di Marco Vitale
Marco Vitale |
Seguo
con ansia, preoccupazione ma anche indignazione, il dibattito (forse sarebbe
meglio chiamarlo: il “non dibattito”) sulla situazione dell’assistenza
ospedaliera e sanitaria in Alta Valle, con riferimento specifico all’azione in
corso per smantellare, con la scusa del Coronavirus, il complesso ospedaliero Morelli
di Sondalo, presidio fondamentale per tutti coloro che permanentemente o
saltuariamente vivono in Alta Valle. Seguo il dibattito con ansia e
preoccupazione perché, pur non essendo nativo in Valle, ho qui casa da quasi
cinquanta anni, nella quale passo almeno due mesi all’anno, e con i miei figli
e nipoti siamo alla terza generazione presente in Alta Valle. Sono dunque uno
dei milioni di turisti stabili che, con la loro presenza, alimentano una delle
attività economiche fondamentali dell’Alta Valle e, dunque, di tutta la
Valtellina. Certamente la parola spetta, in primo luogo, ai nativi residenti. I
loro bisogni e le loro esigenze vanno posti in primo piano davanti a tutti ed a
tutto. Ma poi anche noi “stranieri”, stabilmente presenti, abbiamo diritto e,
forse, dovere di parola su un problema che tocca, comunque, anche noi da
vicino.
Naturalmente
in tanti anni sono stato cliente sia del presidio ospedaliero di Bormio, quando
esisteva, con piena soddisfazione (qui il bravissimo Dott. Maggi riuscì, con
grande bravura, a raddrizzarmi un ossicino del piede chiamato astragalo senza
operarmi) che, recentemente, del Morelli a Sondalo. Qui ho avuto la possibilità
di ammirare a lungo la magnifica e modernissima struttura del Morelli, perché
ricoverato al pronto soccorso alle 8,30 per una frattura semplice
all’avanbraccio, ho potuto uscire, ingessato, solo alle 15,00. Una così lunga
attesa, mi fu detto, era dovuta alla scarsa disponibilità di medici. Ma
apprezzai molto anche la cortesia e l’efficienza del personale, sia del pronto
soccorso che della radiologia. Ed ebbi il tempo per riflettere su quale
straordinaria fortuna è, per l’Alta Valle, poter contare su una struttura
eccellente localizzata in un luogo così salutare e attraente e sulla grande
lungimiranza che ebbero coloro che lo concepirono e lo realizzarono, sia pure
per motivi, in parte, diversi da quelli di un ospedale generale.
Ma
se oggi nutro ansia e preoccupazione non è solo per me, i miei figli, i miei
nipoti, ma per la popolazione tutta dell’Alta Valle. Sembra che dovremo
convivere con un’assistenza ospedaliera ancora peggiore della già cattiva
attuale, sicché anche la classifica dell’Alta Valle nella scala turistica,
subirà un declassamento (il confronto, ad esempio, con il Trentino è già oggi
impietoso). Quando si farà strada nel turismo la consapevolezza che non esiste
più un presidio ospedaliero adeguato in Alta Valle, gruppi non piccoli del
turismo si dirigeranno verso altre montagne. La classifica di una località di
montagna non è basata solo sul paesaggio ma su un insieme di servizi, tra i
quali i servizi sanitari occupano una posizione fondamentale.
Il Morelli di Sondalo |
Invece un Morelli
riorganizzato, potenziato e rilanciato adeguatamente non solo assicurerebbe
servizi sanitari migliori alla popolazione, ma funzionerebbe come attrattiva
per turismo, attività scientifiche, alleanze strategiche con altri centri di
ricerca sanitaria. Il Morelli può e dovrebbe diventare non solo un buon
ospedale per la popolazione e per i turisti dell’Alta Valle, ma un fiore
all’occhiello, un motore di sviluppo per la Valtellina. Per questo la subdola
operazione in corso di graduale svuotamento del Morelli non solo è un delitto
contro l’Alta Valle e la sua popolazione, ma è una stupidaggine colossale,
anche da un punto di vista economico. Ma la Regione Lombardia ci ha abituato,
in campo sanitario, a stupidaggini colossali.
Circola
un documento della Regione denominato “progetto di riqualificazione delle sedi
ospedaliere di Valtellina e Alto Lario”, basato su un piano che si dice
elaborato dal Politecnico di Milano. Di quest’ultimo il giudizio più gentile
che ho letto e che sottoscrivo interamente è il seguente: “È una vergogna che
il Politecnico si presti a speculazioni di carattere politico, presentando un
documento indecente” (Paolo Gotta Frattini, imprenditore biomedico, in Centro
Valle, 18 gennaio 2020). A me sembra che i membri del Politecnico che hanno
stilato questo documento, ignorino o comunque abbiano le idee molto confuse su
dove si trovi la Valtellina e sulla sua struttura territoriale. Perciò può
essere utile per loro e per il vertice della regione un breve ripasso.
