LE FRAGILITÀ DEL SISTEMA SANITARIO LOMBARDO: ESPERIENZE E RIMEDI di
Giuseppe Carreri*
Vittorio carreri
Premessa Nell’ordinamento
sanitario nazionale la parola “Sistema” non esiste. Abbiamo bisogno, infatti,
di “Servizi” con funzioni e responsabilità precise. Eliminerei quindi ogni
riferimento a ciò che non esiste ed è confondente. La
Giornata del Ricordo Nella
giornata del ricordo il nostro pensiero è tornato a tempi dove sono accaduti
fatti inauditi contro l’umanità. Il ricordo comunque può aiutare a leggere
meglio anche la realtà e a progettare un futuro migliore. Qualche tempo fa
l’arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini, in un’intervista sul “Corriere
della Sera” (sabato 5 Dicembre 2020), ha parlato di umanesimo lombardo, del
vivere insieme, del vivere la solidarietà. Ma anche di prendersi cura della
famiglia, del lavoro, del pendolarismo, degli spostamenti logoranti, delle
periferie dormitorio, della corruzione, della politica nazionale e delle Regioni.
La pandemia virale ha reso esplicito in modo drammatico il nesso profondo tra
salute e sviluppo sociale ed economico. La memoria, dunque, ci deve guidare
anche nel concorrere a realizzare una reale sicurezza sociale. Agli specializzandi
in igiene e medicina preventiva ricordavo tempo fa che le radici della riforma
sanitaria nascono nel 1943 durante la Resistenza, all’Università degli studi di
Padova per merito dei professori Concetto Marchesi, Egidio Meneghetti e Augusto
Giovanardi. A cura del Comitato di Liberazione Nazionale Regionale Veneto nel
settembre 1945 a Padova, dopo la Liberazione, viene presentato il “Progetto
di Riformadell’Ordinamento Sanitario Italiano”. Decisive furono la
istituzione delle Regioni a Statuto Ordinario (1970), la lotta e gli scioperi
generali dei Sindacati dei lavoratori (CGIL, CISL, UIL) per la riforma della
casa, della scuola, della sanità nella seconda metà degli Anni ’70 del secolo
scorso. L’accordo dei grandi partiti popolari (DC, PCI, PSI) portò finalmente
alla approvazione della legge 833/78, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale
(SSN). Sono stati necessari ben 33 anni dal 1945 al 1978.
Cinquant’anni
di Regioni Nell’anno
2020 abbiamo ricordato il cinquantesimo anno dalla istituzione delle Regioni a
Statuto ordinario (1970). Questo periodo storico può essere scisso almeno per
la Lombardia, in due quarti di secolo: 1970- 1995 e 1996-2021. I primi 25 anni
sono stati caratterizzati da iniziative nella sanità costruttive ed innovative.
Basate sul decentramento istituzionale, sulla partecipazione e sul controllo
democratico coinvolgendo gli Enti Locali, specie i Comuni. La Regione Lombardia
ha svolto compiti legislativi, di programmazione, di indirizzo, di controllo.
Con adeguati finanziamenti.
La
prevenzione e la Sanità Pubblica Fin
dai primi anni sono stati istituiti su tutto il territorio regionale i Comitati
e i Consorzi Sanitari di Zona (CSZ), con funzioni e compiti prevalenti di
prevenzione e sanità pubblica (1972). Nel 1974 viene votato con legge, il Piano
regionale ospedaliero che insisteva su 5 anni. Fu il primo e ultimo piano
ospedaliero della Regione. Ora serve un riordino della rete ospedaliera. Nel
1985 vengono istituiti 15 Dipartimenti di Prevenzione (DP). Con il Decreto
Legislativo 502/1992, i DP diventano obbligatori nelle USL dell’intero
territorio nazionale. Sulle Urgenze e le Emergenze sanitarie anche ai fini
della protezione civile, la Lombardia si distingue: evento Seveso del 1976;
soccorso alle popolazioni colpite dal terremoto dell’lrpinia nel 1980;
contrasto degli effetti ambientali e sanitari a seguito dell’incidente nucleare
di Chernobyl nel 1986; la lotta all’AIDS anni ’80-’90. Nostro consulente per
l’AIDS per la Regione il grande medico americano Anthony Fauci per l’AIDS. I
problemi sono cominciati a crescere e non solo per la prevenzione, con la legge
regionale 31 del 1997, promossa dalla Giunta presieduta da Roberto Formigoni.
