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lunedì 4 ottobre 2021

IL PESO DELLE PAROLE
di Angelo Gaccione


 
Si dice che le parole sono pietre: possono essere pesanti come macigni e anche ferire a morte. Occorre dunque farne buon uso e usarle con la dovuta attenzione. Questo non significa che dobbiamo autocensurarci nei confronti di criminali, stupratori, mafiosi, inquinatori, ladri, corrotti e altra genia: tutt’altro. Dire sempre pane al pane è un obbligo morale per chi scrive, e serve a ribadire una linea di demarcazione chiara fra costoro e quanti ne avversano i comportamenti nocivi e le pratiche nefande. Il silenzio o la reticenza, in questi casi, possono apparire ambigui o conniventi. Sappiamo che i fautori di ideologie totalitarie, disumane e razziste, non si fanno scrupolo alcuno nell’usare le parole come strumento di esclusione, di emarginazione, di scarto. Tutto questo fa parte della loro visione di mondo che si innerva in una cultura basata sul principio di disuguaglianza fra gli esseri umani, l’inferiorità di classi, gruppi o etnie, l’insopportabilità dell’esistenza di soggetti che il loro credo religioso ritiene di dover cancellare o sottomettere perché la tradizione ha finito per farne una regola diffusamente accettata. Dall’impiego di parole svalutative fortemente discriminanti alla pratica della persecuzione e alla soppressione vera e propria, il passo è breve. Si tratti di omosessuali o di donne, poco importa. Il nazismo, il comunismo, l’islamismo, il cristianesimo, ecc. ne hanno dato prove incontrovertibili in passato, e ne danno prova anche in questo secolo così ultra-scientifico, supertecnologico, interconnesso e da villaggio globale, come si diceva una volta. Questo avviene nelle stesse comunità dell’Occidente influenzate dai dettami della Rivoluzione francese e dai Diritti dell’uomo. In qualsiasi capitale europea può capitare che un omosessuale venga apostrofato con parole ingiuriose, o aggredito perché tale, da giovani che dovrebbero aver maturato una concezione più tollerante e meno conformista dei loro nonni e genitori. Stiamo parlando di luoghi dove la democrazia ha messo da tempo solide radici, non di regimi autoritari e di teocrazie. Tuttavia, fa impressione che episodi inqualificabili di tale natura possano verificarsi ed essere tollerati in paesi come la Russia, che pure ha avuto la sua egualitaria Rivoluzione del 1917 e una chiesa ortodossa di una certa fraternità. E fa ancora più impressione vederli in nazioni fervidamente religiose e che hanno continuamente il nome di Allah sulla bocca. Che al peso delle parole si presti pochissima o nessuna attenzione, lo si può facilmente verificare negli Stadi con gli adulti, o su qualsiasi campetto dove si disputano semplici partitelle fra adolescenti. “Ti cavo gli occhi!” ho sentito urlare dalla bocca di un ragazzino che non avrà avuto dieci anni, ad un altrettanto giovane avversario sul campetto di un oratorio. Il mio pensiero è volato subito ai tanti anziani che ho incontrato nella sala d’attesa di un oculista, per farseli proteggere i loro occhi. Magari proprio per poter continuare a riempirseli con le immagini amate dei loro amati nipotini, divenuti, come questo nostro tempo, sempre più spietati.