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mercoledì 30 dicembre 2020

LA FORMA IMMOBILE
di Angelo Gaccione
 


Appunti per contro appunti 
 
È possibile che la degenerazione parlamentare e il deterioramento del rapporto eletto-elettore siano dovuti all’immutabilità della forma stessa rimasta uguale dal dopoguerra in poi? Ci penso e ripenso e mi inquieta questo interrogativo premonitore di Proust in Sodoma e Gomorra: “Una società non potrebbe essere forse tanto più segretamente gerarchizzata man mano che diventasse di fatto più democratica?”.
Nell’Europa Orientale e in altre parti del mondo, i regimi autoritari e dittatoriali sono rimasti impermeabili al cambiamento per buona parte del Novecento, fino a quando non sono avvenute rotture drammatiche (guerre civili o insurrezioni che hanno rovesciato governi e regimi); oppure transizioni morbide come per l’ex Unione Sovietica e la Germania dell’Est. Divenuti “democratici”, alcuni di questi regimi della democrazia hanno fatto una caricatura. Dove invece i sistemi democratici di tipo parlamentare hanno avuto più tempo per consolidarsi, come il nostro, ad esempio, i meccanismi della delega attraverso il voto, hanno lentamente apportato uno svuotamento della rappresentanza, tanto che possiamo affermare senza tema di essere contraddetti, che oramai il diritto di voto è diventato un voto senza diritti. Su tutte le grandi questioni, quelle che contano davvero, i cittadini elettori non hanno alcuna influenza e la loro volontà è del tutto marginale. Il recarsi alle urne è divenuto un atto rituale ed esornativo: uno specchietto per le allodole. La prova più evidente l’abbiamo avuta con il referendum sull’uso pubblico dell’acqua: nulla è cambiato, ed è come se quel referendum non si fosse neppure svolto.
Diversi oppositori di questo degenere di democrazie, guardano ad un passato orrorifico e non gli è bastato vedere i risultati dei vari Stati socialisti, la cui politica è stata battezzata, chissà perché: socialismo reale”. Come se esistesse un socialismo irreale! A loro volta, altri oppositori, ci propongono come una stupida coazione a ripetere, un altrettanto Stato onnipotente la cui barbarie nera e mortifera le Resistenze europee hanno ricacciato nella fogna della storia. Nel complesso sono “democrazie” o Stati tutti super-armati e pronti alla guerra. Il Costa Rica resta l’unica eccezione a tale riguardo, avendo rinunciato ad ogni forma di esercito e di militarismo, ma è a sua volta una Repubblica presidenziale, dove il gioco parlamentare ed il peso del voto non differiscono dal resto delle altre democrazie formali.
Questa questione dello Stato (parlamentare o meno) non è di poco conto; è ciò che legittima e garantisce con la forza ogni forma di diseguaglianza e fa scrivere alla mia amica poetessa Gabriella Galzio, dopo aver letto su “Odissea” che l’1% possiede il 43% della ricchezza globale, il 10% ne detiene l’81%, e il 50% più povero ha solo l’1%, una frase come questa: “La cosa disperante è che essere a conoscenza di questa diseguaglianza non si traduce in azione politica, in un insurrezionale atto di decapitazione di quell’1%!”.
Come evitare la definitiva deriva del parlamentarismo senza precipitare dalla padella nella brace dei regimi autoritari, e fare in modo che i cittadini-elettori diventino realmente gli attori del loro destino e delle loro esigenze più autentiche? Mi piacerebbe che sulle pagine di questo giornale si aprisse un confronto a più voci e senza pregiudizi.
Sappiamo di alcune buone pratiche autogestionarie diffuse in ristretti ambiti sociali da organizzazioni non governative; conosciamo alcuni buoni princìpi federativi riscontrabili nel pensiero libertario genericamente inteso e in quello del Cattaneo, ma non se ne odono echi nel dibattito pubblico. Nei Parlamenti e nelle altre istanze istituzionali, non c’è traccia di rappresentanze dirette della complessa società civile, dei custodi dei beni comuni, degli interessi generali. In compenso vi si muovono a loro agio, Parlamento Europeo compreso, agguerrite lobbies e gruppi di pressione per la tutela di interessi privatissimi. Attraverso la delega, le élites politiche e i governi accentrano il potere e delle loro scelte rendono sempre meno conto alla volontà generale. La volontà generale, a sua volta, completamente emarginata, non può far sentire né il suo peso, né la sua volontà. Ininfluente sulla decisione dell’acquisto dei cacciabombardieri, ininfluente sulla scelta di una reale politica di disarmo, ininfluente su una vera tutela climatica… Insomma, la volontà generale è del tutto coartata e vanificata da una forma immobile di democrazia parlamentare,
rimasta pressoché uguale nella parte occidentale dell’Europa, e che per l’avvenire non pare promettere nulla di buono.