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domenica 1 agosto 2021

IL SAPUTONE
di Paolo Vincenti

Nato Frascà
Trombettista
 
Fra gli implumi terrestri, il saputone è uno dei più fastidiosi. Credo che nessuno possa sopportare in cuor suo il saccente, il “tuttosalle”, come veniva definito in passato quello che vuole saperla sempre più lunga di noi e spiegarci tutto. Nessuno lo sopporta, anche se il nostro atteggiamento nei suoi riguardi cambia in base ai caratteri: chi è più paziente, tollerante, disposto all’ascolto, riesce a sorbirsi la broscia che il saccente gli fa inghiottire, chi invece è più intollerante e meno disposto al martirio, non si fa scrupolo di liquidarlo su due piedi appena lo incontra o di mandarlo a cagare, come ogni rompiscatole meriterebbe. I tediosi appesantiscono ogni discussione con il racconto delle loro eroiche gesta, avvelenano il miele di un incontro conviviale con il fiele della loro saccenteria. Ché, il più delle volte, la loro non è cultura, ma solo arido nozionismo. A causa del loro difetto, in qualsiasi consesso, campeggiano sugli altri, parlano solo loro, sfiancano gli astanti con tante panzane che, a fine serata, li trovi assisi su quel desco di annoiati, trionfanti e ancora schiumanti nell’orgasmo della propria logorrea. I convitati invece giacciono sulle seggiole riversi, tramortiti dalla gragnola di colpi inferti senza pietà dal cazzone. Succede infatti che chi è davvero colto sia anche schivo, non riesca a farsi avanti, sicché il sapientone continua con la sua sicumera a martellare i coglioni di quei pochi che non sono riusciti a svignarsela per tempo. Chi è davvero colto conosce la dote della discrezione e sarà impossibile vederlo abbassarsi al livello del sapientone. Chi molto sa, poco mostra, e non sgomita per farsi largo, non giustappone l’apparire all’essere, non scalmana per dimostrare. È certo, l’arte del conversare non è prerogativa di tutti, certe volte nemmeno degli uomini saggi e misurati, figurarsi dei pedanti. Ci vuole mestiere, garbo e raffinatezza, nel condurre una conversazione mantenendola nei confini di una “impegnata leggerezza”, del buon gusto. E difatti sono stati scritti vari trattati in materia. Quando per somma ingiuria della sorte, incontro qualcuno di questi maledetti logorroici in qualche luogo di convegno sociale, come il bar, l’edicola, il supermercato, cerco di darmela a gambe, ma spesso quel cane rabbioso mi rincorre e mi assale e allora non c’è modo di svincolarmi dalla sua filippica. Che inopportuni parolai. Quando non sono fluviali, inarrestabili, sono sentenziosi. Comunque sono da evitare.