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venerdì 16 ottobre 2020

LE 95 TESI DI MARTIN LORETO
di Giuseppe Natale


Un gruppo di abitanti di Via Padova e dintorni ha elaborato “95 tesi di Martin Loreto” sulla città mercificata e sui quartieri popolari del municipio 2  di Milano (via Padova, viale Monza…).
 
Come si sa, 503 anni fa, il 31 ottobre del 1517, Martin Lutero espone le sue 95 tesi contro la vendita delle indulgenze e si ribella, in nome della libertà e della giustizia, al Papato di Roma primo responsabile del degrado morale nel governo della Chiesa cattolica. Dà così l’avvio alla rivoluzione protestante e getta le fondamenta di una nuova etica religiosa, quella protestante, che alimenterà lo spirito e l’ideologia del nascente capitalismo.
Oggi, invece, se non si vuole precipitare nel disastro totale si pone il problema di come superare il capitalismo.
La coincidenza del numero delle tesi e l’assonanza/consonanza dei nomi dell’autore rimandano a una suggestione tinta di simpatica ironia, che nella profonda diversità dei contenuti fanno intravedere un analogo spirito di critica radicale e di ribellione, allora contro il predominio della Chiesa di Roma oggi contro il neoliberismo capitalistico e la speculazione finanziario/immobiliare che portano alla disumanizzazione della società e alla rovina degli ambienti urbani e naturali.
Nel pomeriggio di domenica 11 ottobre 2020, presso la sede dell’ANPI di Crescenzago in Piazza Costantino a Milano, le tesi sono state presentate nella forma del classico gioco della tombola. Conviviale e con chiacchiere, l’esperimento della Tombolata di Martin Loreto è piaciuta ai partecipanti  che si sono divertiti nel percorso di conoscenza giocando ad allenare il loro spirito critico che magari era dormiente da un  bel po’ di tempo.
A mio parere incontri come questo, con le modalità ludiche sui temi scottanti della nostra epoca, sono da replicare e moltiplicare con convinzione fantasia e rigore. Possono servire molto a svegliare le coscienze, a favorire lo spirito critico, a rafforzare le motivazioni per l’impegno civile e politico, sociale e culturale. Cercherò ora di presentare in modo essenziale le 95 tesi.



[1 - 7]. Vivere bene e liberi. Nelle prime sette tesi si afferma il sacrosanto diritto per tutte e tutti a vivere bene e ad essere liberi. Vivere bene deve volere significare la soddisfazione per tutti gli esseri umani dei propri bisogni senza condizionamenti e ricatti. Essere liberi (non la libertà in astratto) vuol dire poter vivere “non come mezzi per l’accumulazione della ricchezza né come fini in sé, ma piuttosto come modi del mondo”. Senza farsi imporre i ritmi frenetici della metropoli, “rivendicando la specificità temporale della vita nel territorio”.
 
[8 - 20]. Territorio e pratiche ecologiche. I diritti fondamentali della e delle persone si calano nella realtà quotidiana del territorio. Inteso quest’ultimo come spazio fisico e relazionale per viverci bene, in un intreccio di legami di solidarietà e mutualità da sciogliere in “pratiche ecologiche”, partecipando alla vita del quartiere e prendendosi cura dell’altro perché nessuno rimanga da solo nel rischio continuo di ricatti e prepotenze. Questo stile di pensiero e azione è politico in modo diverso dalla politica. Serve anche un “atto di fede” (laica) nel credere nei “legami di mutualità” e nel “farsi carico dei problemi del territorio”. Il politico va organizzato e gestito dal basso, perché non si può delegare. Lapidaria e piena di senso la tesi 18: “La vita non ha la stessa velocità del denaro!”.
 
[21 - 34]. Politiche amministrative. Le politiche delle amministrazioni del Comune di Milano (e in generale delle grandi città) sui quartieri vanno nella direzione opposta a quella del vivere bene per tutte le persone in un ambiente ecologico sano. Il Centro invade i quartieri popolari e promuove gli investitori privati per “mettere a profitto il territorio” e renderlo competitivo, come una merce qualsiasi, sul mercato globale. Le persone che abitano il territorio non contano o contano assai poco di fronte all’avanzare dei grandi capitali privati, nazionali e internazionali. Smantellato il sistema produttivo del primo capitalismo, Milano viene trasformata in una “città-vetrina da consumare”, dopo quella da bere! Rimanervi o venire a viverci costa tanti sacrifici.


[35 - 41]. Gentrification. La parola chiave per conoscere e capire il processo di mercificazione della città è gentrification (gentry, persona di condizione sociale medio-alta; processo di trasformazione di un quartiere popolare in quartiere residenziale di ricchi e/o mediamente agiati).
La città viene intesa e gestita come una merce, il cui prezzo diventa sempre più caro. Per il costo della vita in aumento, gli abitanti più poveri ed emarginati dei quartieri vengono costretti a lasciare le loro case e i loro luoghi. È l’espulsione dei ceti popolari mentre avanza l’espandersi dei profitti dei cementificatori e degli operatori immobiliari. Domina su tutto il capitale aggressivo della grande finanza. Ogni fazzoletto di spazio libero è buono per cementificare e costruire case e vendere/affittare appartamenti di caratura medio-alta. Frenetica diventa la promozione di location per il tempo libero e per lo svago, per le manifestazioni mercantili, artistiche e culturali in cui predominano marketing ed immagine attraenti e modaioli.
I sindaci e le giunte delle grandi città, nel nostro caso del Comune di Milano, finiscono per rappresentare sempre meno o per non rappresentare affatto le istanze dei cittadini, in particolare di quelli disagiati. Diventano amministratori delegati degli interessi dei poteri forti del capitalismo finanziario e della rendita fondiaria e urbana. La conclamata “lotta alla povertà” si trasforma “nell’eliminazione fisica dei poveri”.
 


