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venerdì 18 giugno 2021

DEL PRESTARE I LIBRI E NON SOLO
di Angelo Gaccione

 
Ho sempre pensato che prestarsi mutualmente i libri fosse una buona pratica, non solo per il gesto in sé – indice di fiducia e di liberalità – ma soprattutto per un fatto di condivisione di idee, sentimenti, ragioni, che lo scambio di un libro presuppone. Prestare però non equivale ad impossessarsene, a farlo diventare proprietà personale, altrimenti viene meno il principio di circolazione egualitaria di quel “bene” e si finisce per privarne altre persone con cui intratteniamo rapporti di amicizia e di idealità. Da giovane ho definitivamente perduto libri che avevo prestato e che non mi sono stati più resi. In età più matura ho continuato a scambiare, mettendo però sull’avviso l’amico lettore di non fare pieghe alle pagine, usando un segnalibro che spesso inserivo io stesso, e in particolare di evitare qualunque tipo di sottolineatura di brani a matita e a penna. Di sottolineature le copie di mia proprietà ne hanno parecchie, ma le ho fatte io, e sempre esclusivamente con una matita rossa.
Qualche giorno fa ho fatto però una spiacevole scoperta. Sono andato in “Carboneria” – nel locale dove di libri ne custodisco una marea – per cercarne uno specifico su Praga. Si tratta di: Due passi per Praga insieme a Kafka del tedesco Klaus Wagenbach, appassionato studioso dello scrittore boemo, perché volevo rivedere alcune delle fotografie in bianco e nero che il libro contiene. Avendo proprio in questi giorni scritto uno strano racconto in cui la presenza di un palazzo in particolare e di alcune case, hanno un loro peso, ho voluto rivedere gli edifici e i luoghi diligentemente censiti da Wagenbach dove Kafka ha abitato nel corso della sua vita, dove ha immaginato le sue storie o gli sono serviti da sfondi e da contenitori. Sfogliando mi sono accorto che mancano delle pagine in due parti del libro, pagine chiaramente strappate e portate via dall’ignoto lettore. Ignoto perché si tratta di una edizione del 1996 e a distanza di 25 anni non sono in grado di ricostruire a quali mani lo avessi affidato e in che periodo. La cosa mi è enormemente dispiaciuta. Pare che questo pessimo vizio sia molto diffuso nei confronti dei libri in prestito presso le biblioteche pubbliche. Considero un atto spregevole quello di strappare, per fini privati, pagine da libri che appartengono a tutti noi. Spesso, mi dicono, le biblioteche non riescono nemmeno a farsi risarcire o ad obbligare chi li ha rovinati, a comprare un esemplare nuovo da sostituire. Chi frequenta biblioteche o legge libri dovrebbe avere una sensibilità più accesa per la loro custodia. Se è vero, come qualcuno si è spinto ad affermare, che c’è qualcosa di speciale in loro; qualcosa che positivamente li contraddistingue. Sarebbe magnifico se fosse davvero così, ma Bertolt Brecht, meno idealista di noi, non ne è molto convinto se ha avuto l’ardire di affermare che i massacratori escono dalle biblioteche. Per lui, dunque, non c’è da avere fiducia né in chi le frequenta, né in chi legge. Non sono pochi, altresì, quanti sostengono che l’istruzione e la cultura non sono affatto strumenti in grado di rendere migliori gli uomini e i loro rapporti sociali. Essere colti e istruiti non sarebbero requisiti sufficienti per divenire necessariamente uomini moralmente onesti, solidali e altruistici. E a ben guardare non hanno del tutto torto: le cronache quotidiane ci ricordano che intere categorie di professionisti di ottimo livello, sono diventate il supporto più efficace per attività illecite e criminali altrimenti impossibili. Il proprio sapere e la propria cultura al servizio di interessi antisociali, disumani e corruttivi. E ancora più grave è scoprire come, a farsene paladini, siano professionisti che si sono affrancati da una antica condizione di inferiorità sociale, molto spesso provenienti da ceti discriminati, e da tradizioni ideali di una certa nobiltà.  Una vera aberrazione. Libri e cultura sono serviti a costoro per divenire identici, nella pratica, a quanti avevano tenuto sottomessi e angariati, se non sé stessi in maniera diretta, certamente le famiglie e le classi dentro cui affondano le loro origini.