La
Valtellina dispone di una orografia tipica della montagna, con percorsi lunghi, tortuosi e
densità di popolazione residente bassa. Una popolazione che subisce un drastico
incremento durante le stagioni di interesse turistico, con persone che vi
giungono dall'esterno, sia dall'Italia, cioè inserite nel Sistema Sanitario
Nazionale, che dall'Estero, visitatori questi che non gravano sul SSN ma, in
genere, vengono rimborsati dalle loro Assicurazioni. È costituita da una valle
principale, servita da un unico collegamento stradale, la cui percorrenza
completa richiede da 120 ai 180 minuti, completata da valli laterali che a sua
volta richiedono tempi di percorrenza significativi. Il territorio complessivo
è di circa 3.195,68 km3 con una popolazione di 181.095 unità, con una densità
di popolazione di 56,67 ab/km3. Vale la pena ricordare che il valore medio
italiano è di 199,82 ab/km3, cioè circa 4 volte superiore (Urbistat). Già
questo valore, spesso invocato ma poi raramente preso in considerazione
realmente, mostra come l'applicazione di una regola nata per territori piani
con collegamenti stradali regolari e una densità di popolazione quattro volte
superiore, come lo sono quelli utilizzati dalla Regione e dal Politecnico (DM
70), non può in alcun modo soddisfare i bisogni di questa realtà demo e
geografica. Parlare di "sanità della montagna" senza concretizzare
cosa si vuole intendere, e precisamente senza chiarire che si tratti di una
realtà organizzativa strutturalmente differente, è vano ed erroneo.
Il Morelli |
Tra i principi fondamentali della Buona Medicina,
dai quali trae il suo calcolo il DM 70, vi sono i seguenti. In primis abbiamo
il concetto della organizzazione della offerta sanitaria differenziata tra
assistenza generale con bassa specializzazione e grande diffusione territoriale
verso quella ad alta specializzazione e alta concentrazione. Se una volta il
paradigma della sanità posava sulla prima fattispecie, ponendo il fulcro sulla
capillare diffusione della offerta sanitaria sul territorio, la evoluzione
della scienza medica verso sempre maggiori e dettagliate competenze
specialistiche ci obbliga a tenere conto delle esigenze e peculiarità descritte
nella seconda fattispecie.
Senza entrare troppo nel dettaglio, è ovvio che
una giusta, competente ed efficace medicina necessita di due elementi
irrinunciabili: i mezzi per praticarla e le persone competenti per farlo. I
mezzi costituiscono un insieme organizzato di strumenti, che vanno dal semplice
letto fisico alla PET ed alla alta e altissima tecnologia, le competenze si
acquistano con lo studio e la esperienza, che deve essere mantenuta con un
continuo ed ininterrotto flusso di casi da diagnosticare e curare. Per questo
la medicina, per essere efficace (purtroppo oggi si parla sempre meno di
efficacia e sempre di più solo di efficienza), deve concentrare l'alta
specialità in alcuni punti, dove possono esistere sufficienti flussi di
pazienti, incompatibile con il principio della diffusione capillare.
Nasce così il concetto della organizzazione
"a stella" degli ospedali, con un centro di alta tecnologia e
specializzazione, dove i pazienti arrivano da posti anche lontani ma permangono
per poco tempo, collegati a punti di erogazione normali, la cui caratteristica
deve essere la diffusione territoriale capillare. Per chi ama l'inglese, il
modello prende il nome di "hub and spoke".
Il legislatore ha creato una griglia, come appunto
troviamo nel DM70, che incrocia alla meglio queste due esigenze: alta
specializzazione accentrata, bassa specializzazione diffusa, applicando i
parametri della domanda storica per territorio. Fino a qui tutto logico e
condivisibile. Lo stesso legislatore poi, rendendosi conto della possibilità
dell'esistenza di fattori ulteriori del semplice calcolo esposto, che possano
entrare nella organizzazione della buona medicina, lascia lo spazio generico di
"sperimentazioni" e casi "specifici" ove applicare
parametri più consoni alla realtà specifica. Se a questo punto passiamo da una
realtà dove le comunicazioni stradali si svolgono in piano con rete radiale ad
una di montagna, dove tutto lo sviluppo territoriale si assiepa lungo una sola
dorsale, per giunta non autostradale, è evidente che dobbiamo fare riflessioni
diverse sulla possibilità di ragionare in termini di numerosità dei pazienti e
basta. Se aggiungiamo il fatto che tutta la Valtellina ha meno abitanti di un
quartiere di Milano, ma occupa una superficie ben diversa, con una densità di
popolazione di appena un quarto di quella italiana sulla quali si basano i
calcoli del DM70, non vi dovrebbero più essere spazi di discussione sulla
necessità di accantonare i numeri teorici a favore di numeri reali. Tanto più
che il DM70, anche a livello nazionale, fa una grossa sottostima della
necessità di letti con un parametro di 3,7% ogni 1000 abitanti, contro gli 8,5
e 8,8 di Francia e Germania e contro i 6 della Russia. Solo gli Stati Uniti
usano un parametro inferiore a 3 e sono dietro di noi nella classifica
nazionale, occupando noi il 67° posto.
