di
Franco Astengo
Questa
la notizia: “Decreti sicurezza, il M5S e l'eterno rinvio della svolta. Nei fatti la discontinuità con il governo giallo-verde
non s'è ancora vista. Nella richiesta dei cinque stelle di rimandare la riforma
dei decreti Salvini a settembre si nasconde la voglia di lasciare tutto così
com'è”.
La discontinuità non c’è e non potrà esserci, ben oltre
l’argomento pur scottante dei decreti sicurezza.
La politica, infatti, presenta le sue regole ed è difficile
sfuggirvi.
L’operazione 5 Stelle-PD è stata un’operazione non solo
trasformistica ma ben più profonda nell’interpretazione di una presunta
modernità cercata nel vuoto dell’agire politico: in questo senso serve una
breve spiegazione.
Partiamo dal concetto di trasformismo.
Secondo i classici: Termine con cui la pubblicistica
italiana definì la prassi politica, inaugurata fin da Cavour e Rattazzi nel
Parlamento Subalpino (1852) consistente nel formare di volta in volta
maggioranze parlamentari intorno a singole personalità e su programmi
contingenti, superando le tradizionali distinzioni tra destra e sinistra. Dopo
il “discorso di Stradella” di Depretis che segnò la fine della destra storica
fu considerata anche di tipo trasformistico anche la concessione di favori alle
consorterie locali in cambio del sostegno parlamentare praticata da Francesco Crispi e
Giovanni Giolitti (Salvemini “Il Ministero della Malavita”).
Con riferimento alla politica contemporanea, il termine è stato
assunto a significare, con tono spregiativo o comunque polemico e negativo, sia
ogni azione spregiudicatamente intesa ad assicurarsi una maggioranza
parlamentare o a rafforzare la propria parte, sia la prassi di ricorrere,
invece che al corretto confronto parlamentare, a manovre di corridoio, a compromessi,
a clientelismi, senza più alcuna coerenza ideologica con la linea del partito.”
Con questa definizione della “coerenza ideologica” tocchiamo il
“punctum dolens” al riguardo del MS5: per il M5S non ci può
essere alcun riferimento a coerenza ideologica e di conseguenza nessun
trasformismo.
Nel M5S, infatti, non esiste riferimento in senso ideologico
classico e neppure in senso più genericamente posto sul piano etico e morale.
La questione, infatti, riguarda il sistema di potere esistente
in Italia: aver predicato l’antipolitica, dichiarato che “Il Parlamento andava
aperto come una scatola di tonno”, voler ridurre indiscriminatamente il numero
dei parlamentari e aver raccolto messe di consensi proprio su questi punti
incontrando il “ventre molle” del Paese e incrociandolo con l’assistenzialismo,
ha oggettivamente contribuito a cambiare la concezione del potere corrente
nella società italiana.
Il Movimento 5 Stelle,
sull’onda del risultato elettorale, ha così occupato uno spazio che non era già
più di potere (la funzione di potere si era già articolata in altra direzione)
ma di semplice riempimento di un vuoto di sistema.
Ormai quasi inesistente il “voto di appartenenza”, in forte
difficoltà il “voto d’opinione” (quello che era normalmente patrimonio dei
“ceti medi riflessivi”) si è imposto il modello dello “scambio politico”.
Uno “scambio politico” a dimensione di massa, non limitato
territorialmente e socialmente come capitava con le vecchie clientele di marca
DC.
Ottenuta la maggioranza (nel caso dei Cinque Stelle la
maggioranza che contava, quella in Parlamento, non quella illusoria delle
elezioni europee valide soltanto come grande sondaggio d’opinione) si è
verificata un’occupazione del potere modellata appunto sul vuoto di sistema.
Un potere lasciato vuoto perché i precedenti occupanti, almeno
fino al 1994, si era mossi attraverso l’applicazione di un altro modello di
scambio.
Da Berlusconi in poi si è verificato, gradualmente, un duplice
fenomeno: quello della trasformazione dei soggetti politici avvenuta una volta
concluso il ciclo dei partiti ad integrazione di massa, e il mutamento nelle
modalità di occupazione e di esercizio del potere.
