Come nelle precedenti
lettere certificate inviate alla squadra di governo, trasmesse per conoscenza
ai consiglieri comunali e del Quartiere 1, si propongono testi-stimolo
provenienti dalla maratona oratoria civile avviata il 28 maggio ma ancora in
pieno corso, dato che nuovi contributi arrivano continuamente, anche da
piattaforme web non fiorentine alleatesi all’Oltrarno in questa battaglia (ad
esempio, su Odissea, le testimonianze di Romano Rinaldi, di Giuseppe
Orlando Pozzi, di Marco Vitale). Oggi Idra propone alla giunta le
riflessioni di Lorenzo Orioli, agronomo funzionario di Stato, e di Marco
Massa, architetto, già professore ordinario di Urbanistica. Il
primo denuncia lo svuotamento di Firenze come “risultato di
una politica decennale, pianificata, programmata, di allontanamento dei
residenti, in particolare dal centro storico”. Ma mentre oggi si
dichiara che non si vogliono più resort, “si incrementano gli student
hotels, così che la popolazione non residente sarà comunque sostituita da una
popolazione solo abitante, cioè residente per qualche tempo in più
rispetto al solito turista mordi e fuggi”. Ma la pandemia ha mostrato come
lo svuotamento della città dai turisti l’abbia lasciata “più deserta”. Una
città così, osserva anche Orioli, “perde la sua anima e perde la sua
attrattiva”. Togliere poi la fruizione pubblica dei beni
pubblici per crearne una servitù, come minaccia il progetto che potrà
originarsi dalla variante adottata per Costa San Giorgio, “tradisce il
sistema di bellezza diffusa che è tipico di questa città, della Toscana e dell’Italia.
È la triste indicazione che, ancora una volta, la fruizione del bello è
questione elitaria”. Per di più, “in una città in cui la bellezza
era stata concepita anche per il povero”. Particolarmente efficace
suona la descrizione degli esiti della vera e propria sostituzione
civica che questa cultura urbanistica inevitabilmente determina: “L’operazione
di svuotare la città ha raggiunto il suo obiettivo politico-elettorale: non
avere cittadini residenti vuol dire non accorgersi dei problemi e non avere
opposizione e rappresentanza civica. Nel frattempo, però, si è reso il centro
storico una periferia. Il motto-programma politico di qualche anno fa ‘la
periferia al centro’ si è dunque realizzato”. Marco Massa, da parte sua, di fronte alle conseguenze
prevedibili di una trasformazione “incompatibile con le
caratteristiche sia del complesso che con la situazione ambientale”, che “acuirebbe
gravemente le disuguaglianze nell’uso dello spazio urbano”, affida ad una
precisa proposta operativa la pars construens del
ragionamento: “Sostituire il cosiddetto piano delle valorizzazioni e
alienazioni con un vero piano delle destinazioni per tutte le proprietà
pubbliche, un piano della città pubblica (edifici, spazi, infrastrutture),
in particolare delle proprietà di valore storico culturale, prima che
spariscano del tutto.[…] Questo sarebbe il modo serio, concreto,
trasparente di “valorizzare” il patrimonio pubblico e di
investire nella “cultura” al di là del fumo degli annunci”. “Non cessiamo di attendere da qualche componente di
codesta Giunta - scrive, concludendo, il presidente di Idra - un
segno di attenzione alla campagna di informazione e di coinvolgimento
partecipativo che la scrivente associazione persegue da mesi, apparentemente
inascoltata da Palazzo Vecchio”. Ricordando l’impegno della cittadinanza
attiva “custode della collina che ospita in area Unesco i due ex
conventi, medievale e cinquecentesco, oggetto della massiccia trasformazione
urbanistica prevista dalla variante semplificata adottata il 1° giugno 2020.
