di Antonio Mazzeo
Ed ecco la NATO per le guerre del prossimo decennio…
“Da qui al 2030
faremo la NATO ancora più forte”. Lo ha annunciato lunedì 8 giugno il
Segretario Generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, a conclusione di un
meeting con i membri del Consiglio Atlantico e del German Marshall Fund degli
Stati Uniti d’America. “È stata questa un’occasione per riflettere sui temi che
l’Alleanza dovrà affrontare da qui ai prossimi dieci anni per continuare a
sentirci sicuri in un mondo ancora più incerto”, ha spiegato Stoltenberg. “La
NATO deve continuare ad essere forte militarmente, essere più unita
politicamente ed assumere un più ampio approccio globale. Per questo si deve
continuare a investire nelle forze armate e in moderni sistemi militari.
Rafforzare politicamente la NATO significa utilizzare l’Alleanza quale forum di
discussione e, quando necessario, agire e affrontare le questioni che minano la
sicurezza, operando più strettamente con i partner per difendere i nostri
valori in un mondo dove cresce la competizione globale”.
Una NATO pronta a intervenire a 360° gradi,
dunque, per riconquistare vitalità e coesione dopo le recenti crisi che ne
hanno appannato ruoli e immagine. Un processo di trasformazione
politico-militare e strategico che è stato avviato con il vertice dei Capi di
Stato e di Governo dei Paesi membri del Consiglio Nord-Atlantico tenutosi a
Londra il 3 e 4 dicembre 2019 in occasione del 70° anniversario della
fondazione della NATO. “In linea con quanto contemplato dall’articolo 3 del
Trattato di Washington, continueremo a rafforzare le nostre capacità individuali
e collettive per resistere a tutte le tipologie di attacco”, hanno dichiarato a
fine lavori i 29 leader dell’Alleanza. “Stiamo facendo buoni progressi ma
dobbiamo e vogliamo fare di più: siamo determinati a condividere i costi e le
responsabilità della nostra indivisibile sicurezza, così stiamo aumentando gli
investimenti per la Difesa specialmente per conseguire nuove capacità operative
e contribuire con forze maggiori alle nostre missioni”. In proposito, il
Vertice di Londra rivelava come negli ultimi cinque anni le spese per i nuovi
sistemi d’armamento e implementare task-force multinazionali di pronto
intervento in ogni scacchiere di guerra “sono cresciute ininterrottamente”,
mentre “più di 130 miliardi di dollari sono stati investiti nella difesa”.
Russia, minacce cyber e ibride, migrazioni internazionali e terrorismo, i vecchi-nuovi nodi strategici che la NATO si prepara ad affrontare nel decennio 2021-2030. “Le azioni aggressive della Russia costituiscono una minaccia alla sicurezza euro-atlantica; il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni rimane un pericolo persistente mentre all’instabilità dei nostri confini contribuisce la migrazione irregolare”, si legge ancora nella Dichiarazione finale del recente Vertice NATO. “Ci stiamo indirizzando e continueremo a indirizzarci in modo pacato e responsabile in riferimento all’installazione di missili a medio raggio da parte della Russia, che ha provocato la fine del Trattato sulle forze nucleari a medio raggio e che mette in grave pericolo la sicurezza euro-atlantica. Pertanto stiamo rafforzando le nostre capacità di deterrenza con un adeguato mix di sistemi nucleari, convenzionali e di difesa missilistica, che continueremo ad aggiornare…”. Nuovi e più potenti sistemi di distruzione di massa, dunque, mentre si fa sempre più certa e prossima la re-installazione in territorio europeo di sistemi missilistici nucleari simili a quelli installati nei primi anni ’80 (Cruise e Pershing), 112 dei quali in Sicilia, nello scalo aeroportuale di Comiso (Rg).