Le USSL diventano Aziende Sanitarie Locali (ASL) nel numero di 15 e vengono
istituite numerose Aziende Ospedaliere (AAOO) ben 27. Si rompe l’unitarietà
della prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. In seguito la Giunta
Regionale presieduta da Roberto Maroni, promuove una nuova legge sanitaria
(L.R. 23 del 2015). Il “Sistema socio sanitario lombardo” si caratterizza con 8
Aziende di tutela della salute (ATS) di cui quella per la Città metropolitana
milanese con oltre 3 milioni di persone e un solo Dipartimento di Igiene e
Prevenzione Sanitaria, e 27 Aziende Socio Sanitarie Territoriali e Aziende
Ospedaliere (ASST). È una legge di dubbia costituzionalità, approvata
erroneamente dal Governo nazionale (Renzi-Lorenzin) come legge sperimentale e a
tempo (5 anni). Finalmente il 16 dicembre 2020, il Ministro della salute
Roberto Speranza, invia una lettera al presidente della Regione Lombardia con
allegato un documento della Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali
su “La Riforma del Sistema Socio sanitario lombardo (L.R. 23/2015)” di 73
pagine, con il quale si fanno puntuali osservazioni e critiche severe alla
legge regionale in oggetto e si dispone una sua revisione entro 120 giorni.
Ritengo che la legge regionale n. 23 del 2015 sia la causa di molte difficoltà
anche prima della pandemia e la concausa efficiente del disastro della pandemia
da Covid-19 nella nostra Regione. Serve dunque un nuovo “Servizio Socio
sanitario regionale” basato essenzialmente su tre pilastri: I Dipartimenti di
Prevenzione, i Distretti, gli Ospedali. Il tutto di norma deve stare nelle
Aziende Unità Locali Socio Sanitarie (AULSS). Esse debbono essere insediate
nelle Province, salvo per quelle di Milano e di Brescia. Bisogna potenziare con
urgenza i Dipartimenti di Prevenzione. Dagli attuali 8 si deve tornare a 15 con
relativi Laboratori di sanità Pubblica. I Medici di Medicina Generale (MMG) e i
Pediatri di Libera Scelta (PLS) debbono obbligatoriamente associarsi. Si deve
garantire assolutamente una moderna Assistenza sanitaria primaria, la
continuità assistenziale e un efficace rapporto territorio ed ospedale.
L’assistenza sanitaria privata deve essere integrativa e non sostitutiva di
quella pubblica. Servono le rilevanti risorse economiche finanziarie del Mes
peraltro destinate esclusivamente alla sanità. Serve infine un piano-programma
pluriennale della Regione e delle Università lombarde per la formazione degli operatori
del SSR, per la Ricerca Scientifica, specie per quella applicata alla
programmazione sanitaria e socio sanitaria. Prioritariamente vanno predisposti
e approvati: il Piano pandemico regionale (2021-2023) e il Piano Regionale
Prevenzione (2021-2025).
Migliorare
la soddisfazione delle persone In
conclusione va ricordato che l’Indice di Performance Sanitaria (IPS) 2020
dell’Istituto Demoskopika sulla base di 8 indicatori, colloca la Regione
Lombardia al sesto posto. Mentre per il livello di soddisfazione delle persone
in relazione alla erogazione dell’offerta sanitaria ospedaliera per l’anno 2019
(ISTAT), pone la Regione Lombardia all’undicesimo posto tra le Regioni e le
Province Autonome di Trento e di Bolzano. Le più in salute nel nostro Paese
sono ritenute essere la Regione Emilia-Romagna e il Trentino-Alto Adige. Il
Servizio Socio Sanitario della Regione Lombardia era già fragile anche prima
della pandemia virale, come giustamente ha fatto notare il prof. Marco Vitale.
*Medico chirurgo è
specializzato in igiene. Ha diretto il Servizio Igiene pubblica della Regione
Lombardia dal 1973 al 2003. Responsabile dei progetti di bonifica delle zone
inquinate dalla diossina (Seveso, 1976). Presidente della Società italiana di
Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) 2001-2002. Medaglia d'oro
al Merito della Sanità Pubblica (Presidente della Repubblica C. A. Ciampi,
2003). Docente Universitario alla Bocconi (1984-1985). A lungo docente alle
Università di Milano e di Pavia. Ha istituito nel 2017, il Movimento culturale
per la difesa e il miglioramento del SSN. Coordinatore onorario del Collegio
degli Operatori di Prevenzione, di Sanità Pubblica e delle Direzioni Sanitarie
della SItl.