Noi ci battiamo perché gli infortuni e i morti sul
lavoro e di lavoro non vadano mai in prescrizione e siano considerati crimini
contro l’umanità. Lotte operaie e popolari,
verità storica e verità giuridica. La nostra storia per molti aspetti è simile a quella
dei lavoratori di Porto Marghera, della Thyssen Krupp, dell’Eternit di Casale
Monferrato, della Fibronit di Broni (Pv), dell’Ilva di Taranto e di moltissime
altre fabbriche. È simile anche nelle responsabilità d’imprenditori senza
scrupoli, di padroni e istituzioni complici di un sistema industriale
capitalista che favorendo il profitto a scapito della salute della vita umana
hanno avvelenato interi territori condannando a morte anche le future
generazioni. È simile nelle responsabilità dei vertici aziendali,
che sapevano in anticipo di questi omicidi annunciati e dei crimini ambientali
provocati, dal cloruro di vinile monomero alla Montedison, dall’amianto, cromo
e altre sostanze cancerogene all’Ilva, all’Eternit, alla Fibronit e alla Breda
e nulla hanno fatto per impedirli. Il killer in Breda e nelle fabbriche di Sesto San
Giovanni si chiamava amianto, ma anche, cromo, nichel, arsenico, piombo e altri
ancora. La nostra esperienza di lotta nasce e si sviluppa a
Sesto San Giovanni (Milano), una delle più grandi concentrazioni operaie
italiane. L’ex Stalingrado d’Italia è stata e continua a essere
una delle città più inquinate d’Europa. Anche oggi che i 42.000 posti di lavoro
delle sue fabbriche sono stati eliminati, continuano a persistere gravi problemi
ambientali con danni alla salute dei lavoratori e alla popolazione.
Una delle parole d’ordine che abbiamo sempre sostenuto
in fabbrica fin dagli anni ‘70 è stata: “La salute non si paga – la nocività si
elimina”, scontrandoci con il padrone (che dava la paga di posto più alta per i
lavori nocivi e mezzo litro di latte), il sindacato che barattava salario e
salute, alcuni sindacalisti sul libro paga del padrone, e anche alcuni nostri
compagni di lavoro che vedevano nell’indennità di nocività la possibilità di
arrotondare il salario (anche se di poche lire) senza essere coscienti
pienamente dei pericoli per la salute. Nei primi mesi del '94 dopo essere stati espulsi dalla
fabbrica con la cassa integrazione in 800, abbiamo organizzato e partecipato
attivamente all'occupazione di Cascina Novella, a Sesto San Giovanni, un posto
abbandonato nel cuore del quartiere adiacente all'area Breda, da anni luogo di
spaccio di droghe varie. Abbiamo cercato di trasformare Cascina Novella in
spazio d’incontro dei cassintegrati e dei disoccupati dell’area di Sesto San
Giovanni. La storia di "Cascina Novella Occupata" è
stata veramente interessante per la sua capacità di aggregazione di lavoratori
e di giovani, oltre che per il coinvolgimento degli abitanti del quartiere
solidali con gli operai. Dopo più di tre anni di attività Cascina Novella (nel
frattempo ripulita e resa parzialmente abitabile a spese degli occupanti) e
conosciuta come il “fortino dei cassintegrati”, sarà sgombrata nell'estate '97
dalle Forze del “disordine”, per incarico di un’Amministrazione Comunale di
"sinistra" infelice e ingrigita; che però in seguito sarà costretta
dalle lotte a promettere e infine concedere una nuova sede. Ed è così che dalle ceneri di Cascina Novella nasce
l'esperienza del Centro di Iniziativa Proletaria di via Magenta 88 a Sesto San
Giovanni, alle porte di Milano, il cui primo volantino merita di essere
riprodotto almeno in parte. La nostra storia inizia il 23 aprile 1994, quando un
gruppo di cassintegrati delle storiche fabbriche di Sesto (Breda, Ansaldo,
Marelli ecc.), dopo aver inutilmente chiesto a varie istituzioni una sede per
le loro riunioni, occupano una cascina abbandonata in viale Marelli 225.
