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martedì 11 agosto 2020

PAROLE E LINGUA
di Nicola Santagada


Il timore

Come ho avuto modo di ripetere più volte, il significato alle radici viene dato da chi conia le parole. I greci dalla radice παυ (fa il generare della creatura) formarono il verbo παύω: faccio cessare, metto fine, distruggo, tolgo di mezzo (uccido) e con παύομαι dissero: smetto, cesso, desisto da. Questa radice, che i latini trasformarono fonicamente in pav, indusse a formare paveo: ho paura, tremo, tremo di paura. Si tratta della stessa radice, ma letta in contesti diversi. I latini dissero che vivere le situazioni difficilissime della creatura, che sta per nascere, genera tremore, sgomento, mentre i greci lessero quanto avviene a seguito del travaglio. Dal verbo paveo furono dedotti pavor pavoris: agitazione, angoscia, terrore, da cui paventare e spaventare e pavidus: pavido, sbigottito, tremante, fino a formare una categoria di persone: i pavidi. Gli omologhi greci di pavor sono τ πανικός: il panico e φοβός: fuga, scompiglio, terrore, che recepisce i significati di due verbi medi: φοβέομαι: sono spaventato e φέβομαι: fuggo spaventato e, quindi, fobia. Allora, panico, fobia, spavento indicano la sensazione che prova chi si sente in pericolo di vita, che, istintivamente e in modo irrazionale, scappa, di fronte al pericolo. Pertanto, la paura degli italici mantiene e il significato di pavor e di panico e di fobia, ad indicare uno stato d’animo di confusione mentale, in cui la paura della morte o di subire un danno gravissimo sono così pervasivi da spingere a non affrontare le situazioni difficili della vita. Quindi, la paura è il sentimento istintivo di chi, sentendosi impotente, pensa, fuggendo, di ridurre i danni, perdendo, così, il controllo di sé e della situazione. Inoltre, la paura che si sedimenta, genera la perdita dell’autostima, fino a determinare la patologia della crisi di panico.


Con δείδω: temo, temo che, temo che non, ma anche: rispetto, venero, i greci dedussero questi significati, leggendo il contesto del momento immediatamente antecedente al travaglio, quando, prima di venire alla luce (mancando), la creatura si trova legata in una morsa, per cui ogni scelta può essere controproducente. Il concetto di rispettare e venerare rimanda ai genitori e ai nonni che meritano rispetto, in quanto hanno messo al mondo figli e nipoti e li hanno allevati (legati). Da δείδω fu dedotto il deverbale: δέος δέους: timore, timore riverenziale, rispetto. L’omologo di δείδω è: vereor vereris, veritus sum, vereri: temo, ho soggezione, uso discrezione, riverisco. In latino fu dedotta verecundia, mentre in italiano sono rimasti: riverente, riverito e reverendo. In realtà, il vero omologo di δείδω è timeo: temo, temo che, temo che non. La radice tim, in greco τιμ, è la stessa che aveva dato luogo a: τιμή: valutazione, stima e, in latino a: aisτιμo aistimas: stimo. Qui, però, tim (genera il tendere il rimanere), contestualizzando la fase immediatamente precedente il travaglio, indusse il pastore latino a dedurre (eo) timeo, in quanto, non essendo a conoscenza della situazione in atto, teme di prendere decisioni sbagliate, per cui è incerto sul da farsi. Da timeo furono dedotti: il deverbale timore, chi prova timore: timoroso e chi, caratterialmente, è incerto, insicuro: timido e timidezza, intimidire e temuto. Sicuramente, causa del timore è la non conoscenza della situazione, che porta all’insicurezza e all’indecisione. C’è, però, un altro timore, che è quello riverenziale, determinato dall’aura di grandezza e di rispetto che promana da chi ha dimostrato sapienza in tutte le sue scelte di vita.
Prima di concludere, si vuole introdurre una riflessione su timido e inibito. Il timido è colui che è, perennemente, indeciso sui comportamenti da adottare, perché non sa leggere le situazioni e/o perché, per natura, teme di sbagliare. L’inibito è colui che subisce continue castrazioni: non si può, non si deve, che impediscono di comportarsi secondo natura e, quindi, spontaneamente. Pertanto, le incertezze comportamentali nel timido sono determinate, oltre da quanto già detto, dalla sua natura, mentre, nell’inibito sono generate dai comportamenti sociali, stabiliti dalla cultura umana.