Appunti
per contro appunti È possibile che la
degenerazione parlamentare e il deterioramento del rapporto eletto-elettore
siano dovuti all’immutabilità della forma stessa rimasta uguale dal dopoguerra
in poi? Ci penso e ripenso e mi inquieta questo interrogativo premonitore di
Proust in Sodoma e Gomorra: “Una società non potrebbe essere forse tanto
più segretamente gerarchizzata man mano che diventasse di fatto più
democratica?”. Nell’Europa Orientale e in altre parti del mondo, i regimi
autoritari e dittatoriali sono rimasti impermeabili al cambiamento per buona
parte del Novecento, fino a quando non sono avvenute rotture drammatiche
(guerre civili o insurrezioni che hanno rovesciato governi e regimi); oppure
transizioni morbide come per l’ex Unione Sovietica e la Germania dell’Est. Divenuti
“democratici”, alcuni di questi regimi della democrazia hanno fatto una
caricatura. Dove invece i sistemi democratici di tipo parlamentare hanno avuto
più tempo per consolidarsi, come il nostro, ad esempio, i meccanismi della
delega attraverso il voto, hanno lentamente apportato uno svuotamento della
rappresentanza, tanto che possiamo affermare senza tema di essere contraddetti,
che oramai il diritto di voto è diventato un voto senza diritti. Su tutte le
grandi questioni, quelle che contano davvero, i cittadini elettori non hanno
alcuna influenza e la loro volontà è del tutto marginale. Il recarsi alle urne
è divenuto un atto rituale ed esornativo: uno specchietto per le allodole. La
prova più evidente l’abbiamo avuta con il referendum sull’uso pubblico
dell’acqua: nulla è cambiato, ed è come se quel referendum non si fosse neppure
svolto. Diversi oppositori di questo degenere di democrazie,
guardano ad un passato orrorifico e non gli è bastato vedere i risultati dei
vari Stati socialisti, la cui politica è stata battezzata, chissà perché: socialismo
reale”. Come se esistesse un socialismo irreale! A loro volta, altri
oppositori, ci propongono come una stupida coazione a ripetere, un altrettanto
Stato onnipotente la cui barbarie nera e mortifera le Resistenze europee hanno
ricacciato nella fogna della storia. Nel complesso sono “democrazie” o Stati
tutti super-armati e pronti alla guerra. Il Costa Rica resta l’unica eccezione
a tale riguardo, avendo rinunciato ad ogni forma di esercito e di militarismo,
ma è a sua volta una Repubblica presidenziale, dove il gioco parlamentare ed il
peso del voto non differiscono dal resto delle altre democrazie formali. Questa questione dello Stato (parlamentare o meno) non è di
poco conto; è ciò che legittima e garantisce con la forza ogni forma di
diseguaglianza e fa scrivere alla mia amica poetessa Gabriella Galzio, dopo
aver letto su “Odissea” che l’1% possiede il 43% della ricchezza globale, il
10% ne detiene l’81%, e il 50% più povero ha solo l’1%, una frase come questa: “La cosa disperante è
che essere a conoscenza di questa diseguaglianza non si traduce in azione
politica, in un insurrezionale atto di decapitazione di quell’1%!”. Come
evitare la definitiva deriva del parlamentarismo senza precipitare dalla
padella nella brace dei regimi autoritari, e fare in modo che i
cittadini-elettori diventino realmente gli attori del loro destino e delle loro
esigenze più autentiche? Mi piacerebbe che sulle pagine di questo giornale si
aprisse un confronto a più voci e senza pregiudizi. Sappiamo
di alcune buone pratiche autogestionarie diffuse in ristretti ambiti sociali da
organizzazioni non governative; conosciamo alcuni buoni princìpi federativi
riscontrabili nel pensiero libertario genericamente inteso e in quello del
Cattaneo, ma non se ne odono echi nel dibattito pubblico. Nei Parlamenti e
nelle altre istanze istituzionali, non c’è traccia di rappresentanze dirette
della complessa società civile, dei custodi dei beni comuni, degli interessi
generali. In compenso vi si muovono a loro agio, Parlamento Europeo compreso, agguerrite
lobbies e gruppi di pressione per la tutela di interessi privatissimi. Attraverso
la delega, le élites politiche e i governi accentrano il potere e delle loro
scelte rendono sempre meno conto alla volontà generale. La volontà generale, a
sua volta, completamente emarginata, non può far sentire né il suo peso, né la
sua volontà. Ininfluente sulla decisione dell’acquisto dei cacciabombardieri, ininfluente
sulla scelta di una reale politica di disarmo, ininfluente su una vera tutela
climatica… Insomma, la volontà generale è del tutto coartata e vanificata da
una forma immobile di democrazia parlamentare, rimasta
pressoché uguale nella parte occidentale dell’Europa, e che per l’avvenire non
pare promettere nulla di buono.