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martedì 30 giugno 2020

LA VALLE NON SI ARRENDE
di Nicoletta Dosio


Questa notte la luna è un'esile falce, impigliata tra i monti del Moncenisio, ai margini del buio. Forse, ora, sta percorrendo il cielo della Clarea, sul presidio dei mulini, il più recente dei presidi NO TAV, nato da quattro giorni sull'urgenza della lotta, contro l'ennesimo attacco della lobby delle Grandi Opere. Dal mio forzato esilio posso solo immaginare il silenzio di lassù, più prezioso perché faticosamente sottratto al sordo ronzio di sottofondo, che avvelena quei luoghi da quando sono caduti sotto il dominio dei cantieri, autostradale prima, ora del TAV.
Forse i presidianti, vinti dal sonno e dalla fatica, non vedono la luna che veleggia alta e sembra accarezzare con la sua luce il piccolo accampamento di resistenti. Ma certo qualcuno veglia sul riposo di tutti, attento ai rumori, all'insidia degli attacchi notturni.
Più in basso tutto è pronto per l'ennesima devastazione: cumuli di ferraglia, la piattaforma che farà da nuovo ponte sul Clarea e gli uomini in arme, asserragliati nel fortino che avanza cancellando boschi, radure, vigne, specchi d'acqua ancora densi di vita.
Mi tornano in mente questi stessi luoghi, com'erano in un tempo che mi sembra lontano di secoli. Niente autostrada del Frejus, allora, niente progetti di supertreni, solo una stradina che, dall'abitato di Giaglione, si snodava verso Chiomonte, tra muretti a secco, vigne, castagneti, radure ricche di erbe aromatiche e medicinali.
Si arrivava ai mulini di Clarea come ad un luogo delle favole: le case di pietra grezza fra boschi, castagneti, prati perennemente fioriti per l'abbondanza di acque, profumati di aglio ursino a primavera, prodighi di funghi in autunno.
Ora di quel mondo restano i ruderi: tetti sfondati, muri cadenti. Degli antichi mulini è rimasta qualche macina, pezzi di tramoggia; scomparsa la grande ruota che ricordo ancora in funzione nell'ultimo dei mulini, quello che oppose all'autostrada una resistenza ahimè vana.
Ma l'essenziale è non dimenticare. Il potere teme la memoria, perché in essa continuano a vivere le istanze e la rabbia dei vinti, la volontà di riscatto, la nostalgia per la bellezza perduta. Certo le truppe d'occupazione che stanno militarizzando la Valle e i boschi intorno al presidio nel tentativo di isolare e prendere per fame i resistenti, non sanno che la montagna offre, a chi la protegge, mille sentieri; e che l'amore per la propria terra ha tenacia e risorse infinite.
Anche la luna in cielo è una falce affilata.

ANF - SEYİT EVRAN SULAYMANIYAH
di Rete Kurdistan


La Turchia attacca il Kurdistan meridionale da molti anni. Dal 15 giugno, gli attacchi di occupazione hanno raggiunto un nuovo livello. Il piano di invasione e i suoi attori internazionali stanno diventando più chiari ogni giorno.

Gli attacchi di occupazione dello stato turco al Kurdistan meridionale che sono in corso dal 15 giugno hanno assunto una nuova dimensione. Innanzitutto, il campo profughi di Maxmur, l'insediamento di Yazidi Shengal (Sinjar) e numerose aree di insediamento civile nelle zone di difesa di Medya sono state bombardate da dozzine di aerei da combattimento. Due notti dopo, l'operazione di occupazione a Heftanin, iniziata nell'agosto 2019, è stata ampliata con attacchi aerei e truppe di terra. Gli attacchi continuano senza sosta.

Tempi e reazioni
Il tempismo di questi attacchi è sorprendente. Sono iniziati dopo un incontro della "coalizione internazionale" guidata dagli Stati Uniti a Baghdad, dove è stata discussa la situazione dei paesi della regione. La Turchia non è stata rappresentata alla riunione. Subito dopo, tuttavia, una visita a sorpresa è stata fatta a Baghdad dal capo del servizio di intelligence turco MIT, Hakan Fidan. Informazioni varie e contraddittorie sono disponibili in questa visita. A Baghdad, si dice che Fidan abbia chiesto al nuovo primo ministro iracheno, Mustafa al-Kadhimi, di esercitare pressioni sul governo regionale del Kurdistan meridionale affinché chiuda il valico di frontiera di Sêmalka nella regione autonoma della Siria settentrionale. Si dice che abbia chiesto allo stesso al partito al potere KDP. Si dice anche che abbia chiesto l'approvazione di una continuazione delle operazioni a Shengal, Heftanin e Bradost.
Alcune voci affermano che al-Kadhimi non era d'accordo e che la Turchia ha comunque avviato l'operazione il 15 giugno. Altre voci ipotizzano che al-Kadhimi abbia dato il suo consenso a porte chiuse. Un giorno dopo l'inizio dell'invasione, al-Kadhimi e i leader dell'apparato di sicurezza e dell'esercito hanno deciso di non commentare. Questa decisione conferma il presupposto che al-Kadhimi abbia raggiunto un accordo con la Turchia su alcuni punti.
I circoli sciiti e il ministero degli Esteri iracheno hanno protestato contro l'invasione. In due dichiarazioni verbali, il ministro degli Esteri ha invitato la Turchia a fermare gli attacchi e ritirare le sue truppe dall'Iraq. I leader sciiti come Amir Hekim, Mukteda al-Sadr e Hadi Amiri hanno anche protestato contro gli attacchi dell'occupazione turca. Iyyad Allavi, che è considerato un leader sunnita sebbene egli stesso sia sciita, ha invitato gli Stati Uniti a fermare l'invasione turca e a proteggere l'Iraq come partner strategico dagli attacchi.
Hoşyar Zebari, membro del Politburo del KDP ed ex ministro degli Esteri e delle finanze dell'Iraq, ha descritto l'invasione turca come un "serio sviluppo geopolitico" e ha messo in guardia contro un'espansione neo-ottomana che avrebbe coinvolto anche Mosul. Ha detto: “Per anni si è parlato del fatto che il leader turco Erdogan vuole espandere il territorio ai confini del Misak-i Milli (Patto Nazionale) e annettere l'intera parte meridionale del Kurdistan, inclusi Mosul e Kirkuk. Quindi alla fine anche un politico del KDP come Zebari ha sollevato questo pericolo. Ma non basta parlarne. Dobbiamo pensare a cosa si può fare per bloccare i piani turchi. E ciò che deve essere fatto è abbastanza ovvio: i curdi devono agire insieme e prendere una posizione comune".
Ma Zebari non parla per l'intero KDP. Né il partito né il governo regionale che controlla hanno finora parlato contro l'invasione turca. Invece di protestare, il movimento di liberazione curdo è, come sempre, usato come giustificazione. Ciò dimostra che il KDP è in una certa misura parte degli attacchi.


