Un giorno di qualche anno fa, i
miei figli guardavano “I Simpson” in tivù. Il lercio protagonista Homer al
solito si ingolfava di birra e quando all’ennesimo rutto mio figlio Filippo
prorompeva in una grassa risata, l’altro figlio, Giacomo, gli diceva: “ma lo
sai che noi oggi conosciamo la birra grazie agli inglesi? L’hanno inventata fra
Mesopotamia ed Egitto più di cinquemila anni fa, ma fu all’epoca dei Romani che
venne importata in Italia dalla Britannia”. Mentre Giacomo faceva sfoggio di
erudizione, a danno del fratello minore, io seguivo sull’altro televisore i
commenti sulla “Brexit”, cioè l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa decisa
dal referendum popolare del 23 giugno 2016. In effetti, nell’83 d.C. la birra,
conosciuta dai Celti e dai Germani, arrivò a Roma importata da Agricola,
governatore della Britannia, il quale portò con sé tre mastri birrai da Glevum
(l’odierna Gloucester) che insegnarono ai romani a produrre la bevanda e a
venderla. Nell’antichità però la birra non era composta di luppolo. Il liquido
veniva creato con diversi cereali come l’avena, l’orzo, il frumento, e
fermentato con aromi vari. Fu solo a partire dal IX secolo d.C. che si iniziò
ad usare il luppolo ma fu propriamente nel XIII secolo che la birra col luppolo
venne perfezionata nei paesi della Germania e divenne una bibita amatissima ed
esportata in tutto il mondo.
“L’ Inghilterra non ha
nulla a che fare con l’Europa. Col suo naso appuntito verso il polo e le sue
alture bianche sul mare mostra chiaramente di non voler appartenere al
continente. L’Europa non è per lei che una di quelle parti del mondo dove le
conviene trafficare, dominare e, se occorre, combattere. Tutte le terre per
lei, pari sono. Non è in comunione con l’Europa e neppure con gli altri
continenti. Non è solidale con nessuno… la menzogna non è soltanto, per il
popolo inglese, un’arma da guerra ma la natura stessa, la sua essenza, la sua
forza e insieme la sua debolezza. Si vanta, ad esempio, di essere il paladino
del liberalismo mentre ognuno sa che è governato da una ristretta oligarchia
formata dai relitti dell’antica nobiltà guerriera e terriera e dai campioni
della recente aristocrazia banchiera e manifatturiera. Si vanta di essere un
popolo pacifista mentre poi reprime ferocemente le rivolte dei sudditi…
proclama di essere cristiano mentre la sua religione non è che un gelido
fariseismo o un falotico ereticismo. Ritiene di essere idealista mentre è
l’archetipo dei popoli mercatori e bottegai… si atteggia a moralista e puritano
ma la sua pudicizia verbale e la sua schizzinosità filistea ricoprono una
corruzione assai maggiore di quella dei più malfamati paesi… l’ipocrisia non è
dunque una leggenda… L’Inghilterra, più degli altri popoli, è quasi immedesimata
colla finzione. Il popolo inglese è talmente avvezzo alla simulazione che non
si accorge più di mentire. E ben gli conviene essere alleato col dio Mercurio
che era, ad un tempo, il protettore dei mercanti e il patrono dei bugiardi”.
