LIMITE ETICO E DARWINISMO POLITICO di
Franco Astengo
Nel
tumultuoso modificarsi del sistema di relazione tra agire politico e mutamenti
sociali imposti dall’evoluzione tecnologica e dal modificarsi del sistema di
relazioni sociali, verifichiamo il sorgersi di un interrogativo spesso
trascurato: “Come conciliare unaforma
di rappresentanza politica tale da rendere effettivamente visibili i cittadini,
i loro bisogni con altre forme di democrazia fondate sulla strutturalità di una
partecipazione politica non mediata dalla rappresentanza degli interessi
sociali?” Le difficoltà della democrazia
liberale derivano per lo più dal ritardo nella capacità di affrontare il tema
del conflitto nella particolarità di una inedita espansione dei comportamenti
sociali.Da
diverse parti, infatti, si è ritenuto che rivolta, ribellione e antagonismo non
dovessero più contrapporsi a priori alla rappresentanza politica costruendo
un'alternativa, ma lottare per un'altra forma e un'altra sostanza come
espressione dei bisogni dei cittadini.In questo modo, nella
definizione di una separatezza tra "democrazia rappresentativa" e
"democrazia diretta" fin qui si è determinato soltanto l'avvio di un
processo di semplice integrazione nei meccanismi del potere. La crisi della democrazia che stiamo
attraversando risulta, inoltre, gravata dal processo di globalizzazione e dalla
crescita di un populismo autoritario figlio dell'emergenza sanitaria.Una
fase nuova in cui la strumentalizzazione dell'emergenza sanitaria ha accentuato
poteri e competenze di governi e regioni stravolgendo i capisaldi del
costituzionalismo democratico intesi come la centralità del Parlamento e la
riserva di legge ha finito con l'evocare lo spettro di una torsione autoritaria
del diritto pubblico.La nostra ricerca deve allora partire dalle classiche
categorie delle istituzioni in crisi, rappresentanza parlamentare e partiti
politici, ponendo attenzione ai "fatti" di un dato storico di un
sistema "europeizzato" e "globalizzato".L'evoluzione
e la crisi dei fondamenti ideologici e dei caratteri originari della
rappresentanza politica sembrano ormai irreversibilmente egemonizzati dal
pensiero "unico" delle teorie (e conseguenti pratiche) ordoliberali e
neoliberiste.Questi processi hanno svelato quel senso di alienazione e
isolamento del cittadino globalizzato, un fenomeno all'interno del quale spicca
quello che è stata definita "proletarizzazione del ceto medio", dal
quale deriva la ricerca sulla disintermediazione politica, che si situa
all'origine dei movimenti populisti. È
necessario contrastare questa deriva che ha aperto la strada ad un mutamento
profondo della forma di governo nel senso di un passaggio verso la subalternità
della politica alla tecnica (la cosiddetta “tecnocrazia) con le scelte
ristrette ad unica possibilità di acquiescenza ad una sorta di “darwinismo
politico”. Per
rendere effettivo questo contrasto occorre porre mano alla costruzione di una
rappresentanza possibile per le nuove insorgenze sociali. E’ già stata
ricordata la crescita dei livelli di disuguaglianza, in particolare a partire
dal tempo intercorso dall’inizio dell’emergenza sanitaria. I punti da
analizzare possono essere così riassunti: crescita delle disuguaglianze/ neocolonialismo/
aumento dei punti di confronto bellico/ segnali di vera e propria “lotta di
poveri” tra popoli e all’interno dei popoli. Il
punto di partenza potrebbe essere rappresentato da una riflessione attorno al “limite
etico” da tracciare rispetto al procedere dell’evoluzione tecnologica.
Giustamente, infatti, si comincia a discutere di necessità di “conversione” e
non di “transizione” rispetto ai grandi temi dell’ecologia e della
digitalizzazione.Una “conversione”
richiede una assunzione di responsabilità “radicale” nell’indicare una adeguata
prospettiva politica. Mentre si stanno estendendo i livelli di sfruttamento
all’interno di un processo generale di esponenziale crescita delle
diseguaglianze, si presenta una “complessità di contraddizioni” altre rispetto
a quelle classicamente identificate dallo schema di Rokkan. Nel periodo della
prima rivoluzione industriale fu ravvisato qualcosa di simile nell’estensione
della democrazia da parte dei nascenti partiti socialisti (diritti sindacali,
di organizzazione politica, libertà di stampa, suffragio universale, sistema
elettorale proporzionale): nell’immediato futuro prossimo in questo XXI secolo
rinvenire la possibilità di tracciare proprio un “limite etico” all’idea di una
trasformazione tecnologica verso la quale il genere umano si pone “a servizio”
potrebbe rappresentare la stessa “molla teorica” che l’estensione del richiamo
sociale della contraddizione capitale/lavoro ebbe nella fase storica appena
richiamata. Nel frattempo la difesa dei principi fondamentali di quella che
abbiamo definito democrazia liberale con al primo posto il principio della
libertà d’espressione può essere individuata come la frontiera della nostra
resistenza. *(Stralcio della relazione svolta al convegno “Cultura
Politica e Crisi della Democrazia, organizzato
dal gruppo “QDR - “Il rosso non è il nero”, Savona
16 luglio 2021).