Perché gli Stati Uniti e al-Kadhimi sono silenziosi?
Le voci contro l'invasione turca stanno diventando più forti. Nessuna dichiarazione è stata ancora fatta dal Primo Ministro iracheno Mustafa al-Kadhimi e dagli Stati Uniti. Ciò solleva inevitabilmente la questione se l'occupazione turca sia il risultato di un accordo tra USA, al-Kadhimi e Turchia. Immediatamente dopo l'inizio degli attacchi, l'Iraq ha inviato una delegazione a Duhok per indagare sull'entità dell'invasione. La delegazione ha visitato Zakho, Duhok e l'area di confine e è tornata a Baghdad senza una spiegazione. Gli attacchi non si fermarono in seguito, ma diventarono ancora più violenti.
Questa situazione ricorda l'operazione di occupazione turca nel dicembre 2017 a Bradost. Una delegazione di Baghdad è arrivata nella regione, ha svolto indagini e è tornata. Lo stato turco ha proseguito le sue operazioni e ha raggiunto Lelikan nel 2018 e Shekif nel 2019, che da allora ha abbandonato. Apparentemente la delegazione irachena aveva chiarito solo fin dove la Turchia poteva invadere. La situazione sarà simile alla delegazione che era ora a Duhok. La situazione è la seguente: gli attacchi all'occupazione continuano nel quadro di un piano comune da parte degli Stati Uniti, parte dei leader iracheni, Turchia e parte del KDP. Poiché l'aggressione turca non conosce confini, i civili vengono uccisi ogni giorno le aree residenziali e le aree pic-nic vengono bombardate. Ma continuano anche le proteste contro l'invasione turca. Il piano di occupazione e i suoi attori stanno diventando più chiari ogni giorno. È inoltre prevedibile che le proteste dall'Iraq e dal Kurdistan meridionale diventeranno più forti.


LETTERA APERTA AI M5S
di Felice Besostri*


A futura memoria

Gli elettori, cioè il corpo elettorale, che rappresenta il popolo, al quale appartiene la sovranità nella nostra Repubblica democratica rappresentativa, il 4 marzo 2018, vi ha affidato la responsabilità di governare, malgrado una legge elettorale di sospetta costituzionalità, contro la quale avete condotto un’opposizione politica e giudiziale ferma e determinata, impegnandovi come singoli parlamentari e come gruppi di Camera e Senato, alla quale ho collaborato.
Non ha avuto successo, ma ha contributo a far maturare un diverso orientamento alla Corte Costituzionale sui conflitti di attribuzione promossi da parlamentari ed ora il principio è acquisito: il singolo parlamentare è un potere dello Stato. Non ha ancora trovato una concreta applicazione, perché nei ricorsi in materia di bilancio la Corte Cost. non ha ravvisato la grave violazione delle prerogative del singolo deputato, ma lo strumento di tutela esiste e se il nostro ordinamento fosse minacciato nei suoi principi supremi ci si potrebbe appellare.
Il suo fondamento è nell’art. 67 Cost. “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Ogni membro, non il Parlamento nel suo complesso, rappresenta la Nazione, che è un altro modo per dire il popolo, cui appartiene la sovranità. Quindi il parlamentare non rappresenta il partito che l’ha candidato, né gli elettori che l’hanno votato, né il territorio della circoscrizione di elezione. Per questa ragione c’è il divieto di mandato imperativo, pietra angolare della moderna democrazia, deve rappresentare l’interesse generale, non di clero, nobiltà o Terzo Stato o di altre corporazioni, meno ancora di lobby o gruppi di pressione o di interesse. Il divieto di mandato imperativo è tutela di questi valori non dei volta gabbana, perché la Costituzione è un corpo organico.
 L’art. 67 Cost. va letto con l’art. 54 Cost. in particolare il secondo comma “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. Chi lascia un gruppo per ragioni personali o di convenienza viola l’art. 54.2 Cost. Il concetto di onore è chiaro per tutti. Per disciplina non si intende obbedienza, che sarebbe contraddittorio con l’art. 67 Cost., ma rigore morale, e chi abbandona per essere rieletto sotto altre bandiere dimostra di non avere disciplina e onore.
Parliamoci chiaro, la responsabilità maggiore l’hanno i partiti che hanno preferito le liste bloccate, nell’illusione di avere soldatini ubbidienti, invece che parlamentari preparati ed interessati al bene pubblico. Sull’abolizione del divieto di mandato imperativo le nostre strade si sono divise, perché è il classico rimedio peggiore del male (toppa peggiore del buco). Bastava imparare dalle regole del Parlamento europeo. Chi non fa più parte di un gruppo è un deputato non iscritto, ma allora si doveva intervenire sulla legge elettorale e sui regolamenti parlamentari. I partiti o gruppi politici organizzati hanno il monopolio della presentazione di liste alle elezioni, ma non abbiamo una legge organica sui partiti politici. Soltanto così si potrebbe adottare una normativa di collegamento tra liste di candidati e gruppi parlamentari, che impedisca di lasciare a titolo individuale un gruppo e di iscriversi ad un altro, se non in caso di scissione di un partito o di abbandono collettivo di un gruppo in seguito a una discussione pubblica e ad una votazione nel gruppo.
Se ci fossero voti di preferenza o solo collegi uninominali sarebbe più difficile errare da un gruppo ad un altro: chi lascia deve metterci la faccia non trovare un nuovo capo che lo ricandidi in posizione eleggibile. Non sono mai stato iscritto al M5R, come l’amico Ferdinando Imposimato, con cui ho fatto scelte parallele, dopo le elezioni del 2013. Entrambi abbiamo fatto parte di una sinistra democratica di orientamento socialista.


