Un
gruppo di abitanti di Via Padova e
dintorni ha elaborato “95 tesi di Martin Loreto” sulla città mercificata
e sui quartieri popolari del municipio 2 di Milano (via Padova, viale Monza…). Come
si sa, 503 anni fa, il 31 ottobre del 1517, Martin Lutero espone le sue 95 tesi contro la vendita delle
indulgenze e si ribella, in nome della libertà e della giustizia, al Papato di
Roma primo responsabile del degrado morale nel governo della Chiesa cattolica.
Dà così l’avvio alla rivoluzione protestante e getta le fondamenta di una nuova
etica religiosa, quella protestante, che alimenterà lo spirito e l’ideologia del
nascente capitalismo. Oggi,
invece, se non si vuole precipitare nel disastro totale si pone il problema di
come superare il capitalismo. La
coincidenza del numero delle tesi e l’assonanza/consonanza dei nomi dell’autore
rimandano a una suggestione tinta di simpatica ironia, che nella profonda
diversità dei contenuti fanno intravedere un analogo spirito di critica
radicale e di ribellione, allora contro il predominio della Chiesa di Roma oggi
contro il neoliberismo capitalistico e la speculazione finanziario/immobiliare
che portano alla disumanizzazione della società e alla rovina degli ambienti
urbani e naturali. Nel
pomeriggio di domenica 11 ottobre 2020, presso la sede dell’ANPI di Crescenzago
in Piazza Costantino a Milano, le tesi sono state presentate nella forma del
classico gioco della tombola. Conviviale e con chiacchiere, l’esperimento della
Tombolata di Martin Loreto è piaciuta
ai partecipanti che si sono divertiti
nel percorso di conoscenza giocando ad allenare il loro spirito critico che
magari era dormiente da unbel po’ di
tempo. A
mio parere incontri come questo, con le modalità ludiche sui temi scottanti
della nostra epoca, sono da replicare e moltiplicare con convinzione fantasia e
rigore. Possono servire molto a svegliare le coscienze, a favorire lo spirito
critico, a rafforzare le motivazioni per l’impegno civile e politico, sociale e
culturale. Cercherò ora di presentare in modo essenziale le 95 tesi.
[1
- 7].Vivere
bene e liberi. Nelle prime sette tesi si afferma il sacrosanto diritto per
tutte e tutti a vivere bene e ad essere liberi. Vivere bene deve volere
significare la soddisfazione per tutti gli esseri umani dei propri bisogni
senza condizionamenti e ricatti. Essere liberi (non la libertà in astratto)
vuol dire poter vivere “non come mezzi per l’accumulazione della ricchezza né
come fini in sé, ma piuttosto come modi del mondo”. Senza farsi imporre i ritmi
frenetici della metropoli, “rivendicando la specificità temporale della vita
nel territorio”. [8
- 20].Territorio
e pratiche ecologiche. I diritti fondamentali della e delle persone si
calano nella realtà quotidiana del territorio. Inteso quest’ultimo come spazio
fisico e relazionale per viverci bene, in un intreccio di legami di solidarietà
e mutualità da sciogliere in “pratiche ecologiche”, partecipando alla vita del
quartiere e prendendosi cura dell’altro perché nessuno rimanga da solo nel
rischio continuo di ricatti e prepotenze. Questo stile di pensiero e azione è politico in modo diverso dalla politica. Serve anche un “atto di fede”
(laica) nel credere nei “legami di mutualità” e nel “farsi carico dei problemi
del territorio”. Il politico va organizzato e gestito dal basso, perché non si
può delegare. Lapidaria e piena di senso la tesi 18: “La vita non ha la stessa
velocità del denaro!”. [21
- 34].Politiche
amministrative. Le politiche delle amministrazioni del Comune di Milano (e
in generale delle grandi città) sui quartieri vanno nella direzione opposta a
quella del vivere bene per tutte le persone in un ambiente ecologico sano. Il Centro invade i quartieri popolari e
promuove gli investitori privati per “mettere a profitto il territorio” e
renderlo competitivo, come una merce qualsiasi, sul mercato globale. Le persone
che abitano il territorio non contano o contano assai poco di fronte
all’avanzare dei grandi capitali privati, nazionali e internazionali.
Smantellato il sistema produttivo del primo capitalismo, Milano viene
trasformata in una “città-vetrina da consumare”, dopo quella da bere! Rimanervi
o venire a viverci costa tanti sacrifici.
[35
- 41].Gentrification.La parola chiave per conoscere e capire il processo di
mercificazione della città è gentrification
(gentry, persona di condizione sociale medio-alta; processo di
trasformazione di un quartiere popolare in quartiere residenziale di ricchi e/o
mediamente agiati). La
città viene intesa e gestita come una merce, il cui prezzo diventa sempre più
caro. Per il costo della vita in aumento, gli abitanti più poveri ed emarginati
dei quartieri vengono costretti a lasciare le loro case e i loro luoghi. È
l’espulsione dei ceti popolari mentre avanza l’espandersi dei profitti dei
cementificatori e degli operatori immobiliari. Domina su tutto il capitale
aggressivo della grande finanza. Ogni fazzoletto di spazio libero è buono per
cementificare e costruire case e vendere/affittare appartamenti di caratura
medio-alta. Frenetica diventa la promozione di location per il tempo libero e
per lo svago, per le manifestazioni mercantili, artistiche e culturali in cui
predominano marketing ed immagine attraenti e modaioli. I
sindaci e le giunte delle grandi città, nel nostro caso del Comune di Milano,
finiscono per rappresentare sempre meno o per non rappresentare affatto le istanze
dei cittadini, in particolare di quelli disagiati. Diventano amministratori delegati degli interessi dei
poteri forti del capitalismo finanziario e della rendita fondiaria e urbana. La
conclamata “lotta alla povertà” si trasforma “nell’eliminazione fisica dei
poveri”.
