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sabato 2 gennaio 2021

PAROLE E LINGUA
di Nicola Santagada


L’identità

Ci sono delle parole, in greco e in latino, costruite in modo molto particolare. Il verbo deponente mentior mentiris, mentitus sum, mentiri: mentire è il risultato della seguente perifrasi: per me (dice il pastore) affermare che la nascita della creatura avvenga per continue spinte espulsive (il tendere) è mentire, in quanto la creatura nasce a seguito del mancare, che è l’acquisizione graduale e prestabilita di quanto necessita.
Quando il pastore greco coniò ψεύδομαι (pseudomai): sbaglio, m’inganno, ragionò così: mi sbaglio, se dico che la creatura nasce, quando cresce, perché l’acquisizione di ciò che manca avviene quando lega.
Anche per quanto riguarda verus e ληθής (alethés): vero, oltre a quanto già detto sulle riflessioni riguardanti la verità, si può pensare ad una definizione che risulta vera nel processo formativo dell’essere. I latini dissero: durante la gestazione, la creatura è legata alla madre, deducendone: è vero, mentre i greci, con una perifrasi più complessa, asserirono: il flusso gravidico cresce per poi legare con la madre, causandone la formazione.
L’aggettivo μός (omòs): lo stesso, identico, uguale è il risultato di questa perifrasi: dire che nel grembo la creatura rimane o asserire che è (resta) legata è la stessa cosa. Quindi, in italiano, tante sono le parole formate con omo: omonimo, omologia, omografo, omografia, omogeneo ecc. Da μός furono dedotti (omoios) μοιος: simile, μαλός: uguale, pari, uniforme, conforme, della stessa specie, quindi: (anomalos) ν-ώμαλος: disuguale, non uniforme, non conforme, non della stessa specie. Pertanto, l’anomalia è riscontrare difformità con quanto, solitamente, si verifica di fatto, a differenza di anormalità che è il discostarsi dalla regola, dal principio, assunto come parametro, modello e valore.
 In latino, invece, simile fu dedotto da una radice greca: (sema) σμα σματος: segno, indizio. I greci identificarono il sema con il grembo materno, per cui i latini, che conoscevano questa parola, affermarono che l’aspetto del segno gravidico è simile. Infatti, qui e in tanti altri casi, il suffisso ile, che si può tradurre: è ciò che discende da, è un deduttivo logico, per cui da fictus (ciò a cui si è dato forma con l’argilla) fu dedotto fictile: di terracotta: antefixa fictilia deorum; da frango fragile; dalla radice deb (da tradurre: dall’andare il legare, che, qui, contestualizza, la fatica del parto) fu coniato debilis; da (ago) γω: conduco fu mutuato agile, da ductus (condotto, che rimanda all’essere in formazione) di duco si ebbe duttile, da fieno fienile, da senex senile e così via. Da sottolineare che somigliare è da collegare a σμα (soma): corpo, in quanto i corpi (anche: fattezze, ad esempio, dei familiari) sono simili.



L’aggettivo σος (isos): uguale consegue dalla seguente perifrasi: è uguale dire: si genera il mancare (durante la gestazione), la creatura lega con la madre. La lingua italiana ha fruito di iso: isoscele, isobara, isobata, isoieta, isomorfo, isogonia, isogonale ecc. Poi, da σος fu coniato (isotes isotetos) σότης σότητος: uguaglianza. I greci, inoltre, coniarono (isonomia) ἰσονομία: uguaglianza di diritti, democrazia, meglio: legge uguale, che è a fondamento della democrazia.
Da tutte queste osservazioni si desume che il pastore greco e quello latino, con i pochi simboli a disposizione, escogitarono ogni espediente per coniare parole.
I latini per coniare aequus: uguale, piano, nel senso di pianeggiante, orizzontale, si avvalsero dell’immagine del grembo non fecondato: tutto uguale, uniforme. È così vero che equo si genera dalla contestualizzazione appena prospettata che, da questo aggettivo, fu coniato aequare: appianare (rendo piano), spianare, livellare, uguagliare. In poche occasioni il passaggio dal concreto equo all’astratto equità determina un’acquisizione di nuovi significati, che, tra l’altro, porta all’Equità. Pertanto, nella parola equità si compendiano non solo la moderazione, ma l’equanimità come imparzialità, come uguaglianza di fronte alla legge e, soprattutto, il senso di una giustizia, non formale, ma sostanziale. In italiano, per arrivare a uguaglianza, ci fu il seguente processo: da aequus fu dedotto un altro aggettivo aequalis (per età, per qualità, per difetti, per intelligenza, per condizione sociale ecc.), sinonimo anche di stesso e conforme. Quindi: aequalitas: uguale condizione, uguaglianza, uguaglianza di diritti, da cui aequabilitas iuris, come imparzialità nell’applicazione della legge. Pertanto, negli uguali, per nascita, per struttura fisica, per altezza, per colore degli occhi o per condizione sociale c’è l’uguaglianza.



Con ατός (autòs): stesso, medesimo, da sé (spontaneamente, naturalmente), proprio, i greci dedussero i significati ora indicati, a seguito di queste considerazioni: dire che la creatura lega e dire che tende è la stessa cosa, è la medesima cosa; inoltre: fa da sé il legare e il tendere, in quanto è il modo suo proprio di operare. Processi analoghi furono seguiti per coniare ipse ipsius (lo stesso) e idem eiusdem (il medesimo), che trovano in autòs il loro corrispondente. Pertanto, la perifrasi: i: genera e dem: manca dal rimanere (nascendo) portò il pastore a dire: è la medesima cosa.
Gli italici, che avevano dimestichezza con i calchi greci, pervennero ad un conio (non usato), misto di latino e di greco, per cui da idem e (tes) της ottennero identés: colui/ciò che è il medesimo, nel senso che è uguale a sé. Infatti, i greci, con questo calco, ad esempio: da (athléo) θλέω: gareggio dedussero l’aggettivo verbale (athletòs) θλετός
: che ha gareggiato, donde: atleta e da poiéo (creo) dedussero poeta. Pertanto, da identés furono dedotti identico e identità. Quindi, la parola identità ha il suo antecedente logico in colui o ciò che è uguale a ed esprime una uguaglianza, che dette luogo al principio di uguaglianza, concetto imprescindibile per far capire che cos’è l’identità di una persona, a che cosa è uguale, a che cosa corrisponde: all’identificazione degli elementi naturali e culturali che caratterizzano quella persona stessa. Allora, parlare dell’identità di una persona, che come ben si sa è un unicum, significa individuare tutti gli elementi che connotano ogni singola personalità.