RAPPRESENTANZA E AGIRE POLITICO IN TEMPI DI DISUGUAGLIANZE di
Franco Astengo
"Il
Manifesto" del 14 maggio ha dedicato un ampio inserto ai dieci anni
trascorsi da quando, in una Spagna piegata dalla crisi e dell'austerità si
sviluppò la mobilitazione più importante nel periodo della "transizione
democratica". Il movimento degli "Indignados" capace di generare
il fenomeno politico di "Podemos" arrivato fino al governo del Paese
e oggi entrato in crisi con l'abbandono della politica da parte di Pablo
Iglesias, il suo fondatore più rappresentativo. Quel tempo, nel 2011, era il
tempo delle Primavere Arabe e di "Occupy Wall Street" mentre montava
la protesta contro gli effetti sociali della crisi economica del 2008. È
il caso di ricordare come, in quell'estate si inaugurasse anche in Italia la
stagione dell'austerità, dalla lettera Trichet-Draghi, alla caduta del governo
Berlusconi e all'ascesa del governo Monti. In
Italia come in Spagna quel frangente fu attraversato dall'idea di una rivolta
che rifiutasse vecchi simboli e liturgie rompendo gli schemi di una democrazia
ingessata: nel caso italiano però quel moto prese l'aspetto del Movimento 5Stelle
fondato - a differenza di Podemos - sul motto "né di destra, né di
sinistra", sulla democrazia diretta del "Web", sul ruolo dei
"portavoce dei cittadini". Anche la parabola del Movimento 5Stelle
appare in fase conclusiva, lasciando pesanti strascichi sul sistema politico
italiano e sulla sua credibilità complessiva. Ci
ritroviamo così, in una situazione di eccezionale emergenza, con un Paese
prostrato, incapace di esprimere una qualche "rimostranza collettiva"
verso la crescita esponenziale delle disuguaglianze verificatasi in questo
periodo, con il governo praticamente commissariato in una dimensione dove
appare stridente il contrasto tra l'agire politico e la tecnocrazia dominante.
Una tecnocrazia dominante che però adesso usa come strumento di governo
l'espansione della spesa.
Può
allora valere il parallelo Spagna-Italia così come questo era stato
interpretato dieci anni fa, se riusciamo a sviluppare una attenta riflessione
sulla esigenza di strutturazione che può essere assunta in questo momento
dall'intreccio tra dissenso (latente e privo di dimostrazioni evidenti) e la
richiesta di alternativa. Il tema è quello delle trasformazioni avvenute nel corso degli
anni nel rapporto tra organizzazione e struttura sociale. Il M5Stelle ha interpretato, da questo punto di vista, una doppia
funzione: quella dell’antipolitica (in questo caso intesa in una dimensione
abbastanza “classica” tra Giannini e Poujade) e quella della “democrazia del
pubblico” ridotta all’uno vale uno e alla cosiddetta “democrazia diretta”. Ne è sortito un quadro di accentuata semplificazione nel rapporto
istituzioni-società realizzato all’insegna del modificarsi, prima di tutto,
dell’agire sociale avvenuto sulla base della spinta dei nuovi strumenti
comunicativi. In questo modo è stato definito un impianto politico fondato su
quello che è stato definito “individualismo competitivo”. Anche il PD per la
verità e non soltanto il M5S ha cercato di muoversi all’interno di
quest’orizzonte, mentre altri soggetti hanno seguito percorsi più vicini
all'idea del partito personale. Tutto questo mentre si accelerava il processo di trasformazione della
“forma- partito”, da partito a integrazione di massa, al modello del
“catch-all-party” e via via, partito azienda, appunto partito personale,
modello delle “primarie” fino alla virtualità del Web assunta come futuribile
agorà dell’immediatezza nella scelta. Il M5S ha fatto dell’occupazione delle istituzioni e dei ruoli di
sottogoverno il proprio punto specifico d’identità nel nome del “rinnovamento”
(ponendosi in collo anche tutte le inevitabili contraddizioni che comporta
questo modo di intendere l’azione politica).Tutto questo ha
significato prima di tutto che è completamente mancata una volontà e capacità
di riflessione su di un punto fondamentale: quello della rappresentanza
politica.Non si è contemplata, infatti, la
possibilità di costituire per determinati soggetti sociali un punto di
riferimento posto proprio sul piano della rappresentanza (del resto Podemos ha
interpretato questo passaggio esclusivamente in chiave populista, rovesciandosi
poi sul terreno del governo senza alcuna mediazione preventiva).E non si è compreso, e si ha difficoltà di comprendere, che
soltanto dalla rappresentanza può discendere la funzione di governo come punto
di attuazione di un progetto che riguardi interessi materiali, concreti
presenti nella società: interessi tradotti in progettualità e programmazione
attraverso una visione del mondo e del futuro, con tutte le implicazioni che
muoversi in questo modo deve comportare sul terreno organizzativo una
strutturazione di "rappresentanza dell'universalità" e non fondata sul
riconoscimento di una sorta di segmentazione sociale fondata sul corporativismo
lobbistico.
Invece è stata seguita la via della disintermediazione e di una
sorta di spontaneismo finalizzato a incrementare una visione esasperata
dell’autonomia del politico, spinta ben oltre il tipo di personalizzazione che
già aveva attraversato, dalla caduta dei grandi partiti di massa, la lunga
transizione italiana avviatasi fin dagli anni ’90. Sotto quest’aspetto, certamente non tanto e non solo da parte del
M5S, sono stati causati danni gravissimi alla credibilità complessiva del
sistema causandone una fragilità congenita con l’esposizione a rischi di
involuzione su di un terreno non propriamente identificabile come di
allargamento del quadro democratico.Rimane da rimarcare
l’assenza, sempre facendo riferimento al sistema politico italiano, di elementi
di controtendenza posti anche sul piano organizzativo. È evidente come questo stato di cose abbia aperto un varco a
destra di rilevanti dimensioni. Varco che abbiamo definito
"populismo" adesso provvisoriamente coperto dal governo Draghi.
Un'operazione di provvisoria copertura che non potrà sventare i pericoli insiti
nella stessa natura della destra italiana.
In sostanza cosa sta avvenendo: 1) affermazione dell'autonomia dell'imprenditorialità politica in
funzione lobbistica nell'esercizio del potere (questo punto vale
soprattutto verso la forma e i contenuti da esprimere rispetto alle grandi
"transizioni" in atto, sia quella ecologica, sia quella digitale); 2) sviluppo della forma di "recitazione della democrazia". Un possibile futuro di un ritorno ad una democrazia avanzata
risiederà allora nella nostra capacità di riaffermare l'esigenza di autonomia
della soggettività posta direttamente in rapporto con una rappresentanza ben
individuata nella mediazione sociale.