strada di Milano a Giuseppe Pinelli anarchico e partigiano è una seconda importante iniziativa per ricominciare. C’è stata un’altra iniziativa a Milano, intrapresa da Sala e dalla giunta comunale e cioè la manifestazione dei sindaci con Liliana Segre. Pur importante anch’essa, la tengo separata dalle altre perché ho l’impressione che sia stata il canto del cigno della commissione parlamentare su cui è caduto il silenzio. Non mi stupisce più di tanto perché l’iniziativa era debole e lasciata per intero sulle spalle della senatrice Segre. Ho però anche un’altra impressione e cioè che la sordina derivi anche dalla impossibilità da parte delle forze politiche che si dicono antifasciste, di andare fino in fondo su alcune questioni chiave: dalla costituzione che non è mai veramente entrata nelle caserme, per passare ai prefetti che non intervengono per impedire l’apologia di fascismo, per arrivare ai depistaggi di cui già abbiamo avuto notizia e gli altri che ne sono seguiti. Infine per arrivare non alla modifica ma all’abolizione dei decreti sicurezza salviniani. Le forze politiche e istituzionali che vediamo non sono in grado di affrontare questi problemi a meno che non siano spinte da un’opinione pubblica e da movimenti che pongano con forza queste esigenze. Credo che queste siano le ragioni profonde per mettere la sordina alla commissione, oppure per vararla in una forma del tutto innocua.