I risultati delle elezioni 2013 segnano il passaggio a un sistema politico tripolare a partire da un sistema politico bipolare artificiale, cioè indotto da leggi elettorali con coalizioni avvantaggiate rispetto alle liste singole e premi di maggioranza senza rapporto con il consenso popolare. Un fatto positivo che andava salvaguardato, specialmente da chi aveva combattuto la legge n.270/2005, da tutti conosciuta come porcellum, che sarà finalmente annullata nel gennaio 2014.  Tuttavia il pensiero dominante andava in altra direzione, bisognava assicurare la governabilità e una nuova maggioranza che rompesse gli schemi bipolari non era ancora disponibile, come dimostra la fine prematura di un incarico a Bersani, che pure aveva sconfitto Renzi per la leadership del PD: il risultato è la deforma costituzionale Renzi-Boschi e la sua legge elettorale incostituzionale, la n. 52/2015, approvata con 3 voti di fiducia, richiesti dal governo e ammessi dall’allora Presidente della Camera Boldrini in violazione dell’art. 72.4 Cost. e dell’opinione di una Presidente di altro e più alto spessore, come la compagna Nilde Iotti, espressa con adamantina chiarezza nel 1980. “ Con la richiesta di voto di fiducia l’iter di approvazione di una legge diventa speciale, perché la norma è nella Parte Terza e non nella Seconda del Regolamento”(quella che regola appunto “La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera” richiesta dall’art. 72 della Costituzione per le leggi “in materia costituzionale ed elettorale”: fate attenzione all’endiadi, che equipara Costituzione e legge elettorale)[1]
Il M5S ha dato il maggiore contributo di ricorrenti parlamentari ai ricorsi, anche parlamentari della sinistra lombarda e laziale e persino una deputata centrista umbra, erano della partita, ma a titolo individuale, solo il M5S è stato presente con i suoi capigruppo e con i più alti esponenti nelle istituzioni, basta vedere chi ha sottoscritto il ricorso in Campania. La sentenza n. 35/2017 ha coronato l’iniziativa eliminando per la seconda volta il premio di maggioranza bipolare, ma soprattutto facendo un’importante affermazione di principio, che in materia di tutela di diritti costituzionali fondamentali, se una norma crea dubbi sulla estensione di questi diritti, basta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per attivare la tutela giudiziale. Non c’è bisogno che sia applicata. Si capisce il passo in avanti: la legge n. 52/2015 sarebbe stata di effettiva applicazione dal 1° luglio 2016 la sentenza di annullamento parziale è stata depositata il 9 febbraio 2017. Per fortuna del Ministro Buonafede i nemici della sospensione della prescrizione non si occupano di tutela dei diritti costituzionali, secondo loro violati, sarebbero già davanti alla Corte Costituzionale se avessero letto la sentenza, per la quale ci siamo battuti. Ma andare in Corte Costituzionale è un rischio, invece si voleva vivere di rendita politica per una qualche candidatura in elezioni che si sperava imminenti.
La lezione delle sentenze n. 1/2014 e 35/2917 era stata recepita solo dal M5S e pochi altri in parlamento e grazie a loro il germanicum (che sprezzantemente alcuni di noi chiamavano il tedeschellum o con ibrido di lingue maccheroniche tedeskellum) non passò proprio per una norma sudtirolese  e per far digerire il rosatellum furono necessari 8 voti di fiducia 3 alla Camera senza problemi per la volonterosa on. Boldrini e 5 al Senato imposti a quel galantuomo e servitore dello Stato sen. Grasso, che ne trasse le conseguenze.  Il contrasto al Rosatellum, che non è il nome di un buon vino ma di una pessima legge elettorale è stato fatto solamente, salvo le solite eccezioni individuali, dal M5S, senza apparente successo a meno di sorprese del tribunale di Catanzaro che deve depositare una sentenza entro settembre/ottobre Al tribunale di Roma la prossima udienza è il 2 dicembre 2020.

Ferdinando Imposimato

Spero che sia approvata prima una nuova legge, con modifiche del ddl A.C. 2329, che è comunque meglio della l.n. 165/2017 come modificata dalla l.n. 51/2019, che ha accentuato l’incostituzionalità al Senato, dove nel riparto tra seggi uninominali maggioritari e plurinominali proporzionali, applicando regole diverse dalla Camera si sono sottratti 16 seggi su 196 alla parte proporzionale per darli in più al maggioritario, cioè alle coalizioni, di cui finora non avete fatto parte. Non sono pochi, superano quelli iniziali di LeU su 317, su 196 rappresentano un 8,16%, un partito molto sopra la soglia del 3%, ma anche del 5%. Quest’ultima soglia c’è in Germania ma con deputati, di norma più di 600, 631 quello in carica, come il precedente. Con 400 della futura Camera è discutibile, con i 200 del Senato eccessiva, forse anche incostituzionale. Quando, insieme con Imposimato, abbiamo prestato le nostre competenze per battaglie di principio, non c’era adesione politica a tutto il programma del Movimento, né ci è stato chiesto, né abbiamo chiesto nulla in cambio. Per vostra autonoma decisione avete candidato Imposimato alla Presidenza della Repubblica e me, tra altri alla Corte Costituzionale, un segno di simbolico riconoscimento, che ricordo con piacere.
La ragione di fondo, anche se i nostri rapporti, per scelta di molti di voi, sono al lumicino è che il nostro sistema politico deve restare tripolare, almeno c’è speranza che sorga un polo di sinistra democratica  e sociale di orientamento socialista e libertario, che sappia riunire le migliori tradizioni storiche del movimento operaio italiano, come sviluppo del Partito dei Lavoratori sorto a Genova nel 1892 e che si è rotto nel 1921: l’anno prossimo saranno 100 anni. Stiamo a vedere cosa si farà l’anno prossimo o nel 1922 nel 130° anniversario di Genova, magari nel nome di Gramsci e Matteotti, piuttosto che di Craxi e Berlinguer. Per avere un sistema tripolare il M5S non deve scendere sotto il 20%, meglio ancora intorno al 25%. Per la stabilità di un Governo giallo-rosa il PD dovrebbe avere la stessa percentuale. Se poi si auspica un governo giallo-rosso (senza equivoci sono milanese ed interista) la terza gamba del Governo dovrebbe aspirare al 10%, ma solo dopo aver cambiato nome in LUeU, Liberi Uguali e UNITI.
Resto di quest’idea anche se gli ultimi atti della maggioranza e del Governo sono deludenti. La fretta di convocare il referendum costituzionale per poi revocare comizi elettorali referendari senza indicare contestualmente o parallelamente una nuova data. Involontariamente si è creato precedente gravissimo se applicato all’art. 61 Cost. Una maggioranza meno attaccata di questa alla Costituzione, che grazie al premio di maggioranza nascosto nel Rosatellum facilitato e amplificato dalla legge n. 51/2019, si è scelto un Presidente complice, può in caso di scioglimento del Parlamento convocare le elezioni e poi revocarle.
Per i referendum, pace, ma per le elezioni l’art 61 Cost. è chiaro “Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti”. Non succederà mai, ma proprio per questo il Governi deve cambiare linea di difesa e non dire c’è carenza assoluta, in altre parole si può fare: nessun giudice se ne può occupare. Dimostrate che non intendete creare precedenti: rinunciate alla Giornata Elettorale Unica, ottenuta con un voto di fiducia incostituzionale o almeno rispettate la lingua inglese e chiamatela election’s days: si vota domenica e lunedì. E non di celebri il referendum finché non è pronto un libretto informativo, completo delle ragioni del Sì e del No, come si fa in Svizzera. Sarà difficile spiegare che il Trentino-Sudtirolo ha 6 senatori come la Calabria, con il 92% di abitanti in più del Trentino-Alto Adige.
Questa lettera doveva partire il 23 ma il 24 su discuteva al TAR Lazio il ricorso contro il taglio drastico dei parlamentari, non contro una sensata riduzione, e il 25 contro il taglio dei vitalizi. Non è questa la sede per parlarne, posso solo ribadire che se fosse stata fatta con legge sarebbe già andata in Corte Costituzionale e non me ne sarei occupato. Ora tutti dimostrino se sono forze di governo e non momentaneamente al Governo o all’opposizione.
Si è ancora in tempo per cambiare rotta e occuparsi dei problemi veri del paese.
*Amico del popolo e della Costituzione