[42 - 60]. NOLO. L’analisi si cala nel vivo dei quartieri in cui vivono le e gli autori delle tesi. È la porzione di territorio tra Via Venini/Viale Monza/Piazzale Loreto/Via Padova nella fascia Nord del Municipio 2 di Milano, che entra nella sfera di influenza di NOLO, acronimo di Nord Loreto, uno degli ultimi brand, molto coccolato dai mass media, diventato famoso per le sue iniziative ed eventi modaioli, comunicativi ed artistici sponsorizzati dal Comune di Milano e da enti privati. Il manifesto di NOLO con il logo del Comune è dappertutto negli spazi pubblicitari: un bel volto di donna meticcia dal sorriso tranquillizzante invita a “vederci a Nolo”. “Milano che è sempre quella perché non è mai la stessa”, slogan accattivante che chi lo capisce è bravo. Vuol dire per caso che Milano è sempre la città degli affari (eppur si chiamava “capitale morale…”) nelle sue diverse modalità? Non possono mancare parole e slogan in inglese, tanto per farsi capire da tutti! Yes Milano!... E per non dire esplicitamente di volere un quartiere residenziale medio-alto si scrive neighborhood by neighborhood… Capito?
Di fatto, consapevolmente o meno, Nolo diventa una specie di cavallo di Troia nella cui pancia porta le truppe della speculazione edilizia e dell’abitare a danno dei ceti poveri e disagiati. Prepara e contribuisce a sviluppare il processo di gentrification, facendolo passare come modalità di riqualificazione e rigenerazione del territorio. In realtà si porta avanti la trasformazione dell’uso dell’abitare e degli spazi sociali. Entrano così in crisi stili di vita solidaristiche e interrelazioni multietniche e multiculturali.
“Aprono ovunque agenzie immobiliari, nuovi bar, minimarket, esercizi commerciali trendy”. La rincorsa al guadagno e al profitto di pochi come contrappasso all’impoverimento e l’emarginazione e, alla fine, all’espulsione di tante sempre più numerose persone vittime del carovita e della precarietà, dello sfruttamento lavorativo e sociale e del lavoro gratuito e del non lavoro.
In queste tesi Nolo viene sottoposto a critica serrata, in quanto “operazione di facciata” e di “marketing” che, contrapponendo “degrado” a “decoro”, non affronta i reali problemi delle persone e dei ceti popolari per migliorarne le condizioni. Anzi li inasprisce opponendo il decoro alla povertà, insistendo sul “degrado” inteso sprezzantemente come stigma dei quartieri di cui si vuole cancellare storia e memoria. “Tutto al solo fine di […] rendere giustificabile il trasferimento del popolo indesiderato ed ormai fuori luogo, e l’avvento di quello in tinta con le nuove esigenze, le nuove regole, i nuovi prezzi. Il popolo decoroso”.


                                  


[61 - 83]. Gentrification paura e sicurezza. Il discorso ritorna sulla ‘gentrificazione’, politica che opera un ricambio di popolazione. Si fa largo ed occupa spazio un popolo di consumatori, di turisti, di “fantasmi” che affollano i fine settimana, affittano e comprano, a prezzi sempre più alti, case e appartamenti. Ci guadagnano i proprietari e gli speculatori. Saltano i rapporti di mutualità e si rafforzano i meccanismi della concorrenza e della diffidenza. Scatta e si diffonde la paura. “Ognuno ha bisogno di difendere la propria fortuna, aumentano le cancellate, la richiesta di telecamere e anche quella di polizia e militari”.
La sicurezza non come diritto per tutti, ma come repressione degli emarginati. La lotta al degrado e la sicurezza dei pochi diventano il leitmotiv della politica dominante che non vuole affrontare la situazione concreta, e quindi dimostra di non voler migliorare la vita di tutti e dell’intero ambiente urbano; di non voler tutelare il Bene comune.
 
[84 - 95]. Per un’altra vita di quartiere. Nelle tesi finali si insiste ancora sulla necessità di comprendere, per contrastarlo, il “meccanismo della gentrification”. Senza mitizzare il passato, ma anche senza farsi ingannare dai proclami ufficiali, dietro i quali si camuffano gli interessi di pochi e la corsa frenetica al denaro e al business facile, è necessario e urgente elaborare e praticare “nuovi modelli socioeconomici territoriali ed autocentrati sui bisogni degli abitanti”. Per un’altra vita di quartiere e di città e di benessere per tutte e tutti.

 
Sono, a mio avviso, tesi stimolanti che offrono adeguate chiavi di lettura della realtà urbana contemporanea. Pur con lacune e carenze di analisi, in particolare per quanto riguarda il nuovo scenario che, già a partire dai cambiamenti climatici e dagli sconvolgimenti ambientali, si aggrava ulteriormente con la pandemia del coronavirus e richiede proposte e interventi radicali e urgenti proprio nella direzione indicata dalle tesi. Queste però abbisognano di approfondimenti e di definizione di obiettivi e mezzi efficaci. Intanto ci sono tutti i presupposti teorico-pratici nelle “95 tesi” che denotano la maturità etico-politica e la consapevolezza civile di tanta cittadinanza attiva, che però non trova udienza né nelle istituzioni né nei mass media. E che a maggior ragione deve affinare gli strumenti di resistenza.