Chi scrive è Giovanni Papini (in La spia
del mondo, Vallecchi, 1955). Questa tirata anti britannica da parte dello
scrittore fiorentino fotografa bene quelli che sono gli stereotipi ai quali
ancora oggi pensiamo quando guardiamo al popolo inglese. Varie erano le
opinioni della politica inglese riguardo la Brexit, tanto che si giunse ad un
referendum, fra il Remain, cioè
restare in Europa, e il Leave, cioè
lasciare l’Europa, e quest’ultima posizione ottenne il 51, 90% dei voti,
vincendo. Del resto, la Gran Bretagna, a suo tempo, non aveva accolto con
favore l’ingresso nella Ue e dal punto di vista monetario è sempre rimasta
fedele alla sua divisa nazionale, ossia la sterlina. I malumori crescenti nei
confronti delle politiche europee, un sano nazionalismo di cui il popolo britannico
certo non difetta, i drammatici accadimenti di questi tempi, come le massicce
ondate di immigrazione che hanno coinvolto tutta Europa, una agguerrita
campagna stampa da parte del partito Ukip col suo leader Nigel Farage, tutto
ciò ha portato al risultato del referendum del 2016 a favore della Brexit.E così, la “perfida Albione” ha confermato
quella vena di snobismo che da sempre le attribuiamo. “L’inglese è talmente
superbo”, scrive ancora Papini, “che considera tutti gli altri popoli come
armenti di esseri subalterni, semiselvaggi o semibarbari, coloured people, poco al di sopra degli animali... L’inglese
manifesta il suo orgoglio connaturale e spontaneo col suo contegno stesso, col
suo modo di trattare e di fare, con la tranquilla altezzosità verso tutti gli
altri, con la fanciullesca compiacenza della sua grandezza e della sua
perfezione”.
Gli inglesi festeggiarono in piazza il risultato del
referendum, ingozzandosi di birra. Torme di giornalisti sguinzagliati per le
strade intervistavano a manetta il fruttivendolo e il macellaio, il professore
e l’analista di borsa, la casalinga e il politico, insomma una buona
rappresentanza del popolo inglese. Ognuno diceva la propria, ma prevaleva
nettamente il sentimento di gioia, quasi di liberazione. E tutti ci bevevano
su, allegramente. Ora, a distanza di qualche anno, mi ritorna in mente questo
importante evento di politica estera perché si apprende dai mezzi di
informazione che l’Inghilterra versi in un grave disagio, a causa del rincaro
dei combustibili e della penuria di approvvigionamenti, cosa che ha costretto
milioni di automobilisti a lunghissime code davanti alle stazioni di servizio,
con non poco imbarazzo del governo e in particolare del Premier Boris Johnson,
il cui indice di popolarità è dato in netto calo nei sondaggi. La domanda sorge
spontanea, allora: è stata davvero una liberazione quella della Gran Bretagna
dal giogo della cosiddetta Troika? Dalle presunte vessazioni della Comunità
Europea? La paura e la rabbia di fronte alle ondate di immigrati che si sono
registrate negli ultimi anni hanno annebbiato la vista dei britannici? Certo,
l’inglese medio pensa che gli extracomunitari, soprattutto romeni e polacchi,
rubino il lavoro agli isolani e accettando paghe più basse facciano concorrenza
sleale agli inglesi stessi, per questo chiedono che si chiudano le frontiere
agli stranieri. Né più né meno di quello che sta avvenendo in tutti i paesi
europei, compresa l’Italia. E tuttavia nessun paese europeo chiede l’uscita
dalla Ue. Evidentemente, a pesare nella scelta degli inglesi a favore della
Brexit - una scelta trasversale, che ha coinvolto il popolo minuto e
l’establishment, gli operai e i grandi finanziari e imprenditori, l’artigiano e
l’analista di borsa, la stampa e i media -, è stato qualcosa di più, ossia la
delusione e la protesta nei confronti delle deludenti politiche interne attuate
dagli ultimi governi conservatori. L’Inghilterra comunque, nel 1400, dalla birra di malto si
convertì alla birra di luppolo perché il maggiore tasso alcolico procurava alla
bevanda una maggiore attrattiva, conferendole un gusto più forte, deciso. Nelle
immagini dei tg, al momento dell’uscita, i baldanzosi britannici sbevazzavano,
scalmanando come satiri e folli menadi fra le strade di Londra, Manchester,
Liverpool, Nottingham. Tuttavia, si ha l’impressione che quella sia stata una
sbandata collettiva, come un brutto sogno. Oggi, dopo aver smaltito la sbornia,
e completata ormai la lunga fase di negoziazione con la Ue e a transizione
avvenuta, i britannici si stanno accorgendo che non basta una bevuta per
dimenticare i guai.