LE LEZIONI DELLA PANDEMIA CENTO ANNI FA di
Romano Rinaldi
Èil 30 Maggio 1919, vale a dire 102 anni fa, la rivista Science, tutt’ora
una delle più autorevoli riviste scientifiche, pubblica un articolo intitolato:
“Le lezioni della pandemia” (1) scritto da un certo George A.
Soper, maggiore nell’esercito americano, ingegnere del genio addetto alla
sanità. Si trattava della epidemia mondiale di influenza “Spagnola” che di
spagnolo aveva ben poco se non l’aver colpito, tra i primi, un membro della
casa reale di Spagna. E questo chiaramente fece notizia. È
stupefacente ritrovare in quell’articolo un gran numero di attualissime osservazioni,
peraltro divenute ormai ovvie, dopo che ce ne stiamo occupando da 16 mesi a
partire dall’arrivo della pandemia da SARS-Cov-2 nell’inverno 2019, a quasi cento
anni esatti da allora. Logicamente quella prima volta, poco o nulla si sapeva sui
virus e veniva ipotizzata l’esistenza di un batterio come veicolo
dell’infezione. Tuttavia le raccomandazioni che il maggiore Soper elenca per
evitare o almeno limitare la diffusione dell’infezione sono esattamente quelle
che ci stanno assillando da quasi un anno e mezzo e ci accompagneranno,
purtroppo, ancora per un po’. Il
dodecalogo contenuto nell’articolo, raccomandato dal Comando Medico Militare e
pubblicato per ordine del Segretario Generale della Guerra perché gli sia data
la massima diffusione, comprende i seguenti punti: 1. Evitare gli
affollamenti - l’influenza è una malattia da assembramento. 2. Coprire
starnuti e tosse - gli altri non vogliono i germi che tu butti via. 3. Il
naso, non la bocca è fatto per respirare - prendi l’abitudine. 4. Cura
la pulizia della bocca, della pelle e degli abiti. 5. Mantieniti fresco quando
cammini e caldo quando vai a cavallo e quando dormi. 6. Tieni le
finestre aperte a casa la sera; in ufficio il giorno, quando possibile. 7.
L’alimentazione ti aiuterà a vincere - scegli buon cibo e mastica bene. 8.
Il destino è nelle tue mani, lavatele bene prima di mangiare. 9. Agevola
il passaggio intestinale bevendo uno o due bicchieri d’acqua appena alzato. 10.
Non usare tovaglioli, asciugamani, cucchiai, forchette, bicchieri o tazze che
sono stati usati da altri e non lavati. 11. Evita abiti, scarpe e guanti
stretti, fai della natura un tuo alleato, non la tua prigione. 12.
Quando l’aria è pura, respirala a pieni polmoni.
Adattando
queste semplici istruzioni ai nostri tempi, magari riducendole a un decalogo ed
aggiungendo la mascherina, ecco che siamo perfettamente in argomento. La
mascherina in effetti era già stata adottata anche allora, tuttavia Soper, pur
menzionandola, non le attribuisce grande efficacia pensando che dove passa
l’aria, passa l’infezione. Non conoscendo le dimensioni del virus aveva ragione
anche su questo. Un
altro aspetto molto interessante è l’analisi delle cause che hanno portato alla
grande diffusione della malattia che, con oltre 50 milioni di morti in tutto il
mondo, era già riconosciuta come la pandemia più disastrosa nella storia
dell’umanità. La natura polmonare della malattia era ben presente, come del
resto erano già ben note altre patologie polmonari che causano la morte ma a
questa malattia venne attribuito il termine di “influenza” data l’incerta e
sfuggevole natura del patogeno diffuso con l’alito, il virus H1N1
dell’influenza di tipo A, identificato solo una trentina di anni fa. Ma la
parte più interessante delle osservazioni fatte dal maggiore Soper riguarda
l’attitudine delle persone e la necessità di ottenere l’obbedienza a regole
difficilmente condivisibili dalla popolazione in generale. In
primo luogo viene riconosciuto il fatto che la responsabilità principale nella
prevenzione del contagio, ricade su ciascuno di noi e sul nostro comportamento,
individuale e sociale. Soper scrive infatti: “le persone non apprezzano i
rischi che corrono con comportamenti contrari alle regolestabilite”.
E più avanti nel testo conclude: “L’infezione e il contagio, contrariamente
ad altre malattie a larga diffusione quali il tifo e la malaria, non possono
essere evitati attraverso lavori di bonifica o di natura sanitaria. Devono
essere controllati per mezzo di procedure amministrative che inducano gli
appropriati comportamenti di auto-protezione degli individui”.
È
dunque responsabilità dei governanti convincere le persone ad adottare tutte le
misure atte a ridurre il contagio e mettere sotto controllo la diffusione della
malattia per la salvaguardia della salute di tutti. Poi, con straordinaria lucidità
afferma: “Ragionando per analogia, sembra non improbabile che il virus
dell’influenza sia esistito altrove, probabilmente tra persone che hanno
acquisito tolleranza ad esso (asintomatici, ndr) e
successivamente introdotto presso altri per i quali era sconosciuto e per
questo più suscettibili di contrarre la malattia. Questo può dar luogo ad una
epidemia che puòdiffondersi a proporzioni pandemiche”. Da
notare che le raccomandazioni di Soper andarono anche oltre, con la proposta
dell’istituzione di un organismo sovranazionale di controllo della diffusione
di malattie (2)che, altrimenti, possono diffondersi in tutto
il mondo senza controllo. Aveva infatti gettato le basi per l’istituzione, nel
1948 dell’OMS presso l’ONU. Tuttavia la sua raccomandazione che “la prossima
pandemia non sia affrontata semplicemente affidandosi alla speranza, ma
costruendo un organismo vivo, efficiente ed energico che possieda reali poteri
per agire tempestivamente su larga scala”, sembra proprio non essere stata
tenuta in grande considerazione! Bibliografia 1. George
A. Soper, The lessons of the pandemic. Science, Vol. XLIX. No. 1274, pp.
501-506. 2. George
A. Soper, The need for an
international health
commission. The
New York Medical Journal, May 1919. In:
Burdick. The pandemic and the limits of Science. The New York Times,
March 16, 2021.