Tra
tecnocrazie e populismi. Il tema della rappresentanza politica Lunedì
14 e Martedì 15 giugno si è svolto (online) un seminario organizzato
dall’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra e dal Centro per la
Riforma dello Stato dall’ambizioso titolo “Rileggere il Capitale”. I
lavori (aperti da Aldo Tortorella e proseguiti con un complesso di oltre 30
interventi) si sono sviluppati attraverso quattro sessioni: “Viaggio al centro
del capitalismo”; “Il mappamondo e la sua geopolitica”; “Tra tecnocrazie e
populismi”; “L’egemonia delle piattaforme sui media”. Nel
corso della sessione denominata “Tra tecnocrazie e populismi” ho cercato di
sviluppare il tema della rappresentanza politica. Ho
così ritenuto utile riproporre il testo dell’intervento che troverete di
seguito. “Quando si discute di democrazia si presentano due corni di un
dilemma: quello della governabilità e quello della rappresentanza (in mezzo ci
stanno la forma di governo, il ruolo del Parlamento, la legge elettorale). In
questa occasione ho scelto di affrontarne uno solo: quello della
rappresentanza.Una scelta che deriva prima di tutto dalla considerazione che il rapporto
che sembra essersi via via stabilito tra tecnica e politica tende a riunificare
governo e rappresentanza nel senso dell’affermarsi dell’idea del “partito di
sistema”, inteso come evoluzione del “partito della nazione”, antica
aspirazione del PD a vocazione maggioritaria. Il
“partito di sistema” rappresenterebbe, infatti, proprio il soggetto di
riunificazione delle tecniche di governo, in modo di porle al riparo dalle
fibrillazioni derivanti dalla mutevolezza della rappresentanza e dagli stessi
esiti elettorali.Per affrontare il tema della rappresentanza propongo allora di sviluppare
un’analisi tendente ad affrontare 4 nodi che mi paiono quelli emergenti nella
“modernità”:
1) il nodo relativo alla
nuova divisione degli equilibri sul piano planetario con il ritorno
dell’atlantismo e l’Europa incerta nelle sue articolate divisioni tra Est e
Ovest e Nord e Sud. Non pare emergere un ruolo dell’Europa nella
ristrutturazione globale e sale il rischio di una funzione di puro e semplice
“traino” da parte degli USA. Sarà soltanto assumendo un preciso indirizzo di
fondo a questo proposito che potrà essere possibile pensare di costruire un
tassello di identità per quella nuova soggettività politica della sinistra, cui
stiamo cercando di lavorare; 2)il “limite etico” da
tracciare rispetto al procedere dell’evoluzione tecnologica. Giustamente,
infatti, si comincia a discutere di necessità di “conversione” e non di
“transizione” rispetto ai grandi temi dell’ecologia e della digitalizzazione.
Una “conversione” richiede una assunzione di responsabilità “radicale”
nell’indicare una adeguata prospettiva politica. Mentre si stanno estendendo i
livelli di sfruttamento all’interno di un processo generale di esponenziale
crescita delle diseguaglianze, si presenta una “complessità di contraddizioni”
altre rispetto a quelle classicamente identificate dallo schema di Rokkan. 3) il terzo punto riguarda
la costruzione di una rappresentanza possibile per le nuove insorgenze sociali.
È già stata ricordata la crescita dei livelli di disuguaglianza, in particolare
a partire dal tempo intercorso dall’inizio dell’emergenza sanitaria. I punti da
analizzare possono essere così riassunti: crescita delle disuguaglianze/
neocolonialismo/ aumento dei punti di confronto bellico/ segnali di vera e
propria “lotta di poveri” tra popoli e all’interno dei popoli. 4) nello specifico del “caso
italiano” salta in evidenza nell’ordine del giorno imposto dall’attualità il
tema di natura costituzionale della forma di governo, ormai tramutata “de
facto” da parlamentare a presidenziale con una dimensione di presidenzialismo
ormai catalogabile come di vera e proprio evoluzione rispetto al tipo di
presidenzialismo che si intendeva affermare (anche come semi-presidenzialismo)
nell’intreccio tra concezione della governabilità quale fine esaustivo
dell’agire politico e perfezionamento della personalizzazione della politica
esaltata dall’introduzione del maggioritario e del pasticciato “bipolarismo
all’italiana”. Si
presenta così una vera e propria necessità: quella di avviare la definizione di
tratti di un’alternativa sistemica, introducendo un’idea di “socialismo della
finitudine” che, dal punto di vista di una possibile forma di rappresentanza
politica deve porsi come idea contrapposta a quella di una tecnocrazia fondata
sulla riduzione del rapporto tra politica e società. In
sostanza il quadro fin qui descritto richiederebbe la costruzione di una
soggettività rappresentativa posta nelle sue forme oltre la semplice
constatazione della crisi delle democrazie liberali e l’evidente insufficienza
degli schemi di una democrazia diretta agita attraverso l’uso del web e posta
in funzione di una presunta decisionalità di massa. Quest’ultimo
aspetto rimane, almeno a mio giudizio, quello da valutare con il massimo
dell’attenzione se ci si intende misurare sul serio con le dinamiche in atto
nel sistema politico italiano. Si
sta discutendo molto nel cercare di porre in luce il fenomeno emergente di una
sorta di arretramento, di ritorno all’indietro, rispetto alle conquiste sociali
dei “30 gloriosi”: poco, invece, si è fin qui riflettuto sulla trasformazione
dei partiti e delle espressioni sociali di mediazione e di aggregazione del
consenso. Partiti
e corpi intermedi nella società occidentale (usando una definizione di comodo)
sono stati trasformati all’interno di un modello di vera e propria riduzione di
senso dell’azione politica.
Ci
sono due punti da analizzare: a) sul piano del pensiero
politico: la costruzione di una visione organica al riguardo del “senso del
limite” da introdurre nell’avanzarsi del processo di inglobamento della
politica all’interno della tecnica (non solo come produzione di norme ma di
vera e propria “ricostruzione di orientamento”); b) il rinvenimento di un
terreno di relazioni sociali su cui costruire una rappresentanza adeguata alla
complessità del conflitto e alla necessità di offrire un’alternativa che non
può essere semplicemente legata alle dinamiche di un quadro politico nazionale. Su
questi punti ma anche su tanti altri elementi sarà necessario porsi in una
dimensione di impegno diretto per uscire da questa dimensione mortificante di
sostanziale incapacità di rappresentanza e di irrilevanza posta sul piano più
propriamente riferito alle dinamiche politiche.