Nota
[1] Una legge elettorale incostituzionale è la ferita più grave alla democrazia costituzionale: ne abbiamo avute due ufficialmente, ma approvate tre. Con la prima abbiamo rinnovato tre Parlamenti nel 2006, 2008 e 2013, la seconda è stata annullata per tempo e con la terza abbiamo celebrato le elezioni del 2018.
IL VUOTO DI SISTEMA
di Franco Astengo


Questa la notizia: “Decreti sicurezza, il M5S e l'eterno rinvio della svolta. Nei fatti la discontinuità con il governo giallo-verde non s'è ancora vista. Nella richiesta dei cinque stelle di rimandare la riforma dei decreti Salvini a settembre si nasconde la voglia di lasciare tutto così com'è”.
La discontinuità non c’è e non potrà esserci, ben oltre l’argomento pur scottante dei decreti sicurezza.
La politica, infatti, presenta le sue regole ed è difficile sfuggirvi.
L’operazione 5 Stelle-PD è stata un’operazione non solo trasformistica ma ben più profonda nell’interpretazione di una presunta modernità cercata nel vuoto dell’agire politico: in questo senso serve una breve spiegazione.
Partiamo dal concetto di trasformismo.
Secondo i classici: Termine con cui la pubblicistica italiana definì la prassi politica, inaugurata fin da Cavour e Rattazzi nel Parlamento Subalpino (1852) consistente nel formare di volta in volta maggioranze parlamentari intorno a singole personalità e su programmi contingenti, superando le tradizionali distinzioni tra destra e sinistra. Dopo il “discorso di Stradella” di Depretis che segnò la fine della destra storica fu considerata anche di tipo trasformistico anche la concessione di favori alle consorterie locali in cambio del sostegno parlamentare praticata da Francesco Crispi e Giovanni Giolitti (Salvemini “Il Ministero della Malavita”).
Con riferimento alla politica contemporanea, il termine è stato assunto a significare, con tono spregiativo o comunque polemico e negativo, sia ogni azione spregiudicatamente intesa ad assicurarsi una maggioranza parlamentare o a rafforzare la propria parte, sia la prassi di ricorrere, invece che al corretto confronto parlamentare, a manovre di corridoio, a compromessi, a clientelismi, senza più alcuna coerenza ideologica con la linea del partito.”
Con questa definizione della “coerenza ideologica” tocchiamo il “punctum dolens” al riguardo del MS5: per il M5S non ci può essere alcun riferimento a coerenza ideologica e di conseguenza nessun trasformismo.
Nel M5S, infatti, non esiste riferimento in senso ideologico classico e neppure in senso più genericamente posto sul piano etico e morale.
La questione, infatti, riguarda il sistema di potere esistente in Italia: aver predicato l’antipolitica, dichiarato che “Il Parlamento andava aperto come una scatola di tonno”, voler ridurre indiscriminatamente il numero dei parlamentari e aver raccolto messe di consensi proprio su questi punti incontrando il “ventre molle” del Paese e incrociandolo con l’assistenzialismo, ha oggettivamente contribuito a cambiare la concezione del potere corrente nella società italiana.
 Il Movimento 5 Stelle, sull’onda del risultato elettorale, ha così occupato uno spazio che non era già più di potere (la funzione di potere si era già articolata in altra direzione) ma di semplice riempimento di un vuoto di sistema.
Ormai quasi inesistente il “voto di appartenenza”, in forte difficoltà il “voto d’opinione” (quello che era normalmente patrimonio dei “ceti medi riflessivi”) si è imposto il modello dello “scambio politico”.
Uno “scambio politico” a dimensione di massa, non limitato territorialmente e socialmente come capitava con le vecchie clientele di marca DC.
Ottenuta la maggioranza (nel caso dei Cinque Stelle la maggioranza che contava, quella in Parlamento, non quella illusoria delle elezioni europee valide soltanto come grande sondaggio d’opinione) si è verificata un’occupazione del potere modellata appunto sul vuoto di sistema.
Un potere lasciato vuoto perché i precedenti occupanti, almeno fino al 1994, si era mossi attraverso l’applicazione di un altro modello di scambio.
Da Berlusconi in poi si è verificato, gradualmente, un duplice fenomeno: quello della trasformazione dei soggetti politici avvenuta una volta concluso il ciclo dei partiti ad integrazione di massa, e il mutamento nelle modalità di occupazione e di esercizio del potere.
È chiaro come si sia trattato di cosa ben diversa dall’alternanza, alla quale puntavano i partiti dell’Ulivo seguendo modelli di tipo “classico”:
Nel centro sinistra si è vagheggiato di “bipolarismo temperato”, di modello Westminster, addirittura si sono tentate forzature bipartitiche senza analizzare mai il fatto che ci si stava muovendo sulle sabbie mobili di interessi individualistici, corporativi, assistenzialisti, esaltati dal populismo spicciolo imposto dal sistema della comunicazione televisiva e poi dai social network.
L’alternanza bipolare, infatti, si può verificare soltanto attraverso una trasposizione di diversi modelli (anche molto simili tra loro) tra governo e opposizione. L’occupazione del vuoto, invece, prevede soltanto il governo.
In questa dimensione, quella del riempimento pro-tempore di un vuoto, esiste una sola possibilità per andare avanti: quella dello “status quo” e dell’eterno rinvio, esercitando, nei riguardi di una società per larghe parti corporativa e assistenzialista le funzioni più deteriori dell’autonomia del politico. Autonomia del politico che esalta il suo esercizio occupandosi prevalentemente dei criteri da usare per esercitare il potere di nomina oltre a quello dell’elargizione non programmata e non programmabili dei flussi di spesa (la vicenda dei bonus nella fase dell’emergenza rimane emblematica di questa situazione, facendo il paio con la ventilata riduzione temporanea dell’IVA buona per sollecitare gli appetiti consumistici).
Nomina e spesa: poteri esercitati al di fuori da qualsiasi spazio di progettualità, salvo confondere l’idea di progetto con gli strani balbettii sulla “decrescita felice” o su vagheggiate forme di “democrazia diretta” immediatamente malintese con il decisionismo da tastiera esercitato opacamente senza ombra di controllo.
Tutto questo è avvenuto perché l’esercizio del potere, in questo caso, non è reale ma soltanto fittizio: il potere vero è talmente ramificato in varie forme da non poter trovare un collettore univoco per le proprie istanze.
L’esercizio del potere si sviluppa così attraverso un coacervo di compartimenti stagni che fra loro comunicano soltanto attraverso l’esercizio della funzione lobbistica. Non a caso i partiti sono spariti e al loro posto troviamo gruppi di pressione molto articolati al loro interno.
Nel corso del lockdown si era temuto emergesse “l’uomo solo al comando” ma dobbiamo constatare che costui, a questo punto, ha interpretato soltanto una funzione comunicativa e non certo di riferimento decisionale.
I decisori viaggiano in proprio, come dimostrato nell’inedita articolazione che si è presentata nel corso di questi mesi nel rapporto centro/periferia o nel confronto/dilemma tra economia e salute pubblica.
Difatti l’unica ragione di permanenza per questo Governo è rappresentata dal traguardo dell’elezione del Presidente della Repubblica, un’altra figura simbolica cui è stata tolta anche la facoltà di esercitare la “moral suasion” .
Ogni affermazione attraversa la quale si intenderebbe proporre proprio una forma di “moral suasion” risulta ormai filtrata e interpretata da un sistema di comunicazione di massa organicamente e strutturalmente al servizio del sistema lobbistico di gestione del potere cui si è già fatto cenno.
Il rispetto delle regole imposte durante l’emergenza sanitaria da parte di una grande massa di cittadini è stato, infatti, dovuto dalla paura instillata, più o meno paradossalmente, dalle controversie all’interno di quella che è difficile definire “comunità scientifica”. La gran parte delle cittadine e dei cittadini nei mesi scorsi si è rifugiata nel “meno peggio” e (giustamente) nella “riduzione” del danno.
Torniamo allora ai temi politici più complessivi e alle prospettive che si stanno aprendo nel sistema.
Tutte queste argomentazioni depongono a favore di un giudizio di impossibilità di alleanza organica tra M5S e PD: chi la propugna considerandola la nuova frontiera di un sistema d’alternanza e cerca di spacciarla come un “nuovo centrosinistra” non valuta il tema del “vuoto” e dovrà essere reso cosciente del fatto di coltivare un’illusione.
Un pericolo, come sempre in politica quando si coltivano le illusioni dimenticando che non può esserci nulla di organico nel vuoto.
Oggi viviamo, infatti, in un vero e proprio “vuoto di sistema”.

