12Dicembre 1969, strage di Piazza Fontana (senza dimenticare un altro attentato a
Roma, al Vittoriano, questo fortunatamente senza spargimento di sangue): si
inaugura in Italia la “strategia della tensione”. In quel momento nessuno, o pochissimi, la
riconosce: si segue la pista anarchica, Pino Pinelli viene “suicidato” da un
balcone della questura di Milano, Pietro Valpreda arrestato. Il
Presidente Saragat plaude alla “cattura del mostro” ed il suo telegramma di
felicitazione al Capo della Polizia è letto, al Telegiornale (senza uno e senza
due, in quel momento) dal solito, ineffabile Bruno Vespa. Si
tratta del primo atto di una lunga striscia di sangue, di una serie di
attentati fascisti che costelleranno la storia d'Italia degli anni '70-'80. Ricordiamo
la cupezza di quei giorni, la folla milanese che si stringe attorno alle bare
delle vittime, i pochi giornalisti coraggiosi, Camilla Cederna, Bruno Ambrosi,
che cercano ostinatamente la verità, l'impegno del Comitato Antifascista
milanese guidato dal sindaco Aniasi, il partigiano "Iso". Ricordiamo
anche il rifiuto del presidente della Camera Sandro Pertini di stringere la
mano al questore Guida, che era stato il suo carceriere nell'esilio fascista di
Ventotene. Soprattutto pensiamo alla grande mobilitazione studentesca e operaia
in atto in quegli anni: un lungo '68 che arrivò fino all'autunno caldo
dell'anno successivo, appunto il 1969, grazie alla saldatura delle lotte tra
operai e studenti. Lotte che reclamavano non soltanto un diverso tenore di
vita, il diritto allo studio e al lavoro, ma un'idea diversa di società
democratica, di prospettiva per il futuro. I
fascisti (senza il neo) che lavorarono per attuare quelle stragi intendevano
fermare quel movimento, spezzare quella spinta, ricacciarci tutti indietro. Seguirono
poi anni difficili, nel corso dei quali imparammo quanto fosse difficile
scoprire la verità, in mezzo a tentativi di colpi di stato, servizi segreti al
“servizio” dell'eversione, coperture politiche ad altissimo livello. Non
abbiamo smesso però di cercarla quella verità ed ancor oggi, levando alto il
nostro richiamo alla memoria, ci rivolgiamo a tutti i democratici: quel giorno
fu spezzato un filo, svoltò un punto importante della storia d'Italia. Nel
frattempo, nel correre degli anni sono cambiate profondamente le cose attorno a
noi ed oggi costatiamo, dolorosamente, che sul piano sociale, economico,
soprattutto politico, stiamo tornando indietro: nelle condizioni materiali,
nella possibilità di esercizio dei diritti, nella capacità di rappresentanza
politica. Ricordare
oggi Piazza Fontana deve significare, quindi, mettere assieme, la testimonianza
della nostra ricerca della verità e la nostra volontà di impegnarci, e lottare
ancora per invertire la rotta non rinunciando all’idea di una società da
ricostruire pezzo per pezzo, pietra su pietra, secondo gli ideali
dell’eguaglianza, della solidarietà sociale, della libertà di pensiero.