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giovedì 16 luglio 2020

ELOGIO DELLA FRAGILITÀ
di Angelo Gaccione

Niccolò Nisivoccia

In un’epoca di machismo diffuso e - diciamolo pure - di ottusa spietata crudeltà, una riflessione a tutto campo come quella operata da Niccolò Nisivoccia sulla fragilità, nel suo recente libretto dall’omonimo titolo, può apparire ai più fuori luogo. Eppure non c’è quasi nulla di così umano, e che renda immensamente umani, più della fragilità. La fragilità ha come sorella la tenerezza, e come figlie le lacrime. Da ragazzo lessi una frase che non ho più dimenticato per tutta la vita: “L’uomo piange, ecco la sua grandezza”. Ho dimenticato il suo autore, non la sua umanissima frase.
Quanta saggezza è racchiusa nella parola fragilità, e come il mondo e la vita dei “mortali” potrebbero essere diversi, se solo ne diventassimo consapevoli! Ma lo sono mai stati consapevoli gli umani? Purtroppo no, e fin dalle epoche più remote hanno esibito la loro minacciosa onnipotenza, il delirio sterminatore della forza. E tuttavia, se vogliamo rintracciare i tratti della nostra più profonda umanità, è alla fragilità di Antigone che dobbiamo rivolgerci, piuttosto che alla forza tirannica di Creonte. Alle lacrime supplichevoli e pietose della fragilità di Priamo, non al furore della forza eroica di Achille.    
È molto probabile che il sogno faustiano della forza e l’illusione onnipotente del dominio, non lasceranno scampo alla sopravvivenza della razza umana sulla terra (gli ordigni nucleari a disposizione sono in grado di far tabula rasa di ogni possibile forma di vita). O non lasceranno scelta alla natura che già da tempo affina le contromisure per fare a meno di noi. Eppure, anche questa recente contingenza determinata dal coronavirus, dovrebbe averci mostrato ad abundantiam la fragilità di ciascuno di noi individualmente, e degli stessi assetti mega-organizzati e macro-strutturali su cui le società planetarie più evolute poggiano. Un semplice, invisibile, microscopico virus, può mettere in ginocchio la più organizzata ed opulenta delle società, e farsi beffe dei suoi arsenali militari e della forza.

Niccolò nel suo studio

Il prezioso volumetto di Nisivoccia è composto da 129 “proposizioni” sulla fragilità, disposte rigidamente in numero di tre per ogni pagina; a volte brevissime, di un solo rigo, perentorie e assiomatiche; altre volte più ampie e argomentative. Qualche volta mostrano la lama affilata dell’aforisma filosofico, qualche altra lo splendore luminoso del verso poetico.
Ciò che emerge è “La fragilità di ogni cosa: perché tutto, sempre, può crollare, da un momento all’altro. Tutto può venire giù, sempre”. E se questo vale per l’oggettività del mondo, a maggior ragione vale per la soggettività: per i nostri corpi, i nostri affetti, i nostri legami, i nostri rapporti, le nostre speranze, i nostri sogni… Vale soprattutto per la nostra psiche. E non è un caso che a introdurre il discorso di Niccolò sia una nota di uno psichiatra come Eugenio Borgna. Un tema, direi, che non potrebbe essere più “borgnano” di questo.
Psiche, dicevamo. E cosa c’è di più fragile di essa? Facciamone tesoro e meditiamo le sagge parole di Nisivoccia, a cui aggiungerei queste dello scrittore statunitense Morris West: “Siate premurosi fra voi, la psiche umana è un vascello troppo fragile”.

La copertina del libro

Niccolò Nisivoccia
Sulla fragilità
Edizioni Le Farfalle 2019
Pagg. 56 € 10,00

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