GUERRAFONDAI
di Antonio Mazzeo


I Marines Usa si esercitano alle guerre con il MUOS di Niscemi

Hanno preso il via a marzo e si concluderanno a fine autunno le esercitazioni di guerra dei marines Usa per testare il funzionamento delle nuove tecnologie applicate al MUOS (Mobile User Objective System), il sistema di telecomunicazione satellitare di proprietà ed uso esclusivo del Pentagono che può contare su un terminale terrestre all’interno della base militare di Niscemi, Caltanissetta. A sovrintendere alle attività addestrativo-sperimentali il Marine Corps Systems Command con sede nella base di Quantico, Virginia, con la collaborazione della Ia Marine Expeditionary Force, la task force aerea, marina e terrestre dislocata a Twentynine Palms, California.
Scopo delle complesse esercitazioni è quello di verificare l’efficienza della rete MUOS in vista di un potenziamento delle telecomunicazioni via-satellite dell’US Marine Corps, a supporto dei propri comandi e delle unità “combattenti”. È stato utilizzato in particolare un aggiornato sistema radio multibanda AN/PRC-117G e un kit di antenna che permette accessi simultanei alla rete MUOS. Con i test si stanno valutando le modalità di funzionamento del sistema satellitare durante le attività militari: vengono simulati veri e propri “ambienti operativi di guerra” con attacchi aerei e colpi di mortaio, con il controllo a distanza dei centri di comando del Corpo dei Marines.
“I test con le nuove apparecchiature del MUOS hanno superato le aspettative”, ha dichiarato il colonnello Jeff Decker, manager dei sistemi radio-terrestri del Marine Corps Systems Command. “Abbiamo provato il nuovo sistema satellitare per comprendere non solo ciò che è possibile fare con le sue infrastrutture, ma anche per vedere come possiamo utilizzarle per accrescere la letalità delle forze navali e delle unità dei Marines e poterci preparare così a impiegarli nel modo migliore in missioni reali. Il MUOS è simile a un sistema di telefonia cellulare funzionante in cielo che consente la copertura dell’intero globo terrestre. Esso sta cambiando il modo con cui guardiamo all’architettura tattica satellitare”.
Altrettanto soddisfatto anche il sergente Mason J. Roy, responsabile per le operazioni e le comunicazioni strategiche della Ia Marine Expeditionary Force. “L’idea di poter inviare un video o una foto dal campo di battaglia a un centro di comando, utilizzando il MUOS, consente ai comandanti di adeguare in tempi rapidi le strategie da applicare nei campi di battaglia, assicurando la migliore riuscita delle missioni e la protezione delle nostre truppe”, ha commentato Roy.
Dal Comando dei sistemi aerei e navali di Us Navy di Patuxent River, Maryland, giunge invece la notizia dell’affidamento alla divisione difesa del gruppo industriale Boeing Co. di un contratto per integrare i sistemi di trasmissione dati al MUOS a bordo dei pattugliatori marittimi anti-sommergibili P-8A “Poseidon”, alcuni dei quali già operativi in Sicilia nella stazione aeronavale di Sigonella. Il P-8A è la versione militare del Boeing 737: può volare ad altitudini molto elevate ed è in grado d’intercettare i sottomarini in immersione e di colpirli con i siluri MK 54. La Marina militare Usa ne prevede l’uso in tandem con l’ultima versione dei droni “Global Hawk” prodotti da Northrop Grumman, gli RQ-4N “Triton” per la sorveglianza a lungo raggio delle aree marittime, anch’essi destinati ad operare da NAS Sigonella.
Realizzato dall’holding militare-industriale Lockheed Martin, il MUOS consente di mettere in collegamento l’intera rete militare statunitense (centri di comando, controllo e logistici e gli oltre 18.000 terminali radio esistenti, tutti gli utenti mobili come droni, cacciabombardieri, unità navali, sommergibili, reparti operativi, missili Cruise, ecc.), accrescendo esponenzialmente la velocità e il numero delle informazioni e dei dati trasmessi nell’unità di tempo. La costellazione satellitare assicura le comunicazioni audio, video e dati in Ultra Alta Frequenza (Ultra High Frequency UHF)la tecnologia di trasmissione è quella adattata dalla telefonia cellulare di terza generazione (3G) Wideband Code Division Multiple Access (WCDMA)Il MUOS si è affiancato al sistema UFO (Ultra High Frequency Follow-On), in via di dismissione per “limiti di età” (è entrato in funzione nel 1993). Rispetto all’UFO, il MUOS assicurerebbe maggiore mobilità, facilità di accesso e migliore qualità dei servizi.


