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lunedì 29 giugno 2020

I MOSCONI COCCHIERI
di Luigi Caroli


Charada italiana

A Spello, incantevole borgo umbro, il 6 giugno è saltata la tradizionale “Infiorata” a causa del virus, anche se il contagio è risultato tra i più bassi.
Il Comitato Benefico Dei Mosconi ne ha approfittato per tenere una riunione programmata da tempo. Si sono introdotti nottetempo in un saloncino della duocentesca Chiesa di Sant’Andrea nota per il Pinturicchio. Avevano deciso di aiutare un paese vicino ma ben più povero di Spello. C’erano ditte artigiane in difficoltà, piccole imprese in cassa integrazione, penuria di finanziamenti e problemi scolastici (neanche i precari ci volevano insegnare). Il più anziano, Eugenio, che tutti trattavano con deferenza, coordinava e dirigeva con polso la riunione. A illuminare - un po’ - la scena i presenti avevano sul capo una scritta luminosa col loro nome.


Eugenio, rivolgendosi a Massimo: “Sei noto per distinzione e (un po’ falsa) gentilezza. Come risolveresti il problema degli artigiani e delle piccole imprese?”.
Massimo: “Seguo solo le grosse ditte e punzecchio sindacalisti e politici di sinistra”.
Eugenio: “Ho capito. Ferruccio, tu hai guidato grossi giornali, un rimedio ce l’hai sicuramente disponibile”.
Ferruccio: “È quello che suggerisco sempre: l’austerità. Una decina d’anni di austerità e saranno in grado di mandare i figli all’Università!” 


Eugenio: “Ignazio, Ignazio, che fai? Continui a dormire? Sai certo suggerire un rimedio per i problemi finanziari. Parla!”
Ignazio: “Sono indebitati, troppo indebitati, dovevano pensarci prima”.
Eugenio: “Va bene. Anzi, male. Tocca a te Carlo. Hai certo conoscenza di aziende”.
Carlo: “Mica tanto. Non ho mai messo zampa in fabbrica. Sono anni che punzecchio quei fannulloni dei sindacalisti. È per questo che i grandi industriali mi adorano. Posso punzecchiare Conte e ordinargli: dai soldi a quei poveretti. Ma non a pioggia. Altrimenti non ci sarà la ripresa”.
Eugenio: “Sì, sì, ho capito”.


Era rimasto l’ultimo invitato, Paolo. Grande, poderoso, si era fatto bello andando dal parrucchiere. La scritta sul capo lo illuminava come una palla da biliardo.
Paolo: “So la storia di tutti gli Stati del mondo e posso mettere in difficoltà chiunque con le mie domande trabocchetto. Per aiutarli potrei insegnare la storia alle elementari. È da lì che bisogna cominciare.
Eugenio: “Sì, sì, Paolo, ho capito tutto. Sei un moscone che fa le pulci!”.


I cinque mosconi all’unisono: “E tu cos’hai fatto con noi?”.
L’allegra brigata esce dal salone e passa davanti al dipinto del Pinturicchio.
“Io avrei usato altri colori” sentenzia Paolo.
La domenica riposano e il lunedì riprendono a guidare la Nazione.