La città delle cento torri. Il
centro storico di Ascoli Piceno è un luogo splendido che consigliamo a tutti di
visitare a piedi degustando intanto un cartoccio di un'altra opera d'arte: le
olive ascolane, magari accompagnate (o seguite, a seconda dei gusti), dalla
meravigliosa crema fritta, anch'essa leccornia tipica della cucina del
territorio. Qui convivono praticamente tutti i diversi stili della storia
dell'arte, al punto che Jean Paul Sartre, che certo non era portato per facili
complimenti, l’ha equiparata a un libro di storia dell’arte; e possiamo
certamente dire che Ascoli Piceno, come sosteneva la mia insegnante di lettere
del ginnasio, è "uno scrigno di tesori". D'altronde parliamo di una
città più antica di Roma (di cui è stata una provincia non troppo accomodante)
con tracce perfino dell'età paleolitica, con origini egeoanatolitiche come
dimostrerebbe il suo stesso nome, con quella radice AS presente in altre
zone del mondo mediterraneo, con riferimento all'idea di insediamento urbano.
Ascoli è stata edificata in travertino ed è conosciuta come la città delle
cento torri, perché verso la metà
del Trecento ne aveva circa duecento; e qui
troviamo anche bellissime strutture religiose e palazzi nobiliari che
fanno riferimento a una eccezionale varietà di stili: Gotico, Romanico,
Rinascimentale, Barocco…, come ha scritto Guido Piovene, negli anni Sessanta.
Parte integrante della sua straordinaria bellezza, infatti, è rappresentata dai
magnifici palazzi, pubblici e privati, che arricchiscono la preziosità del
centro storico facendo di questo luogo un vero gioiello; e collocati dentro una
rete di stradine che qui vengono denominate “rue”. Dunque.
mentre degustiamo dal nostro cartoccio le irresistibili leccornie che contiene,
continuiamo la nostra passeggiata iniziata percorrendo via delle Stelle,
che corrisponde all'antico camminamento della città e permette di costeggiare
il fiume Tronto; a cominciare dallaPorta
di Borgo Solestà con il suo ponte romano, che corrisponde all'attuale quartiere di Porta Cappuccina. E questa
camminata, inoltre, ci offre anche la possibilità di contemplare il
borgo medievale che da qui vediamo praticamente intatto, come doveva essere quando Ascoli
era un libero Comune.
Il sentiero, il cui fondo è cosparso di sassi antichi e levigati, si dipana,
silenzioso e appartato, in mezzo alla natura, per quasi tutto l’itinerario, a
fianco dei resti delle mura. In dialetto
questo percorso viene indicato con l’espressione
“Rrète li mierghie”, letteralmente “Dietro
ai merli”, che si riferisce ai merli “a coda di rondine”, di
tradizione ghibellina, che sormontavano le mura, costeggiate dalla
strada antica; queste strutture, che oggi non ci
sono più, costruite per difendere la città negli anni di guerra.in tempo di pace venivano utilizzate per
stendere, in modo che asciugassero al sole, i lavori degli artigiani: lane,
sete e broccati preparati dai tintori, così come le pelli
lavorate dai conciatori, attività tipica di questo territorio. Ora, al
posto delle mura, troviamo, come parapetto, un muretto da cui possiamo ammirare
lo scorrere del fiume, in basso, e la vegetazione, cresciuta liberamente sulle
sue sponde, alte sull’acqua. Dalla parte opposta possiamo vedere un agglomerato
di piccoli edifici (o di loro resti) caratteristici del Medioevo, sia
abitazioni che botteghe e torri, legate al periodo comunale di Ascoli.
Da
questa posizione possiamo scorgere squarci di un panorama suggestivo e, con la
sensazione di essere fuori dal tempo, vediamo di fronte a noi tante costruzioni
in travertino, materiale con cui è stata edificata la città; e tetti, ingressi
di case e porte di botteghe un tempo piene di vita e di attività, che testimoniano
un passato ricco e fiorente. Sull’altra riva lo
sguardo, passando sopra la folta vegetazione cresciuta quasi selvaggiamente,
che incastona il letto dove scorre il Tronto, può spaziare liberamente e
arrivare fino all’incantevole veduta del Ponte Romano, costruito
anch’esso con il travertino, nel periodo augusteo. Questo viaggio affascinante ci porta alla fine all'ex chiesa di Santa Maria
delle Stelle, da cui la strada prende il nome e che, dopo un tormentato
percorso, divenne una struttura privata che, ristrutturata, è oggi un laboratorio
tecnico-artistico a disposizione dei cittadini. Da qui, dopo una breve sosta
nella serenità del luogo, torniamo indietro lentamente; e, ripercorrendo la
stessa strada all’inverso, possiamo riaprire il nostro cartoccio chiuso
ovviamente per la visita alla chiesa/atelier e continuare il nostro piacevole
spuntino mentre godiamo di nuovo della splendida vista sulla città medievale
dal lungofiume.