È chiaro come si sia trattato di cosa ben diversa
dall’alternanza, alla quale puntavano i partiti dell’Ulivo seguendo modelli di
tipo “classico”:
Nel centro sinistra si è vagheggiato di “bipolarismo temperato”,
di modello Westminster, addirittura si sono tentate forzature bipartitiche
senza analizzare mai il fatto che ci si stava muovendo sulle sabbie mobili di
interessi individualistici, corporativi, assistenzialisti, esaltati dal
populismo spicciolo imposto dal sistema della comunicazione televisiva e poi
dai social network.
L’alternanza bipolare, infatti, si può verificare soltanto
attraverso una trasposizione di diversi modelli (anche molto simili tra loro)
tra governo e opposizione. L’occupazione del vuoto, invece,
prevede soltanto il governo.
In questa dimensione, quella del riempimento pro-tempore di un
vuoto, esiste una sola possibilità per andare avanti: quella dello “status quo”
e dell’eterno rinvio, esercitando, nei riguardi di una società per larghe parti
corporativa e assistenzialista le funzioni più deteriori dell’autonomia del
politico. Autonomia del politico che esalta il suo esercizio
occupandosi prevalentemente dei criteri da usare per esercitare il potere di
nomina oltre a quello dell’elargizione non programmata e non programmabili dei
flussi di spesa (la vicenda dei bonus nella fase dell’emergenza rimane
emblematica di questa situazione, facendo il paio con la ventilata riduzione
temporanea dell’IVA buona per sollecitare gli appetiti consumistici).
Nomina e spesa: poteri esercitati al di fuori da qualsiasi
spazio di progettualità, salvo confondere l’idea di progetto con gli strani
balbettii sulla “decrescita felice” o su vagheggiate forme di “democrazia
diretta” immediatamente malintese con il decisionismo da tastiera esercitato
opacamente senza ombra di controllo.
Tutto questo è avvenuto perché l’esercizio del potere, in questo
caso, non è reale ma soltanto fittizio: il potere vero è talmente ramificato in
varie forme da non poter trovare un collettore univoco per le proprie istanze.
L’esercizio del potere si sviluppa così attraverso un coacervo
di compartimenti stagni che fra loro comunicano soltanto attraverso l’esercizio
della funzione lobbistica. Non a caso i partiti sono spariti
e al loro posto troviamo gruppi di pressione molto articolati al loro interno.
Nel corso del lockdown si era temuto emergesse “l’uomo
solo al comando” ma dobbiamo constatare che costui, a questo punto, ha
interpretato soltanto una funzione comunicativa e non certo di riferimento
decisionale.
I decisori viaggiano in proprio, come dimostrato nell’inedita
articolazione che si è presentata nel corso di questi mesi nel rapporto
centro/periferia o nel confronto/dilemma tra economia e salute pubblica.
Difatti l’unica ragione di permanenza per questo Governo è
rappresentata dal traguardo dell’elezione del Presidente della Repubblica,
un’altra figura simbolica cui è stata tolta anche la facoltà di esercitare la
“moral suasion” .
Ogni affermazione attraversa la quale si intenderebbe proporre
proprio una forma di “moral suasion” risulta ormai filtrata e interpretata da
un sistema di comunicazione di massa organicamente e strutturalmente al
servizio del sistema lobbistico di gestione del potere cui si è già fatto
cenno.
Il rispetto delle regole imposte durante l’emergenza sanitaria
da parte di una grande massa di cittadini è stato, infatti, dovuto dalla paura
instillata, più o meno paradossalmente, dalle controversie all’interno di
quella che è difficile definire “comunità scientifica”. La gran parte delle
cittadine e dei cittadini nei mesi scorsi si è rifugiata nel “meno peggio” e
(giustamente) nella “riduzione” del danno.
Torniamo allora ai temi politici più complessivi e alle
prospettive che si stanno aprendo nel sistema.
Tutte queste argomentazioni depongono a favore di un giudizio di
impossibilità di alleanza organica tra M5S e PD: chi la propugna considerandola
la nuova frontiera di un sistema d’alternanza e cerca di spacciarla come un
“nuovo centrosinistra” non valuta il tema del “vuoto” e dovrà essere reso
cosciente del fatto di coltivare un’illusione.
Un pericolo, come sempre in politica quando si coltivano le
illusioni dimenticando che non può esserci nulla di organico nel vuoto.
Oggi viviamo, infatti, in un vero e proprio “vuoto di sistema”.