Le telecomunicazioni in UHF (dai 30 MHz ai 3 GHz) sono utilizzate da tutte le agenzie militari statunitensi per le operazioni tattiche che coinvolgono gli aspetti C4ISR (Comando, Controllo, Comunicazioni, Computer, Intelligence, Sorveglianza e Riconoscimento) Le trasmissioni in banda UHF, oltre ad essere compatibili con il maggior numero di strumenti bellici, penetrano attraverso il fogliame delle giungle e gli ambienti urbani più facilmente delle altre frequenze; grazie ad esse, i militari possono comunicare e combattere indipendentemente dalle condizioni climatiche e atmosferiche.
L’architettura del MUOS si basa su un ponte terra-spazio-terra che comprende quattro satelliti geostazionari (più un quinto in orbita di riserva) e quattro terminali terrestri. I satelliti mantengono costante nell’arco delle 24 ore la loro posizione nello spazio a più di 36.000 Km dalla terra. Le stazioni terrestri consentono invece le connessioni e i controlli interfaccia tra i satelliti MUOS e la rete Tlc del Dipartimento della Difesa. Questi terminali sono stati realizzati all’interno di quattro infrastrutture nella disponibilità della Marina militare Usa: a Chesapeake, nei pressi di Norfolk, Virginia; nella Naval Computer and Telecommunications Area Master Station Pacific di Wahiawa (isole Hawaii); nell’Australian Defence Satellite Communications Ground Station (ADSCGS) di Kojarena, (Australia); nella Naval Radio Transmitter Facility (NRTF) di Niscemi, strettamente dipendente dalla grande base Usa di Sigonella.
Secondo i dati forniti da Lockheed Martin, per la realizzazione e messa in funzione del sistema satellitare sarebbero stati spesi sino ad oggi 7 miliardi di dollari. 


lunedì 29 giugno 2020

STADIO SAN SIRO
Per quale sorte?


Pubblichiamo un appello rivolto in forma di lettera aperta al sindaco di Milano Giuseppe Sala dall’Associazione Gruppo verde San Siro il 16 giugno scorso, e sottoscritto da varie personalità. 
Egregio Signor Sindaco,
apprendiamo con preoccupazione le ultime notizie sullo stadio Meazza a San Siro.
Da quasi un anno è venuta avanti la proposta della sua demolizione per fare posto a un nuovo stadio più piccolo e “moderno”, accompagnato da numerosi nuovi edifici. A muovere l’iniziativa sono unicamente motivi di natura economica: lo stadio esistente è considerato troppo grande per gli standard attuali e le società calcistiche – ormai del tutto slegate dal contesto milanese in cui fino a pochi anni fa erano radicate – intendono ricavare lauti guadagni dalla creazione di un polo destinato a varie attività (commerciali, ricettive, di intrattenimento e terziarie) per le quali il nuovo stadio è concepito come catalizzatore. Su questo i due progetti selezionati, di Populous e di Progetto CMR, collimano.
È giunto il momento di dire basta a questo modo di operare e di rivalutare invece un modello diverso a cui Milano deve non poco della sua qualità urbana: un più ragionevole equilibrio tra iniziativa privata e regia pubblica, capace di guidare la forma e l’architettura delle nuove parti di città. Una modalità che a Milano ha dato frutti positivi nell’Ottocento e nel Novecento: basti pensare al sistema Cordusio-Sempione, a Città studi e a diversi quartieri di edilizia pubblica, tra cui il quartiere Harar e il QT8 con il Monte Stella, che concorrono a qualificare il comparto urbano in cui sorge il Meazza.
Ci stupisce anche il mutamento della Sua posizione in merito alla questione dello stadio: da difensore convinto dell’edificio esistente – da conservare a tutti i costi –, Lei è passato a un atteggiamento di compromesso, che ammette la realizzazione dei nuovi edifici a patto di mantenere alcuni frammenti dello stadio storico, ridotto a una sorta di finta rovina immersa nel verde. Negli anni ’50 fece una fine analoga ciò che restava di una delle più antiche e importanti chiese di Milano, San Giovanni in Conca: la finta rovina dell’abside, in piazza Missori, dovrebbe servire da monito. E invece…
Siamo altrettanto stupiti di fronte alla dichiarazione della Soprintendenza che ritiene lo stadio di San Siro privo di interesse storico-architettonico. È vero che le strutture degli anni Venti e Trenta sono inglobate nelle aggiunte successive e quindi poco visibili; resta però il fatto che gli ampliamenti successivi hanno fatto del Meazza un edificio di indubbia qualità architettonica e costruttiva. È diventato uno dei monumenti riconosciuti della città, non solo dai milanesi ma anche dai visitatori italiani e stranieri, per una parte non trascurabile dei quali una visita allo stadio di San Siro è irrinunciabile quanto quelle al Duomo, alla Scala e al Castello. Del resto il Meazza gronda di memoria collettiva: un tempio del calcio, ma anche sede di memorabili concerti, ormai passati alla storia. Non vorremmo che si ripetesse la vicenda dello stadio di Wembley a Londra, altro edificio-simbolo barbaramente demolito nel 2003 e sostituito da una struttura molto più banale. Per non parlare degli enormi costi di smaltimento delle strutture di acciaio e cemento armato, in termini sia economici sia ambientali.
Ci auguriamo che il Meazza possa continuare a essere utilizzato come stadio e che si giunga a una soluzione che soddisfi in primo luogo le esigenze della città e dei suoi abitanti.
La salutano cordialmente
1 Francesca Acerboni, architetto e giornalista
2 Riccardo Aceti, ingegnere e docente a contratto 