Variante sui cui contenuti ben 677 residenti dell’Oltrarno - Quartiere 1. Vi hanno invitato educatamente ad accordare un
dibattito pubblico”. Idra - Firenze LE LACRIME DI COCCODRILLO di Lorenzo Orioli*
Le lacrime di coccodrillo
del Sindaco (vedasi La Repubblica di Firenze del 21 maggio 2021)
espresse per lo svuotamento di Firenze non sono altro che il risultato di una
politica decennale, pianificata, programmata, di allontanamento dei residenti,
in particolare dal centro storico. Un fenomeno in discesa che risale all’inizio
degli anni Ottanta del secolo scorso e che ha fatto perdere alla città, in
venti anni, cioè sino al 2002, circa 91 mila residenti, ed altri circa 15 mila
tra il 2000 e quest’anno. Oggi siamo poco meno di 359 mila. Questo è il
fenomeno. L’epifenomeno è la svendita, anche questa pianificata e programmata,
degli edifici storici in città, di proprietà pubblica... Altre lacrime di
coccodrillo. Mentre infatti si dichiara che non si vogliono più resort, si
incrementano gli student hotels, così che la popolazione non residente sarà
comunque sostituita da una popolazione solo abitante, cioè residente per
qualche tempo in più rispetto al solito turista mordi e fuggi. È questa la
garanzia e l'argine alla svendita e alla rendita? I buchi neri della città, gli
edifici storici di cui non si sa cosa farsene, si alienano e così la città
viene immoralmente deprivata. Nell’ottica che ciò che viene venduto è
definitivamente perso sta l’operazione Costa San Giorgio. Il caso Villa
Basilewsky diventa quasi accessorio a questo sistema di gestione immobiliarista
del patrimonio pubblico, inaugurato qualche consiliatura fa e di cui l’attuale
Sindaco è fedele prosecutore. La pandemia ha però mostrato come lo svuotamento
della città dai turisti ha lasciato la città “più deserta” . Una città così
perde la sua anima e perde la sua attrattiva, anche per quei turisti extra
lusso di Costa San Giorgio. Togliere la fruizione pubblica dei beni pubblici per
crearne una servitù, come è previsto per Boboli e la sua cremagliera, tradisce
il sistema di bellezza diffusa che tipico di questa città, della Toscana e dell’Italia.
È la triste indicazione che, ancora una volta, la fruizione del bello è
questione elitaria. In una città invece in cui la bellezza era stata concepita
anche per il povero (Ospedale degli Innocenti), si capisce che il sistema di
valori che orientano l’attuale amministrazione sono il proprio contrario di
quello spirito che ha permesso la costruzione di piazze, chiese e palazzi: è
tutto quello che oggi si vuole vendere o trasformare in parcheggi, sopra o
sotto terra. Nella città che accoglie il festival dell’Economia
Civile si promuove la rendita, che è immorale, e che va contro i principi
ispiratori di quella stessa economia civile che si vuole promuovere. Un tempo,
all’ipocrisia politica si opponeva un minimo di pudore pubblico, oggi non se ne
ha neanche sentore. L’operazione di svuotare la città ha raggiunto il suo
obiettivo politico-elettorale: non avere cittadini residenti vuol dire non
accorgersi dei problemi e non avere opposizione e rappresentanza civica. Nel
frattempo, però, si è reso il centro storico una periferia. Il motto-programma
politico di qualche anno fa “la periferia al centro” si è dunque realizzato. *Agronomo funzionario di Stato, già docente a
contratto Università di Firenze UNA TRASFORMAZIONE INCOMPATIBILE di Marco Massa*
Anche io credo che la
trasformazione in resort proposta per l’ex caserma Vittorio Veneto sia da
impedire per almeno due ragioni. Perché da un lato rappresenta un esempio emblematico
di quella politica sciagurata perseguita da anni non solo a Firenze attraverso
il cosiddetto “piano della valorizzazioni e alienazioni” che pensa di risanare
la finanza pubblica privatizzando e svendendo il patrimonio pubblico compresi
gli edifici monumentali anziché con una più equa politica fiscale. A Firenze
questa politica ha già fatto perdere molti complessi importanti (ultimo l’ex
Teatro comunale). Dall’altro perché ritengo sbagliato l’intervento proposto,
anche se il complesso non fosse svenduto, ossia la sua trasformazione per la
massima parte in villaggio turistico di lusso. È una trasformazione
incompatibile con le caratteristiche sia del complesso che con la situazione
ambientale per i motivi e con gli effetti negativi già elencati da molti. Tutto ciò acuirebbe gravemente le disuguaglianze
nell’uso dello spazio urbano. È allora inutile che da un lato il comune annunci
roboanti novità di sviluppo degli spazi pubblici nel Piano urbanistico
operativo e chieda i fondi europei (che pur con tutti i limiti pongono la
coesione sociale come requisito indispensabile) se dall’altro nella
pratica liquida gli spazi già di sua proprietà che sarebbero adatti come sedi
di nuovi servizi ad esempio sanitari, come le cosiddette “case della salute”. Invece quello che servirebbe sarebbe sostituire il
cosiddetto piano delle valorizzazioni e alienazioni con un vero piano delle
destinazioni per tutte le proprietà pubbliche, un piano della città pubblica
(edifici, spazi, infrastrutture), in particolare delle proprietà di valore
storico culturale, prima che spariscano del tutto: in quell’ambito si potrebbero
forse selezionare le parti alienabili prive di valore storico-culturale o
urbanistico inquadrandole nelle indicazioni per l’assetto di tutto il sistema,
ma stabilendo anche una effettiva politica di interventi di recupero e di
destinazioni sociali. Qualche esempio sporadico c’è: le Murate sono apprezzate
da tutti. Questo sarebbe il modo serio, concreto, trasparente di “valorizzare”
il patrimonio pubblico e di investire nella “cultura” al di là del fumo degli
annunci. *Architetto, già professore ordinario
di Urbanistica alla Facoltà di Architettura di Firenze