UNA LINGUA SENZA FUTURO
di Angelo
Gaccione

Una veduta del borgo di Padìa (Acri)

È un puro caso o c’è una logica nascosta e sottile che sfugge alla nostra comprensione, la constatazione di fatto, che la nostra lingua dialettale non preveda, nella sua espressione parlata, cioè nella sua più immediata comunicabilità, nessuna forma verbale che contempli il tempo futuro? Mi riferisco in particolare alla mia di lingua dialettale, ma credo che il discorso valga per l’intera area linguistica cosentina, se non per l’intero Meridione d’Italia. E difatti noi non diciamo: domani partirò, domani farò, studierò, mangerò; noi mettiamo tutto alla forma presente: domani parto, faccio, studio, mangio. Tutto si svolge nel presente, anche ciò che dovrà avvenire in un tempo molto, molto lontano.

Una veduta della Sila
