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giovedì 5 marzo 2020

LA MODERNITÀ DELLE CONTRADDIZIONI
di Franco Astengo


L’Europa del capitalismo maturo sta rischiando il collasso nell’insieme del sistema fondato sulla democrazia liberale, il consumismo individualistico, l’egoismo conservatore delle classi. La visione di un progresso inestinguibile appare, infatti, sottoposta ad una torsione storica che ripropone un ritorno all’indietro impensabile fino a qualche tempo fa.
Guerre ed epidemie stanno disegnando uno scenario da Medioevo.
La risposta della destra isolazionista sta mostrando la corda della concreta impraticabilità, ma appare insufficiente anche la richiesta di tornare all’usato schema del welfare socialdemocratico.
Il fallimento degli inveramenti statuali tentati nel ’900 sulla base di quelli che abbiamo definito come fraintendimenti marxiani rende il quadro ancora più cupo, rispetto alle prospettive possibili nella dimensione epocale.
Emerge il ritardo nel definire la capacità di percorrere, prima di tutto sul piano teorico, un passaggio molto delicato: quello della necessità di rappresentare politicamente l’insieme delle contraddizioni o fratture sociali emergenti. Negli anni ’90 del XX secolo si era imposta una sorta di “visione tecnocratica”, il cui “ubi consistam” era basato sull’idea dell’eternità di una “società affluente” che rendeva ineluttabile lo spostamento definitivo dei valori e dei principi che avevano ispirato il formarsi della sinistra politica nelle sue diverse declinazioni. Sul piano culturale si era poi affermata, fino al punto di assumere forza egemonica, l’ineluttabilità dell’accentuarsi delle disuguaglianze economiche e sociali.
Le disuguaglianze erano ormai intese come il solo motore possibile per far marciare un’economia ormai esclusivamente fondata sul mercato finanziario e il presupposto indispensabile per la definitiva affermazione di un sistema politico nel quale il vecchio schema liberal-democratico fondato sul confronto parlamentare si modificava attraverso l’esercizio di un metodo fondato sull’ “estetica del pubblico”.
Le contraddizioni della modernità reclamano invece il ritorno a una riflessione attorno alle coordinate possibili di un indirizzo di sviluppo alternativo allo scenario esistente. Occorre rilanciare l’esigenza di tornare a “pensare in grande” un diverso modello di futuro. Non è sufficiente pensare al ritorno del “welfare” o alla”green economy”: serve qualcosa di più ampio e strutturalmente orientato nel suo complesso. La ricostruzione di un intreccio tra etica e politica potrebbe rappresentare il passaggio fondamentale per delineare i contorni di una “società sobria” avendo come base di proposta una nuova “teoria dei bisogni”. Va posta al centro la prospettiva di una società alternativa a quella fondata su di un’economia dell’arricchimento e dell’individualismo competitivo.
Un’economia dell’arricchimento che, come abbiamo visto, trova la sua pertinenza non nel concetto di utilità sociale ma di accumulo privato.
Un accumulo privato inteso come collezione di beni riservati a una fetta piccolissima di popolazione. Ciò che sta accadendo attorno a noi in questi giorni dimostra con grande chiarezza tutta la distorsione che provoca nell’insieme della prospettiva umana questo modello basato sulla “voracità soggettiva”. Sono tre le grandi questioni che debbono essere affrontate ripensando anche ai nostri lasciti identitari.
Sul recupero di una capacità d’analisi e di progetto deve essere fondata una nuova idea politica di uguaglianza e solidarietà sociale:
1) Lo sfruttamento dell’individuo e del collettivo: il meccanismo, davvero chiaro, della costrizione nella “condizione di classe”.
2) Il rapporto tra consumo del pianeta in termini complessivi di suolo e di risorse naturali e la stessa prospettiva di vivibilità del genere umano (dentro a questo punto stanno richiamo alle guerre e alle epidemie: i grandi temi dell’attualità);
3) Quella della capacità cognitiva, in termini globali di formazione, informazione, capacità di trasmissione di notizie e cultura e quindi di educazione globale.