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martedì 30 giugno 2020

LA VALLE NON SI ARRENDE
di Nicoletta Dosio


Questa notte la luna è un'esile falce, impigliata tra i monti del Moncenisio, ai margini del buio. Forse, ora, sta percorrendo il cielo della Clarea, sul presidio dei mulini, il più recente dei presidi NO TAV, nato da quattro giorni sull'urgenza della lotta, contro l'ennesimo attacco della lobby delle Grandi Opere. Dal mio forzato esilio posso solo immaginare il silenzio di lassù, più prezioso perché faticosamente sottratto al sordo ronzio di sottofondo, che avvelena quei luoghi da quando sono caduti sotto il dominio dei cantieri, autostradale prima, ora del TAV.
Forse i presidianti, vinti dal sonno e dalla fatica, non vedono la luna che veleggia alta e sembra accarezzare con la sua luce il piccolo accampamento di resistenti. Ma certo qualcuno veglia sul riposo di tutti, attento ai rumori, all'insidia degli attacchi notturni.
Più in basso tutto è pronto per l'ennesima devastazione: cumuli di ferraglia, la piattaforma che farà da nuovo ponte sul Clarea e gli uomini in arme, asserragliati nel fortino che avanza cancellando boschi, radure, vigne, specchi d'acqua ancora densi di vita.
Mi tornano in mente questi stessi luoghi, com'erano in un tempo che mi sembra lontano di secoli. Niente autostrada del Frejus, allora, niente progetti di supertreni, solo una stradina che, dall'abitato di Giaglione, si snodava verso Chiomonte, tra muretti a secco, vigne, castagneti, radure ricche di erbe aromatiche e medicinali.
Si arrivava ai mulini di Clarea come ad un luogo delle favole: le case di pietra grezza fra boschi, castagneti, prati perennemente fioriti per l'abbondanza di acque, profumati di aglio ursino a primavera, prodighi di funghi in autunno.
Ora di quel mondo restano i ruderi: tetti sfondati, muri cadenti. Degli antichi mulini è rimasta qualche macina, pezzi di tramoggia; scomparsa la grande ruota che ricordo ancora in funzione nell'ultimo dei mulini, quello che oppose all'autostrada una resistenza ahimè vana.
Ma l'essenziale è non dimenticare. Il potere teme la memoria, perché in essa continuano a vivere le istanze e la rabbia dei vinti, la volontà di riscatto, la nostalgia per la bellezza perduta. Certo le truppe d'occupazione che stanno militarizzando la Valle e i boschi intorno al presidio nel tentativo di isolare e prendere per fame i resistenti, non sanno che la montagna offre, a chi la protegge, mille sentieri; e che l'amore per la propria terra ha tenacia e risorse infinite.
Anche la luna in cielo è una falce affilata.