[42
- 60]. NOLO.
L’analisi si cala nel vivo dei quartieri in cui vivono le e gli autori delle
tesi. È la porzione di territorio tra Via Venini/Viale Monza/Piazzale
Loreto/Via Padova nella fascia Nord del Municipio 2 di Milano, che entra nella
sfera di influenza di NOLO, acronimo di Nord Loreto, uno degli ultimi brand, molto coccolato dai mass media, diventato
famoso per le sue iniziative ed eventi modaioli, comunicativi ed artistici
sponsorizzati dal Comune di Milano e da enti privati. Il manifesto di NOLO con
il logo del Comune è dappertutto negli spazi pubblicitari: un bel volto di
donna meticcia dal sorriso tranquillizzante invita a “vederci a Nolo”. “Milano
che è sempre quella perché non è mai la stessa”, slogan accattivante che chi lo
capisce è bravo. Vuol dire per caso che Milano è sempre la città degli affari
(eppur si chiamava “capitale morale…”) nelle sue diverse modalità? Non possono
mancare parole e slogan in inglese, tanto per farsi capire da tutti! Yes Milano!... E per non dire
esplicitamente di volere un quartiere residenziale medio-alto si scrive neighborhood by neighborhood… Capito? Di
fatto, consapevolmente o meno, Nolo diventa una specie di cavallo di Troia
nella cui pancia porta le truppe della speculazione edilizia e dell’abitare a
danno dei ceti poveri e disagiati. Prepara e contribuisce a sviluppare il
processo di gentrification, facendolo
passare come modalità di riqualificazione e rigenerazione del territorio. In
realtà si porta avanti la trasformazione dell’uso dell’abitare e degli spazi
sociali. Entrano così in crisi stili di vita solidaristiche e interrelazioni
multietniche e multiculturali. “Aprono
ovunque agenzie immobiliari, nuovi bar, minimarket, esercizi commerciali
trendy”. La rincorsa al guadagno e al profitto di pochi come contrappasso
all’impoverimento e l’emarginazione e, alla fine, all’espulsione di tante
sempre più numerose persone vittime del carovita e della precarietà, dello
sfruttamento lavorativo e sociale e del lavoro gratuito e del non lavoro. In
queste tesi Nolo viene sottoposto a critica serrata, in quanto “operazione di
facciata” e di “marketing” che, contrapponendo “degrado” a “decoro”, non affronta
i reali problemi delle persone e dei ceti popolari per migliorarne le
condizioni. Anzi li inasprisce opponendo il decoro alla povertà, insistendo sul
“degrado” inteso sprezzantemente come stigma dei quartieri di cui si vuole
cancellare storia e memoria. “Tutto al solo fine di […] rendere giustificabile
il trasferimento del popolo indesiderato ed ormai fuori luogo, e l’avvento di
quello in tinta con le nuove esigenze, le nuove regole, i nuovi prezzi. Il
popolo decoroso”.
[61
- 83].Gentrification paura e sicurezza. Il
discorso ritorna sulla ‘gentrificazione’, politica che opera un ricambio di
popolazione. Si fa largo ed occupa spazio un popolo di consumatori, di turisti,
di “fantasmi” che affollano i fine settimana, affittano e comprano, a prezzi
sempre più alti, case e appartamenti. Ci guadagnano i proprietari e gli
speculatori. Saltano i rapporti di mutualità e si rafforzano i meccanismi della
concorrenza e della diffidenza. Scatta e si diffonde la paura. “Ognuno ha
bisogno di difendere la propria fortuna, aumentano le cancellate, la richiesta
di telecamere e anche quella di polizia e militari”. La
sicurezza non come diritto per tutti, ma come repressione degli emarginati. La
lotta al degrado e la sicurezza dei pochi diventano il leitmotiv della politica
dominante che non vuole affrontare la situazione concreta, e quindi dimostra di
non voler migliorare la vita di tutti e dell’intero ambiente urbano; di non
voler tutelare il Bene comune. [84
- 95].
Per un’altra vita di quartiere. Nelle tesi finali si insiste ancora sulla
necessità di comprendere, per contrastarlo, il “meccanismo della
gentrification”. Senza mitizzare il passato, ma anche senza farsi ingannare dai
proclami ufficiali, dietro i quali si camuffano gli interessi di pochi e la
corsa frenetica al denaro e al business facile, è necessario e urgente
elaborare e praticare “nuovi modelli socioeconomici territoriali ed
autocentrati sui bisogni degli abitanti”. Per
un’altra vita di quartiere e di città e di benessere per tutte e tutti.
Sono,
a mio avviso, tesi stimolanti che offrono adeguate chiavi di lettura della
realtà urbana contemporanea. Pur con lacune e carenze di analisi, in
particolare per quanto riguarda il nuovo scenario che, già a partire dai
cambiamenti climatici e dagli sconvolgimenti ambientali, si aggrava
ulteriormente con la pandemia del coronavirus e richiede proposte e interventi
radicali e urgenti proprio nella direzione indicata dalle tesi. Queste però
abbisognano di approfondimenti e di definizione di obiettivi e mezzi efficaci. Intanto
ci sono tutti i presupposti teorico-pratici nelle “95 tesi” che denotano la
maturità etico-politica e la consapevolezza civile di tanta cittadinanza attiva,
che però non trova udienza né nelle istituzioni né nei mass media. E che a
maggior ragione deve affinare gli strumenti di resistenza.