E, all’orizzonte, pure una NATO
pluri-interventista in maniera gerarchicamente sovra-ordinata rispetto
all’Unione Europea, all’Organizzazione delle Nazioni Unite e alle numerose
agenzie internazionali per la ricerca, la cooperazione, lo sviluppo e le
telecomunicazioni. “Continueremo a sviluppare la resilienza delle nostre
società, così come le nostre infrastrutture critiche e di sicurezza
energetica”, si legge ancora nella Dichiarazione finale del Meeting di
Londra. “La NATO e i suoi Alleati sono impegnati nel garantire la
sicurezza alle nostre comunicazioni, compreso il 5G (…) Stiamo sviluppando
tutti i mezzi per rispondere agli attacchi cyber e rafforzare la nostra abilità
nel contrastare le tattiche ibride che tentano di minare le nostre società”.
Il Vertice NATO ha dato mandato al
Segretario Generale Jens Stoltenberg di predisporre i documenti strategici di
ammodernamento dell’identità politico-militare dell’Alleanza in vista delle
“sfide” del prossimo decennio. Il 31 marzo scorso, in piena emergenza pandemia,
Stoltenberg ha nominato una task force di dieci “esperti” che lo ha
affiancheranno in questo complesso processo di riflessione sulla
“nuova” Alleanza. Il gruppo è co-presieduto dal tedesco Thomas de
Maizière (esponente di punta della CDU, già ministro degli Interni e
della Difesa nei governi federali guidati da Angela Merkel) e dallo
statunitense Aaron Wess Mitchell, già vicesegretario di Stato per gli Affari
europei ed asiatici dell’amministrazione Trump, oggi vicepresidente del Center
for European Policy Analysis di Washington.
Nel gruppo dei magnifici dieci
per una NATO ancora più forte compare la canadese Greta Bossenmaier,
ex consigliera per la sicurezza nazionale e
l’intelligence del Primo ministro Justin Trudeau; la danese Anja
Dalgaard-Nielsen, direttrice dell’Institute for Strategy al Royal Danish
Defence College ed ex direttrice dei sistemi sicurezza nazionali; il
francese Hubert Védrine, presidente dell’Istituto “Francois Mitterrand” ed
ex ministro degli Esteri nel governo di Lionel Jospin (1997-2002). E ancora
l’olandese Hendrica Herna Verhagen, a capo del consiglio d’amministrazione di
PostNL, società che opera nel settore postale e dell’e-commerce, con filiali in
Germania, Italia, Belgio e Gran Bretagna; la polacca Anna Elzbieta Fotyga, ex
ministra degli Esteri nel biennio 2006-07 e odierna parlamentare europea
(sottocommissione per la difesa e la sicurezza), nota per il suo estremismo
anti-russo; l’ambasciatore turco Tacan Ildem, già direttore generale per gli
Affari alla sicurezza internazionale del Ministero degli esteri ed ex capo di
gabinetto della Presidenza della Repubblica della Turchia (2000-2003); lo
storico britannico John Bew, docente al King’s College di Londra e responsabile
del think tank di politica estera “Britain in the World Project”, promosso
dalla Segreteria di Stato per la Difesa del Regno Unito nel marzo 2016.
Anche l’Italia ha la sua rappresentante
nel supercomitato per la riforma NATO: si tratta della saggista Marta Dassù,
viceministra degli Affari esteri con i governi Monti e Letta e consigliera per
la politica estera della Presidenza del Consiglio nei governi D’Alema I e II. Nominata dall’esecutivo di Matteo Renzi
nel C.d.A dell’holding militare-industriale Leonardo (ex Finmeccanica), Marta
Dassù è oggi membro del Direttivo dell’Istituto Affari Internazionali, del
Comitato scientifico di Confindustria e della LUISS School of Government
di Roma, della Fondazione Italia-USA, della Commissione
Trilaterale e del Comitato esecutivo dell’Aspen Institute. Di rilievo pure la
sua collaborazione con alcune delle più importanti testate giornalistiche
nazionali: Corriere della Sera, Il Sole24 Ore, La
Stampa e a partire dal 15 maggio 2020, ovviamente, la
Repubblica. Di certo i media non faranno mancare il loro supporto e consenso
per il suo nuovo impegno a favore della NATO 2030…