Politecnico di Milano
3 Ilaria Agostini, docente di urbanistica, Università di Bologna
4 Stefania Aiello, architetto e Conservatore dei Beni Architettonici
5 Alberto Alessi, presidente di Alessi S.P.A.
6 Mietta Albertini, regista
7 Marco Albini, architetto e docente a contratto

Politecnico di Milano
8 Pippo Amato, architetto, presidente Associazione 

Amici della Martesana
9 Florencia Andreola, PhD in storia dell’architettura

 architectural culture consultant
10 Anna Anzani, professore associato di restauro 

Politecnico di Milano
11 Giuliano Banfi, architetto, già assessore del Comune di Milano
12 Alberico Barbiano di Belgiojoso, professore ordinario fuori ruolo 

di progettazione architettonica e urbana, Politecnico di Milano
13 Maria Luisa Barbiano di Belgiojoso, architetto
14 Diana Barillari, docente di storia delle tecniche architettoniche, 

Università degli studi di Trieste
15 Luca Baroni, designer
16 Benedetta Barzini, giornalista e docente
17 Emilio Battisti, architetto e pittore, professore ordinario fuori ruolo 

di progettazione architettonica e urbana, Politecnico di Milano
18 Giovanni Baule, architetto, professore ordinario di disegno industriale Politecnico di Milano
19 Luca Beltrami Gadola, direttore di “ArcipelagoMilano”
20 Paolo Berdini, urbanista
21 Ornella Bernazzani, artista
22 Elena Bertani, architetto
23 Carlo Bertelli, storico dell’arte
24 Carlo Andrea Biraghi, architetto PhD
25 Marco Biraghi, professore ordinario di storia dell’architettura contemporanea, Politecnico di Milano
26 Roberto Biscardini, architetto e politico
27 Andrea Bonessa, architetto, co-portavoce dei Verdi di Milano
28 Enrico Bordogna, professore ordinario di composizione architettonica 

e urbana, Politecnico di Milano
29 Maurizio Boriani, professore ordinario fuori ruolo di restauro

Politecnico di Milano
30 Davide Borsa, architetto
31 Bianca Bottero, professore ordinario fuori ruolo di tecnologia dell’architettura, Politecnico di Milano
32 Maria Bottero, professore ordinario fuori ruolo di progettazione ambientale, Politecnico di Milano
33 Marco Bovati, professore associato di composizione architettonica 

e urbana, Politecnico di Milano
34 Mariella Brenna, ricercatore universitario e docente di architettura 

degli interni, Politecnico di Milano
35 Sergio Brenna, professore ordinario fuori ruolo di urbanistica

Politecnico di Milano
36 Alessandra Bruno, pittrice
37 Manlio Brusatin, architetto
38 Adele Bugatti, architetto
39 Antonella Cabassi, architetto
40 Giovanni Cafiero, architetto
41 Michele Caja, professore associato di composizione architettonica 

e urbana, Politecnico di Milano
42 Filippo Calderazzi, architetto
43 Gentucca Canella, professore associato di composizione architettonica 

e urbana, Politecnico di Torino
44 Maria Canella, docente di storia contemporanea

Università degli Studi di Milano
45 Riccardo Canella, professore associato di composizione architettonica 

e urbana, Politecnico di Milano
46 Ugo Carughi, presidente di Docomomo Italia
47 Claudio Casazza, regista
48 Alberto Casiraghy, editore e poeta
49 Adalberto Castagna, giurista d’impresa
50 Alessandro Castagna, poeta e insegnante
51 Francesca Castelbarco Albani, consigliera Municipio 1 Milano
52 Carlo Cellamare, docente di urbanistica, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
53 Zhen Chen, architetto, professore a contratto, Politecnico di Milano
54 Cristiana Chiorino, architetto PhD - Associazione Pier Luigi Nervi  Docomomo Italia
55 Tommaso Cigarini, architetto
56 Giovanni Cislaghi, professore ordinario fuori ruolo di composizione architettonica e urbana, Politecnico di Milano
57 Aline Coelho Sanches, professore di teoria e storia dell’architettura Università di San Paolo del Brasile
58 Jean-Louis Cohen, architetto, professore di storia dell’architettura 

New York University
59 Giancarlo Consonni, poeta, professore emerito di urbanistica 

Politecnico di Milano
60 Antonio Conte, docente di progettazione architettonica

Pontificia Universidad Católica del Perú
61 Roberto Conte, fotografo di architettura
62 Gianni Contessi, professore ordinario fuori ruolo di storia dell’arte contemporanea, Università di Torino
63 Lucas Corato, architetto
64 Gian Paolo Corda, architetto e urbanista
65 Emilia Costa, architetto, docente fuori ruolo di progettazione ambientale Politecnico di Milano
66 Luciano Crespi, architetto e docente, Politecnico di Milano
67 Isabella Cuccato, architetto e pittrice
68 Maurizio Cucchi, poeta e critico letterario
69 Carla De Bernardi, fotografa e scrittrice
70 Paolo Deganello, architetto e designer
71 Adalberto Del Bo, professore ordinario fuori ruolo di composizione architettonica e urbana e già preside vicario della scuola di Architettura AUIC, Politecnico di Milano
72 Gianni Del Pero, presidente di WWF Lombardia
73 Vezio De Lucia, urbanista
74 Giulia Diana, architetto
75 Carolina Di Biase, professore ordinario di restauro architettonico dell’architettura del XX secolo, Politecnico di Milano
76 Giulio Ernesti, professore ordinario di urbanistica, IUAV di Venezia
77 Francesca Fagnano, architetto PhD
78 Giuliana Filippazzi, presidente dell’associazione Gruppo Verde San Siro
79 Sonia Filippazzi, giornalista
80 Manuela Alessandra Filippi, storica dell’arte e scrittrice 

fondatrice di Città nascosta Milano
81 Anna Finocchi, storica dell’arte
82 Giorgio Fontana, scrittore
83 John Foot, storico, University of Bristol
84 Federico Fornara, architetto
85 Silvia Forni, architetto
86 Mario Fosso, professore ordinario fuori ruolo di composizione architettonica e urbana, Politecnico di Milano
87 Silvana Gabusi, portavoce de Il Comitatone per la salvaguardia 

degli ippodromi di San Siro
88 Angelo Gaccione, scrittore e direttore di “Odissea”
89 Vincenzo Gaglio, architetto PHD e docente a contratto di urbanistica Politecnico di Milano
90 Eugenio Galli, avvocato, già presidente di Fiab Ciclobby
91 Carlo Gandolfi, architetto, docente di progettazione architettonica Università di Parma
92 Vittorio Garatti, architetto, docente fuori ruolo, Politecnico di Milano
93 Jacopo Gardella, architetto
94 Isabella Giuditta, architetto
95 Carlo Gaston, Goncalves architetto e docente di progettazione 

