SINISTRA E STRATEGIE DELL'AVVERSARIO di
Franco Astengo
Paolo
Franchi (“Corriere della Sera” 15 aprile) è tornato sull’analisi del sistema
politico e sulla prospettiva di quello che definisce “un nuovo bipolarismo,
stavolta civilizzato”. E
si rivolge a “chi ha a cuore il ripristino, ma su basi nuove della
democrazia dell’alternanza. Ma, è la cosa meno ovvia di quanto possa sembrare,
per metterla davvero in cantiere servono due campi, naturalmente plurali,
naturalmente ancora in costruzione, dei quali però si intravedano quanto meno i
confini, le idee, forze comuni, i progetti, i programmi, e anche quello che
unisce e quello che divide i loro leader potenziali. Di tutto questo non ci
sono tracce visibili a sinistra, e quelle che parevano esserci a destra sono
meno nitide di quanto si pensasse. Non è un buon viatico”. Lo
stesso quotidiano nell'edizione del 16 aprile ospita un intervento di Valerio
De Molli, amministratore delegato di "The European House -
Ambrosetti" che presenta una proposta di riforma elettorale (e del
martoriato titolo V) del tutto dedicata al tema della governabilità (senza
alcuna citazione della rappresentanza) che prevede una quota maggioritaria del
50%, lo sbarramento al 4% e addirittura il sorteggio per 1/3 dei seggi disponibili.
Sorteggio eseguito pescando da un albo di "cittadini disponibili". In
sostanza, alla fine della favola, alla rappresentanza delle forze politiche
capaci di superare il 4% resterebbero a disposizione circa 130 seggi alla
Camera, con i "sorteggiati" assolutamente decisivi per la formazione
di nuove maggioranze (per formare le quali andrebbe in vigore il meccanismo
della "sfiducia costruttiva"). Ci
troviamo quindi di fronte a un'evidente offensiva mediatica al riguardo di una
nuova tornata di modifiche costituzionali, di tensione "governista",
di vocazione presidenzialista, di riduzione drastica nei possibili margini di
esercizio delle funzioni di rappresentanza e di libera associazione dei
cittadini secondo l'articolo 49 della Costituzione, di istituzionalizzazione
dell'antipolitica. Però è il caso di ricordare come il tentativo di stringere i
cerchi della democrazia rappresentativa sull'asse "personalizzazione-governabilità"
sia già stato compiuto, dal termine della fase della "Repubblica dei
Partiti" in avanti, e sia sempre fallito. Un
fallimento sul quale non ci si sta interrogando a fondo e dal quale è derivato
l'esito delle elezioni del 2018: una sorta di grande confusione (dopo un
periodo di crescita dell'astensionismo, di estrema volatilità elettorale, di
perdita di funzione e ruolo dei corpi intermedi) che ha portato l’elettorato a
non organizzarsi più sulla polarizzazione destra/sinistra, ma in uno spazio
definito da divisioni tra europeisti e nazionalisti, cosmopoliti e identitari,
federalisti e sovranisti; divisioni che escludevano del tutto quelle derivanti
dalla condizione sociale, economica, per dirla all'antica "di
classe".
Dall’esito
delle elezioni del 2018 è così emersa una maggioranza sociale eterogenea,
variamente aggregata attorno al rifiuto della casta, all’ostilità nei confronti
dell’euro o a uno slancio nazionalista tinto di xenofobia. L’emergenza
sanitaria ha modificato alcuni aspetti di approccio a questo stato di cose
dando spazio al governo Conte due (non dimentichiamo che a Febbraio 2020 la
crisi di governo era pronta e, con ogni probabilità, si sarebbe arrivati al
passaggio delle elezioni anticipate) ma certo non ha modificato la sostanza
delle cose. La risposta a questa situazione confusa è stata data con l’emergere
del governo Draghi: se pensiamo al punto di partenza, rappresentato dalla
lettera congiunta Draghi/Trichet dell’estate 2011 che rappresentò l’avvio della
fase di liquidazione del governo Berlusconi V, e verifichiamo oggi come
l’ex-banchiere sia stato accolto quale uomo provvidenziale, non solo dai
partiti che attuando il suo programma (tra il 2011 e il 2018) sono crollati ma
anche da quelli che opponendovisi (a partire dalla Lega che non votò la fiducia
al governo Monti) si erano poi imposti sulla scena politico-elettorale abbiamo
la dimostrazione della debolezza strutturale del sistema politico italiano. Non
si è trattato soltanto di trasformismo (pure costante leit-motiv della debole
democrazia italiana) ma di una vera e propria resa all’apparizione sulla scena del
nuovo “Lord Protettore” (come era già accaduto con Monti). Di
fronte a questo stato di cose appare del tutto fuori tempo la ricostruzione di
uno schema bipolare d’alternanza al governo o la stessa esaltazione del
meccanismo di governabilità accompagnata dalla codificazione dell'antipolitica
realizzata attraverso il sorteggio. Entrambe
le strade appaiono pericolose e fallimentari. L'analisi
della crisi del sistema politico italiano deve partire, invece, dalla
constatazione dell'evidente assenza di soggettività e di espressioni di
radicamento sociale senza la cui ricostruzione sarà impossibile riequilibrare
il sistema. Per queste ragioni l’idea da sostenere deve essere quella di una
formula elettorale proporzionale attuato con lo stesso spirito con cui quella
formula fu adottata nell'immediato dopoguerra: si tratta, infatti, anche adesso
di ricostruire un sistema di identità, di riferimenti sociali, di
rappresentanza istituzionale. La governabilità sarà assicurata da alleanze
strette in Parlamento in un quadro di recupero (per quanto possibile) di
capacità di rappresentanza politica da parte dei diversi soggetti.
E. Letta
Queste
soggettività, in buona parte da ricostruire/costruire, dovranno fare i conti
con il lascito dell’emergenza quando questo si evidenzierà e dalle nuove
priorità economiche e sociali che ne sortiranno. Per
la sinistra la strada sembra essere obbligata: dipenderà dalla capacità dei
suoi imprenditori politici di opporsi alla ripresa delle riforme neoliberiste
che sicuramente accompagneranno la fase successiva alla stretta emergenza
sanitaria. Si tratta di mettere al centro le conseguenze concrete di questa
fase drammatica in termini di precarizzazione del lavoro salariato, di
esplosione delle disuguaglianze, di riduzione della protezione sociale, di
peggioramento del servizio pubblico. Com’è stato detto: la sinistra deve saper
attaccare i punti alti della ferocia della ristrutturazione capitalistica (che
punta ad annettersi, come stiamo vedendo anche la soluzione delle nuove contraddizioni
affrontandole in chiave tecnocratico/autoritaria, in particolare attorno ai due
temi emergenti della salute pubblica e dell'ambiente). In
questo contesto però serve un soggetto autonomo e organizzato capace di
esprimere di nuovo e ancora egemonia sociale. La
linea di frattura tra governabilità e rappresentanza deve significare per la
sinistra il recupero di una capacità di schieramento sul fronte del riferimento
costituzionale che può rappresentare (come ha dimostrato anche lo stesso esito
del referendum del settembre scorso sulla riduzione del numero dei
parlamentari) la possibilità di intercettare una consistente “massa critica”
sulla quale poggiare una adeguata edificazione politica.