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mercoledì 29 aprile 2020

PONTI E SIMBOLISMO
di Paolo Maria Di Stefano


Il Ponte di Renzo Piano a Genova è una realtà.

Il carattere simbolico e archetipico proprio di tutti i ponti, reali o ideali, ha trovato (in questo secolo) la sua espressione più completa nelle parole di Martin Heidegger il quale, in uno scritto del 1954 dal titolo “Costruire abitare pensare”, afferma che “il ponte riunisce presso di sé, nel suo modo, terra e cielo, i divini e i mortali. Invero si pensa generalmente che il ponte sia anzitutto e propriamente solo un ponte. Solo per un senso aggiunto e occasionale potrebbe poi anche esprimere molteplici significati… Ma in realtà il ponte, se è un vero ponte, non è mai anzitutto un semplice ponte e poi, in un secondo tempo un simbolo. Né il ponte è fin da principio solo un simbolo, nel senso che esprima qualcosa che, in senso stretto, non gli appartiene… Il ponte è un edificio in grado di dare dimora al soggiornare dell’uomo” (Saggi e discorsi, Heidegger,1954, pag.102; pag.106.)
Con una annotazione conclusiva di estremo interesse da parte di Alessandra Di Stefano, architetto autrice della tesi che sto rileggendo: “Ritengo che sia inevitabile la sovrapposizione tra il concetto heideggeriano di luogo dell’abitare (…) e quello di luogo del costruire inteso come di una architettura capace di farsi espressione di una determinata cultura. L’operazione mentale, culturale e progettuale da compiere è quindi quella di recuperare la capacità di abitare così da poter costruire: la forte carica simbolica del ponte, il suo essere un segno e un archetipo universalmente condiviso fin dai tempi più antichi può indubbiamente aiutare i progettisti in questa difficile operazione. Il ponte sembra infatti aver mantenuto, grazie al suo simbolismo ed alla sua universalità, un legame molto stretto con il costruire e con l’abitare di Heidegger, ed è forse l’unico tema progettuale che ha conservato nella sua stessa essenza il ‘poetare’ l’originario ‘far abitare’ (Heidegger, op. cit., traduzione italiana 1976, pag. 136).”
Una data storica per Genova, per l’Italia, per l’Europa: poche ore orsono, in fondo, il cantiere ha posto in quota l’ultimo elemento del nuovo ponte di Renzo Piano e la città è di nuovo unita e tutta percorribile. Pare impossibile, ma ora non restano che i dettagli (si fa per dire) destinati a renderlo percorribile e dunque anche economicamente e praticamente utile.

Il ponte sul Polcevera di Renzo Piano

E naturalmente è subito stato un coro di apprezzamenti, e tutti abbiamo fatto a gara per esprimerli con una gioia soltanto limitata dal ricordo della tragedia che ha accompagnato il crollo di quel Ponte Morandi in fondo almeno esteticamente apprezzabile. Tutte cose dette da tutti e accompagnate dalla speranza - quasi una consapevolezza - che almeno per una volta la burocrazia, la corruzione e il malaffare se anche avessero remato contro (tanto per non perdere l’occasione) non avrebbero ottenuto effetti dannosi più che tanto, anche per questo rafforzando la speranza di un futuro persino eticamente corretto. E forse non soltanto per questo ponte, che Renzo Piano ha voluto sinteticamente funzionale. E proprio nel nome di Renzo Piano, architetto ammirato incondizionatamente da Alessandra Di Stefano - che sognava si lavorare con lui - che sono andato a rileggere la tesi che ha dato alla giovane la lode nell’ormai lontano 1996 e che si conclude con un passaggio, allora, per me oscuro, oggi di una chiarezza esemplare.
Con un vantaggio: poter parlare dell’evento del 28 aprile con argomenti in qualche modo diversi da quelli utilizzati dai tanti commentatori, più colti e certamente meglio tecnicamente preparati di me.
Ecco: Genova e Renzo Piano hanno costruito una “abitazione” che, quando sarà completata, ospiterà non soltanto la cultura di una regione, mostrandola per quello che è stata e per ciò che sarà, ma anche per lo spirito del “lavorare assieme” per costruire un ambiente, un mondo, una qualità di vita migliore.