Questi lavoratori, sfruttati per anni in nome del
profitto e poi espulsi dal ciclo produttivo perché considerati
"esuberi", hanno aperto un centro di aggregazione operaia, strappando
al degrado Cascina Novella, recuperando quello spazio al quartiere e rendendolo
pulito e agibile per le più svariate iniziative. Con quell’occupazione, il Coordinamento Cassintegrati
Milanese ha dato alla sua lotta per il lavoro un significato più ampio,
coinvolgendo giovani, disoccupati, studenti, pensionati nel progettare assieme
uno spazio di ricomposizione di classe e d’iniziativa proletaria. In più di tre anni in Cascina Novella sono state
promosse centinaia d’iniziative, dal sostegno alle lotte per il lavoro, ai
dibattiti sulle questioni internazionali, sulla salute e la prevenzione, all'assistenza
legale gratuita, alla compilazione della dichiarazione dei redditi, alle feste
per i bambini, alle cene popolari con spettacoli musicali e teatrali, ecc. Momenti, questi, importanti per riaffermare una
pratica di partecipazione diretta, di critica dell'esistente, di messa in
discussione della società del profitto, che tutto mercifica, dalla socialità
alla salute, alla vita umana stessa. In tale senso abbiamo organizzato la
lotta, vittoriosa, insieme a tanti abitanti di Sesto, contro la chiusura del
Pronto Soccorso e dell'ospedale, perché riteniamo che la salute non sia una
merce, perché riteniamo inaccettabile che qualcuno arricchisca a spese di chi
si ammala. A maggior ragione abbiamo fin da subito sostenuto la
battaglia degli ex-operai della Breda e di altre fabbriche ammalati di cancro a
causa della nocività in fabbrica, ospitando il Comitato per la Difesa della
Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio e appoggiandoli nelle loro lotte;
cosa che continueremo a fare nella nuova sede di via Magenta, nella quale
questi operai continueranno a riunirsi. Nel 1996 - a conclusione di un’inchiesta e di
un’analisi che portò alcuni operai a collegare le lavorazioni effettuate in
fabbrica con l’insorgere di molti tumori fra i lavoratori della Breda Fucine di
Sesto San Giovanni - è nato il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi
di Lavoro e nel Territorio che, da allora, si sta battendo per ottenere
giustizia per i lavoratori morti, i loro familiari, i malati e quanti si
ammaleranno, purtroppo, nel futuro.
Anni di “sacrifici” non hanno evitato lo smembramento
della fabbrica, la cassa integrazione e la chiusura della Breda. Lo stesso processo è avvenuto nelle altre fabbriche
sestesi, con la chiusura della Falck, dell’Ercole Marelli, della Magneti
Marelli, dell’Ansaldo e di tutte le altre grandi fabbriche. Molti lavoratori, oltre a quelli della Breda, hanno
avuto la salute rovinata e perso la vita. Il 3 giugno 1999, a 54 anni muore Giambattista
Tagarelli, un compagno con cui abbiamo condiviso anni di lotte. Gianni, com’era
chiamato dagli amici, è stato uno dei fondatori del nostro e per anni è stato
esposto e ha respirato fibre d’amianto e altre sostanze cancerogene in
fabbrica, da allora la nostra sede si chiama Centro di Iniziativa Proletaria
“G: Tagarelli”. E’ in questa situazione che si colloca la nostra
lotta. Dopo anni di battaglie, 19 denunce archiviate e oltre
130 lavoratori uccisi dal killer amianto, il primo processo che ha portato sul
banco degli imputati due dirigenti della Breda è finito con l’assoluzione dei
dirigenti imputati. Dirigenti che, come alla Montedison, alla Fincantieri e in
tante altre fabbriche, tutto sapevano e nulla hanno fatto per evitare centinaia
e centinaia di morti annunciate. In un secondo processo i dirigenti sono stati
