DEL PRESTARE I LIBRI E NON SOLO di
Angelo Gaccione
Ho
sempre pensato che prestarsi mutualmente i libri fosse una buona pratica, non
solo per il gesto in sé – indice di fiducia e di liberalità – ma soprattutto
per un fatto di condivisione di idee, sentimenti, ragioni, che lo scambio di un
libro presuppone. Prestare però non equivale ad impossessarsene, a farlo
diventare proprietà personale, altrimenti viene meno il principio di
circolazione egualitaria di quel “bene” e si finisce per privarne altre persone
con cui intratteniamo rapporti di amicizia e di idealità. Da giovane ho
definitivamente perduto libri che avevo prestato e che non mi sono stati più
resi. In età più matura ho continuato a scambiare, mettendo però sull’avviso
l’amico lettore di non fare pieghe alle pagine, usando un segnalibro che spesso
inserivo io stesso, e in particolare di evitare qualunque tipo di sottolineatura
di brani a matita e a penna. Di sottolineature le copie di mia proprietà ne
hanno parecchie, ma le ho fatte io, e sempre esclusivamente con una matita
rossa. Qualche
giorno fa ho fatto però una spiacevole scoperta. Sono andato in “Carboneria” – nel
locale dove di libri ne custodisco una marea – per cercarne uno specifico su
Praga. Si tratta di: Due passi per Praga insieme a Kafka del tedesco
Klaus Wagenbach, appassionato studioso dello scrittore boemo, perché volevo
rivedere alcune delle fotografie in bianco e nero che il libro contiene. Avendo
proprio in questi giorni scritto uno strano racconto in cui la presenza di un
palazzo in particolare e di alcune case, hanno un loro peso, ho voluto rivedere
gli edifici e i luoghi diligentemente censiti da Wagenbach dove Kafka ha
abitato nel corso della sua vita, dove ha immaginato le sue storie o gli sono
serviti da sfondi e da contenitori. Sfogliando mi sono accorto che mancano
delle pagine in due parti del libro, pagine chiaramente strappate e portate via
dall’ignoto lettore. Ignoto perché si tratta di una edizione del 1996 e a
distanza di 25 anni non sono in grado di ricostruire a quali mani lo avessi
affidato e in che periodo. La cosa mi è enormemente dispiaciuta. Pare che
questo pessimo vizio sia molto diffuso nei confronti dei libri in prestito
presso le biblioteche pubbliche. Considero un atto spregevole quello di
strappare, per fini privati, pagine da libri che appartengono a tutti noi.
Spesso, mi dicono, le biblioteche non riescono nemmeno a farsi risarcire o ad
obbligare chi li ha rovinati, a comprare un esemplare nuovo da sostituire. Chi
frequenta biblioteche o legge libri dovrebbe avere una sensibilità più accesa
per la loro custodia. Se è vero, come qualcuno si è spinto ad affermare, che
c’è qualcosa di speciale in loro; qualcosa che positivamente li
contraddistingue. Sarebbe magnifico se fosse davvero così, ma Bertolt Brecht,
meno idealista di noi, non ne è molto convinto se ha avuto l’ardire di affermare
che i massacratori escono dalle biblioteche. Per lui, dunque, non c’è da avere
fiducia né in chi le frequenta, né in chi legge. Non sono pochi, altresì,
quanti sostengono che l’istruzione e la cultura non sono affatto strumenti in
grado di rendere migliori gli uomini e i loro rapporti sociali. Essere colti e
istruiti non sarebbero requisiti sufficienti per divenire necessariamente
uomini moralmente onesti, solidali e altruistici. E a ben guardare non hanno
del tutto torto: le cronache quotidiane ci ricordano che intere categorie di
professionisti di ottimo livello, sono diventate il supporto più efficace per
attività illecite e criminali altrimenti impossibili. Il proprio sapere e la
propria cultura al servizio di interessi antisociali, disumani e corruttivi. E
ancora più grave è scoprire come, a farsene paladini, siano professionisti che
si sono affrancati da una antica condizione di inferiorità sociale, molto
spesso provenienti da ceti discriminati, e da tradizioni ideali di una certa
nobiltà. Una vera aberrazione. Libri e
cultura sono serviti a costoro per divenire identici, nella pratica, a quanti
avevano tenuto sottomessi e angariati, se non sé stessi in maniera diretta,
certamente le famiglie e le classi dentro cui affondano le loro origini.