Sondalo |
Purtroppo, questi semplici calcoli reali restano
del tutto assenti dal "piano" regionale proposto. Il
"piano" in sostanza non fa altro che cercare di adattare, avvicinare,
comprimere il più possibile la situazione attuale in essere, verso una maggiore
integrazione dei valori del DM70, sacrificando realismo e efficacia clinica ad
una accademica visione teorica di efficienza economica ad minima. Visione poco
corretta, del resto, anche sotto il punto di vista economico, perché la
incomprimibilità della domanda sanitaria (liberiamoci dalla follia della
affermazione del "governo della domanda" che in sanità suona tanto
come lasciamo morire chi non è più conveniente curare) crea solo una migrazione
incontrollabile della domanda con problemi organizzativi. In sanità è
auspicabile la crescita, non la compressione, della domanda. Altrimenti si
ostacola la diagnosi precoce e la cura efficace a favore di più costosi eventi
emergenziali tardivi gravati da una morbilità e da costi aggiuntivi
sensibilmente più elevati.
Questo primo dato scientifico e certo, si scontra
con il paradigma "riorganizzare per ridurre, migliorare l'efficienza per
spendere meno", oggi predominante in Sanità. La ricerca di ridurre i costi
ha fatto perdere di vista il fatto che la giusta e doverosa battaglia contro lo
spreco, la corruzione e la disorganizzazione non possono andare a danno della
efficacia delle cure.
Bisogna decidere, ed è una decisione eminentemente
politica, se si vuole considerare la Sanità come una erogazione di un
beneficio, quantificato e commisurato con temi come "domanda"
sanitaria e "costo del servizio", o se si vuole vedere nella Tutela
della Salute un bene ipso facto di interesse pubblico, che va ricercato indipendentemente
dal fatto che qualcuno lo chieda. Bisogna chiedersi se si vuole erogare servizi
sanitari perché considerati di per sé stessi un bene, una risorsa dello Stato,
o solo nella misura in cui cittadini malati ne invocano l'erogazione
("governo della domanda"). Se insomma la Sanità non debba tornare ad
essere vista come un servizio diretto alla comunità, alla stessa stregua della
educazione (scuola) e della sicurezza (polizia), e come tale debba essere
erogata in base ai bisogni possibili e non solo alla domanda emergente. Chiariamo meglio: bisogna far emergere la domanda, suggerendo al cittadino di
sottoporsi a esami di controllo periodici, o aspettare che arrivi lui stesso,
magari dissuadendo la domanda "inutile" con lunghi tempi di attesa? È più utile per lo Stato ridurre la spesa alla sola domanda
"appropriata", sostenuta da un bisogno ben evidente e reale, o
piuttosto tollerare anche una residuale domanda "inappropriata" che
però permette di mantenere elevato il controllo della salute pubblica e fare
vera e credibile prevenzione, superando il criterio minimalista e
scientificamente discusso degli "screening"?
La risposta è ovviamente di carattere sociale,
etico e politico, e non può essere nemmeno affrontata in questa sede, ma va
tenuto presente come elemento fondamentale importante per ogni programmazione
strategica degna di tal nome.
Sondalo in festa |
Era
necessario illustrare sia pur brevemente questi concetti generali di una buona
politica ospedaliera, per i quali ho attinto ampiamente al parere di un
direttore sanitario con il quale, in passato, ho lungamente collaborato nella
mia veste di Commissario del Policlinico di Milano e che stimo molto (Dott.
Guido Broich), proprio perché essi sono totalmente assenti, certamente per
quanto riguarda la Valtellina ma non solo, nel piano regionale. Che siano
assenti nel piano regionale non desta particolare meraviglia, dato che
l’organizzazione sanitaria lombarda a livello regionale è in mano ad un livello
di incompetenza sorprendente. Che siano assenti anche nel documento del
Politecnico è molto triste, perché il ruolo di questo soggetto dovrebbe essere
di assicurare un livello di decenza che non esiste nel piano regionale per la
Valtellina che si fa scudo del Politecnico.