condannati a 18 mesi, ma il giudice concedendo le attenuanti generiche ha fatto
si che il reato si estinguesse per intervenuta prescrizione e così è scattata
l’impunità nei confronti di 9 dirigenti della Breda/Ansaldo condannati per
omicidio colposo e la beffa per le vittime. Così, pur essendo stati riconosciuti colpevoli,
nessuno di loro ha pagato. In Italia chi uccide i lavoratori in nome dei bilanci
aziendali salvo casi particolari rimane, impunito. L’unico diritto riconosciuto
è quello di fare profitti, a questo sono subordinati tutti gli altri “diritti
umani”. Le leggi, le norme, una giustizia di classe che protegge in ogni modo i
padroni, un intero sistema economico, politico e sociale fondato sul
capitalismo fa sì che la salute e vita umana, davanti ai profitti, passino in
secondo piano. Questa è la verità storica che emerge e la “verità
giuridica” diventa una chimera, perché riconoscere questi fatti,
significherebbe mettere sotto accusa un intero sistema industriale, quello
stesso sistema che oggi produce 1000 morti sul lavoro, migliaia di morti per
malattie professionali e un milione di infortuni ogni anno.
La nostra lotta ci ha fatto comprendere che non
esistono istituzioni neutrali. Ha dimostrato a molti lavoratori che la frase, scritta
nelle aule dei tribunali italiani “la legge è uguale per tutti” non corrisponde
a verità. In questa società chi non ha soldi non può neanche far valere le sue
ragioni. Anche se in alcuni casi la lotta dei lavoratori e la
pressione dei cittadini, ha contribuito a far condannare i padroni come alla
ThyssenKrupp o all’Eureco di Paderno Dugnano (Mi), dove il padrone fu
condannato in Cassazione a 5 anni di reclusione per l’omicidio colposo di
quattro operai bruciati vivi, altri tre feriti gravemente, molti, troppi,
tribunali hanno emesso sentenze assolutorie verso i padroni, sostenendo che
“uccidere i lavoratori in nome del profitto non è reato”. In questo senso noi
critichiamo anche sentenza della Corte di Cassazione che - pronunciandosi sui
sette operai morti bruciati sul lavoro il 6 dicembre del 2007 alla ThyssenKrupp
di Torino - ha eliminato il “dolo” riducendo la responsabilità’ dei dirigenti
industriali al solo ‘omicidio colposo. Più volte la Cassazione ha riproposto una tesi che noi
combattiamo da sempre, quella che i morti sul lavoro e le malattie
professionali sono inevitabili. Noi come tutte le associazioni e comitati che
si battono nelle fabbriche nelle piazze e nel territorio abbiamo il dovere di
presentarsi parti civili nei processi proprio contro questa tesi. Non è un caso che questa tesi sia passata nel processo
ThyssenKrupp. In questo processo era rimasta come parte civile solo Medicina
Democratica perché i sindacati (FIM, FIOM, UILM, CUB) e gli enti pubblici
(Comune, Provincia, Regione, INAIL) dopo essere stati risarciti e aver preso
soldi sono usciti dal processo. Contro questo noi continueremo a lottare, fuori e
dentro le aule dei tribunali, perché vogliamo e pretendiamo giustizia. Pur essendo coscienti di andare contro interessi
economici giganteschi, contro una società che vive e prospera mettendo il profitto
prima degli esseri umani, noi non ci arrendiamo. Noi ci battiamo perché gli infortuni e i morti sul
lavoro e di lavoro non vadano mai in prescrizione e siano considerati crimini
contro l’umanità. Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli” Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di
Lavoro e nel Territorio Via Magenta 88 – 20099 Sesto San Giovanni (Mi) telefax
02. 26224099 mail: cip.mi@tiscali.it http://comitatodifesasalutessg.jimdo.com https://www.facebook.com/cip.tagarelli/