Ènato un
nuovo idioma: l’italo-inglese. Questa neolingua ormai la fa da padrone nel
linguaggio parlato. Anni orsono, in una trasmissione radio mattutina, mi è
occorso di sentire un esilarante “claimax ascendente” col che ho riflettuto sui
sorprendenti effetti sulla nostra dolce ed eufonica lingua che una cieca e acritica
politica anglofiliaca ha conseguito con l’addomesticare anche la nobile lingua
latina e greca. Tutti inglesi allora? Inevitabile pedaggio alla
globalizzazione? Verrebbe
da dire: “Che palle con ’sto inglese”. Lingua stupenda quella di Shakespeare,
mica no. Ma diventata troppo invadente e troppo status symbol (rieccolo, l’inglese) con relativo cimento a chi lo
mastica meglio. Ciò che implica mitragliate di esilaranti idiozie allorché per
zelo si cerchi di modificare il tonico, regionale e familiare idioma della
nostra lingua e del nostro sentenzioso ed armonico dialetto. Un
piccolo elenco di bischerrimi esempi di “addomesticazione” di greco, latino, italiano…
e dell’inglese medesimo. Un “sine die” virato in “sain dai”. “Sub judice” in
“sab giucaice”. “Limes” in “laime. “Imprimatur” in “imprimetur” e che dire di
“Plus” in “plas”: le autovetture (ascoltate le propagande!) sono “plas”
accessoriate. Una
società di telecomunicazioni offre “plas” connessioni. Degna di una scena di
Totò: “Iter” in “aiter” (detto da una onorevole che si riferiva all’ “aiter
parlamentare”. E quando il collega gli fece notare che “iter” è latino e così
si deve pronunciare, lo sciagurato rispose: “Oh, scusate il lpsus”). “Hoc” in
“ok” (la frase completa è: “Fatevi un orario a ok”). E che dire di un
Cassibile, (in quel di Siracusa dove il 3 settembre 1943 l’Italia firmò
l’armistizio) che per sbronza anglofona diventa “Chéssibol”. Sempre sotto
l’effetto dell’alcol anglofilo il nome del regista Wim Wenders viene snaturato in
“Uim Uender”. Il film “Mystic River” empiamente flesso in un Tg1 di anni fa in
“Mystic Raiver”. Il
Petragallensis