Per raggiungere poi nuovamente
Borgo Solestà, e il suo ponte romano, che
ci porta all’inevitabile ingresso per chi arrivava
qui nei tempi antichi: piazza Ventidio Basso,uno dei luoghi più interessanti e
affascinanti di Ascoli, in passato sede di un attivissimo mercato legato
all’artigianato tessile locale e alle sue relative attività commerciali;
dunque, un punto fondante della vita cittadina. Si
tratta di uno spazio impreziosito da chiesemagnifiche, come Ss. Vincenzo e Anastasio, con la sua particolare facciata, suddivisa in
sessantaquattro riquadri (unica in Ascoli, ma caratteristica della scuola
architettonica umbra ed abruzzese, nel Medioevo), e latorre svettante al di sopra. Avanzando da
qui, accanto alla trecentesca (con molti
apporti successivi, però) chiesa di S. Pietro Martire, che fa da sfondo, su via delle Torri,
incontriamo il teatro dei Filarmonici; l'altro teatro storico, il Ventidio Basso, lo incontreremo più tardi sul nostro
percorso.
Prima vogliamo raggiungere Piazza Arringo,
percorrendo tutta via delle Torri e fermandoci a piazza San'Agostino,
dove ci incanta la chiesa omonima con il suo stile romanico-gotico, la
particolarità dell'inversione della pianta che mostra un insolito asse (XV
secolo), la facciata rinascimentale e, all’interno, apporti barocchi, ora in
parte eliminati. Di fronte le due torri gemelle del XII sec., uniche rimaste,
ora inglobate nel palazzo Merli; vicino si trova il Museo di Storia naturale “Antonio Orsini”, che
è inserito nel polo permanente dei Musei della Cartiera papale, il cui percorso storico è inestricabilmente
legato al territorio. Percorriamo via della
fortezza e via Dino Angelini e, a questo punto, dovremo
necessariamente fare una meritata sosta per riposarci e rinfrancarci con una
bibita e, soprattutto, con gli irresistibili dolci tipici: il frustingo (con fichi secchi), le castagnole
all'anisetta, la cicerchiata (con miele e anisetta), i raviolidolci
(con castagne o ricotta) e la tipica zuppa inglese (qui chiamata “Pizza
dolce”. E, alla fine, naturalmente, un buon
caffè. Poi, recuperate forze, energie e motivazioni, eccoci in piazza Arringo
(o dell'Arengo), la più importante di Ascoli, quella che forse ne
rappresenta meglio la storia di libero comune; qui, in effetti, si tenevano le assemblee (arringhi, arenghi o arringhe) dei cittadini che si riunivano per discutere e decidere.
In questa zona si trovano anche alcune delle più interessanti costruzioni della
città: il palazzo dell’Arengo (fine del XII secolo), che ospita la Pinacoteca Civica; il duomo di
Sant’Emidio (la cattedrale, dedicata al patrono), edificato su un edificio
romano, come il contiguo battistero di San Giovanni; il palazzo
Vescovile, con il Museo Diocesano; palazzo Panichi, dove è
collocato il MuseoArcheologico.Poi imbocchiamo corso
Trento e Trieste lasciandoci, a sinistra, via dei Tibaldeschi con la
sua pavimentazione in lastroni e, a destra, via della Giudea, in una
posizione strategica nel centro cittadino e caratterizzata dalla presenza di
negozi e locali storici; e con una gradevole passeggiata,
costeggiando e ammirando alcuni dei palazzi più belli della città possiamo
arrivare avia del Trivio, vicino Piazza del Popolo; qui troviamo il teatro Ventidio Basso. Entriamo
a
vedere il Chiostro Maggiore di San Francesco, che è
parte, con il Chiostro Minore, del complesso architettonico dell’omonima
chiesa. Ogni giorno feriale, in questo luogo si tiene il mercato delle erbe; di
conseguenza il posto viene chiamato Piazza
della Verdura o Piazza delle erbe.
