Con questa riflessione inedita, ricordiamo don
Andrea Gallo, prete di strada, partigiano, e amico di “Odissea”. La solidarietà va
coltivata con pazienza, perché diventi un’attitudine costante e significativa
della nostra condotta quotidiana.
Le parole di Gesù sono sovversive, indomabili, rivoluzionarie: soffocano nelle
sagrestie e respirano sul marciapiede.
Noi siamo gli altri, e gli altri sono noi. Non c’è differenza alcuna tra
individui, facciamo tutti parte della stessa famiglia umana.
Quando incontriamo un omosessuale, una prostituta o un peccatore, sovente noi
cristiani abbiamo già il dito puntato contro, esprimiamo a priori un giudizio
negativo, ma quello che è peggio è che nella nostra testa scatta il meccanismo
della conversione: vieni da noi, se ti converti, sarai salvo. No! Com'è
possibile ragionare ancora così? L’ansia di convertire e fare proseliti non
l’aveva neppure Gesù, che infatti non ha certo inseguito il giovane ricco
imponendogli di convertirsi. Lo ha lasciato libero.
Quando noi cristiani, compresi alcuni vescovi, mossi dagli alti princìpi del
Vangelo, interveniamo nelle questioni spinose della società con la
predicazione, è un diritto legittimo. Però attenzione: senza avanzare il
diritto di dettare un’etica pubblica per tutti i cittadini.
Se la Chiesa si dichiara cristiana e cattolica, cioè universale, dovrà essere
una Chiesa povera. Nel senso che la sua opzione preferenziale dovrà essere,
anzitutto, dare voce ai poveri.
Don Andrea Gallo Comunità San Benedetto al Porto
(Genova)