Il Politecnico di Milano |
Non
posso qui discutere tutti gli aspetti di questo piano e mi concentrerò sul
punto centrale di importanza assolutamente vitale: i rapporti tra il complesso
ospedaliero di Sondalo (al servizio dell’Alta Valle) e quello di Sondrio. È in
atto una manovra, che non si ha il coraggio di esporre con chiarezza, di
svuotare il complesso di Sondalo per concentrare il grosso dei servizi
ospedalieri di tutta la valle nell’Ospedale di Sondrio (che nella mente di
alcuni dovrà essere sostituito da un ospedale nuovo con una spesa colossale,
che farà molti felici).
Il
presidio di Sondalo nasce con una storia e destinazione di respiro non solo
regionale ma nazionale e internazionale, per la sanità di eccellenza e
superspecialistica. Da quando il presidio è stato assorbito dalla sanità
provinciale ha subìto un continuo declino. Una pneumologia ridotta ai minimi
termini, una tisiologia declassata a struttura semplice, un pronto soccorso mal
tollerato dall’AREU, una medicina dello sport stimatissima a livello nazionale
ma lasciata languire, sono alcuni grandi segni del degrado. Questo processo ha
avuto una forte accelerazione con il Covid19 che ha trasformato l’intero
complesso in presidio dedicato solo a fronteggiare il Coronavirus. È venuto il
momento di interrompere questo degrado e di respingere, con veemenza, il piano
regionale che è basato su concetti puerili di efficacia apparente che
porteranno a una sanità nell’Alta Valle sempre più debole e precaria con danni
per la salute della popolazione e dei turisti stabili, oltre che ad una
gestione sempre più economicamente insensata (con sperpero di viaggi in elicottero che è il mezzo di
trasporto più costoso), ed allo svuotamento di un complesso che, sia come
struttura che come storia, che come ambiente che come qualità del personale è
assolutamente straordinario e deve essere valorizzato e non svuotato per il
benessere e lo sviluppo anche culturale
generale della Valle.
Alcuni
sindaci e imprese sanitarie dell’Alta Valle hanno predisposto un contropiano
interessante e che, per idee, si pone in un rapporto di 4 a 0 rispetto al piano
della Regione e del Politecnico. Ma è necessario che questi coraggiosi siano
supportati da tutti quelli che hanno interesse che l’Alta Valle si sviluppi e
si qualifichi sempre più come territorio attrezzato ed intelligente. Penso ai
ristoratori, agli enti della montagna, a quello che resta delle banche locali,
ai turisti stabili, a tutti quelli che vivono del turismo sportivo (in primo
luogo della crescente attività ciclistica).
Sondalo in una foto d'epoca |
Tutti
insieme dobbiamo premere affinché:
1)
si blocchi il demenziale piano Regione-Politecnico;
2)
si rilanci Sondalo come ospedale per l’Alta Valle connesso e coordinato con
Sondrio per tutto quanto sia necessario;
3)
ma, al contempo, Sondalo deve essere rilanciato come centro specialistico e
alla specializzazione a gestione autonoma in campi come:
*
ortopedia e traumatologia, neurochirurgia postraumatica, riabilitazione
motoria, medicina dello sport. Eccellenze già presenti che vanno sostenute e
che devono diventare attrazione a livello almeno nazionale;
*
polo di emergenza-urgenza per tutta l’area della Valle come centro a stella del
trasporto elicotteristico principalmente sulla traumatologia sportiva,
alpinistica e stradale;
*
malattie polmonari e infettive con particolare competenza alle malattie di
ritorno, come tubercolosi e altre.
Veduta di Sondrio |
Un
programma di questo tipo richiede un’organizzazione adatta. Bisogna costituire
una fondazione di partecipazione mista pubblico-privata accreditata o
contrattualizzata con il SSN, ma libera dall’asse diretto di governo della
Regione, sicché da ufficio periferico dell’assessorato della Regione ritorni ad
avere dignità operativa e programmatoria propria con la possibilità di
stabilire direttamente accordi di programma con soggetti nazionali e internazionali.
Tra questi io vedo, con chiarezza, accordi di ricerca con Università italiane
ed estere e centri di ricerca non universitari, pubblici e privati. Penso ad un
accordo strategico con un grande centro di assistenza per il Parkinson, a certe
attività riabilitative. Penso anche che Sondalo sarebbe una sede ideale per una
Summer School di una grande università internazionale, ad esempio, nel campo
della medicina sportiva. Tante cose si possono fare potendo contare su un
centro di questa qualità strutturale e ambientale e di questa tradizione.
Ma
ciò richiede un grande strappo, con partecipazione sia del popolo dell’Alta
Valle che dei turisti che in essa sono radicati, per liberare la Valle, e
soprattutto l’Alta Valle, dalla mentalità di ladri di galline o di ragionieri
falliti, che domina i vertici della Regione Lombardia in campo sanitario, e
proiettare, invece, l’Alta Valle nel ruolo che le compete tra le migliori
località di tutto l’Arco Alpino, e indirettamente, come propellente per tutta la valle.