La
sera precedente la Quintana di agosto, dallo spazio antistante il
Chiostro, dalla parte di Via del Trivio, muove uno dei cortei storici della
rievocazione che raggiunge il sagrato della cattedrale dove ha luogo la
cerimonia dell'Offerta dei Ceri.
Costeggiando la chiesa, a sinistra, e sbucando così nel luogo più famoso della
città, possiamo ammirare la facciata in tutto il suo splendore romanico-gotico,
al centro dello scenografico panorama di piazza del Popolo, cuore della
città dal Rinascimento in poi, così come lo era stata anticamente Piazza Ventidio Basso.
Le sue perfette proporzioni, inquadrate dalle magnifiche costruzioni che la
delimitano, rappresentano e concretizzano i canoni degli architetti
rinascimentali che si ispiravano all'opera di Vitruvio; uno scenario
indimenticabile che incanta chiunque abbia la fortuna di vederlo almeno una
volta. Qui sorge anche il medievale Palazzo dei Capitani del Popolo, con
la sua merlata torre gentilizia. Il pavimento della piazza è
ricoperto con lastre di travertino che hanno subito un processo di lucidatura
che lo rende particolarmente lucente e assume, in caso di pioggia, un
singolarissimo effetto riflettente.
Nelle vicinanze si trova la fonte dei
leoni (ormai invecchiati), ma conosciuta come fontana dei cani, che
hanno facilità ad abbeverarsi, per via dell’altezza. In piazza del Popolo,
salotto della città, è molto conosciuto lo storico Caffè Meletti, in un
raro stile liberty marchigiano, che può vantarsi di aver avuto fra i suoi
frequentatori Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Ernest Hemingway, Giani Stuparich, Pietro Mascagni, Beniamino Gigli
e Mario Del Monaco, Licini e Guttuso; e ancora: Piovene, Soldati, Eduardo De
Filippo, Saragat e Pertini. In questo locale, dalla cui terrazza si può
ammirare tutta la piazza, diverse volte sono state girate scene di film poi
diventati famosi; e si beve l’anisetta, un liquore a base di anice preparato
secondo la ricetta messa a punto da Silvio Meletti, nella seconda metà
dell’Ottocento; la specificità del celebre locale ascolano è l'anisetta con la mosca, un chicco di caffè tostato
nel bicchiere. Si racconta che piacesse molto a Trilussa che, in effetti, ha
scritto “Quante favole e sonetti m'ha ispirato la Meletti”. Fuori dal centro troviamo un altro luogo interessante e
panoramico: il Colle dell’Annunziata con il Teatro Romano, sede di molti
spettacoli e, forse, anticamente punto di raccolta per le province che
combatterono la guerra sociale contro Roma. Qui è il Parco
della Rimembranza dove possiamo ammirare il convento dell’Annunziata
(XV-XVI) al cui interno troviamo un affresco di Cola dell’Amatrice, uno degli
artisti che hanno frequentato questa città, come Carlo Crivelli, che qui ha
vissuto a lungo ed è morto. Al di sopra la fortezza Pia (1560). Ogni
anno in Ascoli si celebra la giostra medievale della Quintana con tornei
cavallereschi, in due date durante l'estate. Ogni manifestazione è completata
da uno straordinario corteo di personaggi in costumi d'epoca; un’esperienza
molto suggestiva che è arricchita anche da altri spettacoli, come quello
costituito dagli sbandieratori.
Questa
città (e la sua provincia), così bella e ricca di arte, di storia, di cultura, è,
inoltre, medaglia d'oro della resistenza; infatti il 12 settembre 1943,
all'arrivo dei tedeschi, i militari e la popolazione di tutto il territorio
ascolano insorsero e il 3 ottobre i partigiani, tra i primi e venuti anche da
altre parti d'Italia, si batterono coraggiosamente sul Colle San Marco contro i
nazisti, meglio armati e organizzati, con molte vittime tra i giovani volontari
che combattevano per la libertà, l’unica guerra accettabile.