ULB La Cambre-Horta, Bruxelles
96 Giuseppe Gorla, ingegnere
97 Elena Grandi, co-portavoce nazionale dei Verdi
98 Giulia Griotti, architetto
99 Eugenio Guglielmi, storico dell’architettura e del design
100 Matteo Iannello, storico dell’architettura
101 Marco Introini, fotografo di architettura e docente 

Politecnico di Milano
102 Silvia Lacchini, storica dell’arte
103 Martina Landsberger, storico dell’architettura e del design
104 Giulia Lechi, architetto e consigliere nazionale e regionale A.D.S.I.  Associazione Dimore Storiche Italiane
105 Francesca Leder, ricercatrice universitaria
106 Camillo Lentini, architetto
107 Stefano Levi Della Torre, pittore, saggista, docente fuori ruolo 

di storia dell’arte, Politecnico di Milano
108 Paolo Lomazzi, architetto e designer
109 Elisabetta Longari, docente di storia dell’arte contemporanea

Accademia di Belle Arti di Brera, Milano
110 Angelo Lorenzi, professore associato di composizione architettonica 

e urbana, Politecnico di Milano
111 Giuseppe Lupo, scrittore e docente universitario
112 Ferruccio Luppi, Conservatore presso la Fondazione 

Piero Portaluppi, Milano
113 Nicola Magistretti, ingegnere civile esperto di Project /Construction Management
114 Carlo Manfredi, Funzionario Architetto, Museo Storico e Parco 

del Castello di Miramare
115 Roberto Marcatti, architetto e designer
116 Marco Marinacci, architetto, storico dell’arte, docente universitario
117 Anna Maritano, architetto
118 Stefano Masi, storico dell’arte
119 Giorgio Masiero, architetto
120 Luigi Matteoni, fotografo di architettura e fondatore della pagina web “Architettura del 900 in Italia”
121 Lodovico Meneghetti, professore ordinario fuori ruolo di urbanistica 

e già direttore del Dipartimento di progettazione, Politecnico di Milano
122 Giacomo Menini, architetto PhD e docente universitario 

Politecnico di Milano
123 Luca Messeca, architetto
124 Tomaso Montanari, professore ordinario di storia dell’arte moderna Università per Stranieri di Siena
125 Carlos Roberto Monteiro de Andrade, architetto e sociologo 

professore di teoria e storia dell’urbanistica 
Università di San Paolo del Brasile
126 Milly Moratti, consigliere comunale PD
127 Alberto Mugnaini, storico dell’arte
128 László Muszik, architetto, Budapest
129 Vera Muszik, architetto, Budapest
130 Bruno Nacci, scrittore
131 Angela Alessandra Notarnicola, mezzosoprano e didatta
132 Ilaria Novembre, architetto
133 Chiara Occhipinti, RIBA PhD – Associated Partner, PLP Architecture, Londra
134 Pierluigi Panza, docente e critico d’arte
135 Maria Papini, architetto
136 Angela Passarello, artista e poeta
137 Stefano Perego, architetto e docente a contratto, Politecnico di Milano
138 Nicoletta Petrus, soprano e didatta
139 Silvano Piccardi, attore e regista
140 Paolo Picci, medico
141 Paolo Pileri, professore ordinario di pianificazione territoriale ambientale, Politecnico di Milano
142 Oreste Pivetta, giornalista
143 Attilio Pracchi, storico dell’architettura
144 Angelo Proserpio, avvocato e presidente della Società Storica Saronnese
145 Cristina Proserpio, storico dell’arte e guida turistica abilitata
146 Alvise Reverdini, architetto
147 Silvia Righetti, architetto
148 Roberto Rocchetta, architetto
149 Marco Romano, estetica della città
150 Anna Celeste Rubino, architetto PhD
151 Michele Sacerdoti, già consigliere di Zona 3
152 Pierfrancesco Sacerdoti, architetto PhD, storico dell’architettura 

guida turistica abilitata
153 Mario Santagostini, poeta
154 Enzo Scandurra, professore ordinario fuori ruolo di urbanistica Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
155 Daniela Schiavini, architetto
156 Carlo Settembrini Sparavieri Trabucchi, avvocato
157 Francesco Soro, architetto e urbanista
158 Aleksanda Stanicic, assistant professor, TU Delft Faculty of Architecture and the Built Environment
159 Antje Stehn, artista e poeta
160 Sibil Sträuli, architetto e consigliere SIA 

(Ordine svizzero degli ingegneri e architetti)
161 Stefano Suriano, architetto
162 Zhu Tan, architetto, professore a contratto

 Politecnico di Milano
163 Ugo Targetti, architetto e urbanista, già vicepresidente 

della Provincia di Milano
164 Maria Lorenza Tieghi, architetto e docente di disegno e storia dell’arte
165 Valerio Tolve, architetto, professore di composizione architettonica Politecnico di Milano e Università degli Studi “Federico II” di Napoli
166 Graziella Tonon, poetessa, professore ordinario fuori ruolo di Urbanistica, Politecnico di Milano
167 Stefano Topuntoli, fotografo milanese
168 Elena Triunveri, ricercatore archivista, Archivio del Moderno 

Mendrisio
169 Corinna Vasic Vatovec, professore associato di storia dell’architettura Università degli studi di Firenze
170 Matteo Mario Vecchio, filologo
171 Susana Venegas Gandolfo, pittrice e docente di arte 

Pontificia Universidad Católica del Perú
172 Elisabetta Vergani, attrice e autrice
173 Pier Paride Vidari, architetto e docente fuori ruolo

Politecnico di Milano
174 Daniele Vitale, architetto, professore ordinario fuori ruolo 

di composizione architettonica, Politecnico di Milano
175 Andrea Livio Volpato, architetto
176 Sergio Zevi, professore associato, curatore dell’Archivio 

Luigi Piccinato, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”