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anniversario della strage alla Thyssenkrupp Tredici
anni fa, il 6 dicembre del 2017, morivano 7 operai alla ThyssenKrupp di Torino:
4 bruciati vivi, altri 3 dopo giorni di terribile agonia. Nella fabbrica in
smobilitazione della multinazionale tedesca il padrone, con la complicità dei
sindacati confederali, aveva imposto turni di lavoro di 12 ore. Alcuni degli
operai uccisi lavoravano con più di 4 ore di straordinario alle spalle. Così
ThyssenKrupp incrementava i propri profitti risparmiando sulla manutenzione e
sulla sicurezza. L’“incidente”
alla ThyssenKrupp colpì fortemente l’opinione pubblica per come avvenne: operai
bruciati vivi come se fossimo ancora nell’800, nascondendo che questa,
invece, è la “modernità” del capitalismo. Tanti
allora piansero lacrime di coccodrillo. I padroni, definendo questa
ennesima strage un “fatale incidente”; i politici (di centro-destra e di
centro-sinistra) parlando di “piaga inaccettabile”; i sindacati
confederali, che accettano come legittimo il profitto siglando in ogni accordo
il peggioramento delle condizioni di lavoro. Tutti, così, rendendosi parte
integrante e complici di quel sistema di sfruttamento dei lavoratori che si
chiama capitalismo. Un sistema economico-politico-giudiziario che ha già concesso
la libertà agli imputati condannati per omicidio. Il
profitto, il dio denaro, è tutelato prima della salute e della vita umana. Ogni
giorno in tivù assistiamo in diretta al bollettino di guerra con le cifre dei
morti e ammalati per il coronavirus (oltre 50.000) che il governo e le autorità
sanitarie ci comunicano. In nome della
lotta contro il virus vengono sospese le libertà democratiche e si limita
fortemente il diritto di sciopero e di manifestazioni. Ogni giorno quasi 500
persone muoiono per cancro più di 370.000 si ammalano di tumori ogni anno
nell’indifferenza del governo, delle istituzioni e dei mass-media. Solo per
amianto sono 6000 i morti ogni anno a cui vanno aggiunti quelli deceduti per
altre malattie professionali. Ancora
oggi nel 2020, le morti di lavoratori per infortuni avvengono ogni giorno da un
capo all’altro della penisola. Secondo le stime ufficiali sono 4 al giorno,
1.500 all’anno. In realtà, se ai dati Inail si aggiungono gli incidenti sul
lavoro dei 3 milioni 500mila lavoratori, italiani e stranieri, che lavorano in
nero e le morti diluite nel tempo causate dalle malattie professionali, non è
azzardato sostenere che il numero dei morti sul lavoro e di lavoro è superiore
ai 10 al giorno. Per gli operai e i lavoratori - divisi, disorganizzati, senza
nessuna rappresentanza politica e sindacale - portare a casa un salario nella
guerra quotidiana fra capitale e lavoro è sempre più rischioso. I
morti sul lavoro non sono mai una fatalità: sono il costo pagato dagli operai
alla realizzazione del profitto. I morti sul lavoro sono parte della brutalità
e della violenza del sistema capitalista. Protetti da leggi che tutelano la
proprietà privata dei mezzi di produzione, lo sfruttamento e il profitto, i
capitalisti hanno impunità e licenza di uccidere. Non
è il “destino” o la “fatalità” a uccidere i lavoratori. È l’aumento dello
sfruttamento e il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro la causa
principale degli infortuni e dei morti sul lavoro e di lavoro. Noi
continuiamo a lottare contro tutte le morti “innaturali”, contro lo
sfruttamento dell’uomo sull’uomo per ambienti e luoghi di lavoro sani. La
sicurezza e la salute valgono più dei loro profitti. Il
6 dicembre, anniversario della strage operaia alla ThyssenKrupp, noi ricordiamo
insieme con loro tutti i morti sul lavoro, del profitto e delle stragi di Stato.
Solidarietà alle vittime e ai loro famigliari. A
perenne ricordo degli operai della ThyssenKrupp e di tutte le vittime dello
sfruttamento capitalista, ora e sempre resistenza! Comitato
per la Difesa della Salute nei
Luoghi di Lavoro e nel Territorio Sesto
San Giovanni