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martedì 30 novembre 2021
POZZO DEI DESIDERI
Tribuna Libera
MEDICINA E LAVORATORI
Protesta per i bambini colpiti da tumore
a Taranto
La scienza, la medicina, la giustizia sono neutrali,
al di sopra delle parti o al servizio del potere? Ecco alcune semplici
riflessioni.
Il profitto è la molla, il
fondamento e l’obiettivo di tutta la società capitalista. Per i borghesi, i
padroni, il profitto viene prima di tutto, prima della salute e della vita del
proletariato e delle masse popolari. Pagare gli scienziati, i tecnici, per
ricerche finalizzate a realizzare il massimo profitto in ogni campo economico
della società e una delle spese necessarie per il capitale.
Nello stesso tempo ostacolare, nascondere gli studi di
scienziati indipendenti, senza conflitti d’interessi, sulla salute, sugli
inquinanti e cancerogeni, sulle malattie, è da sempre l’obiettivo dei padroni
delle industrie multinazionali e della società capitalista/imperialista.
La scienza e la medicina del capitale sono funzionali
alle esigenze e agli interessi del sistema. La storia dell’amianto e del
cloruro di vinile monomero che tanti morti hanno causato, lo dimostrano. L’amianto
e le fibre da cui è composto, come altri cancerogeni, uccidono. L’asbesto è un
killer che non perdona ed è direttamente collegato all’insorgenza del
mesotelioma della pleura e del peritoneo e di altri tipi di cancro, fra i quali
al polmone e alle vie respiratorie. La vicenda dell’amianto che produce
migliaia di morti ogni anno dimostra il cinismo, il crimine di chi in nome del
profitto ha mandato consapevolmente a morte decine di migliaia di lavoratori e
cittadini.
Gli studi sulla sua pericolosità risalgono a primi
anni del 1900 quando in Gran Bretagna furono approvate le prime leggi che
prevedevano il monitoraggio della salute dei lavoratori e i risarcimenti per
chi si ammalava.
a Taranto
L’uso dell’amianto che ha arricchito le multinazionali e i padroni di tutto il mondo hanno causato una strage di lavoratori e cittadini dimenticata da tutti i governi caduta nell’oblio che continua. Ancora oggi l’amianto uccide, solo in Italia ogni anno le vittime sono 6000, 16 al giorno quasi 2 ogni ora. L’amianto è un cancerogeno che non provoca solo il mesotelioma, il tipico tumore d’amianto, ma anche un’altra decina e più di cancri e tumori e malattie molto invalidanti. I governi, le autorità mediche scientifiche, molti delle quali sui libri paga delle multinazionali e delle lobbie dell’amianto, fino a pochi anni fa negavano la cancerogenicità di questo minerale e ancora oggi nei processi gli avvocati e i consulenti dei padroni continuano a negarlo.
Noi abbiamo imparato sulla nostra pelle che la lotta per la salute in fabbrica e nel territorio non va delegata nessuno, meno che mai ai Governi, padroni e Confindustria che oggi durante la pandemia mentre a parole dichiarano difendere la salute dei cittadini, costringono i lavoratori con il ricatto della perdita del posto di lavoro, con il Green pass a condizioni lavorative sempre peggiori. Eppure la prevenzione sarebbe semplice: basterebbe un piano nazionale di rimozione delle 40 milioni di tonnellate di amianto presenti in Italia a cominciare dai 400mila manufatti di amianto di scuole, ospedali, tubature, edifici pubblici per salvare decine di migliaia di vita umane. Questo sì che sarebbe una grande opera utile alla popolazione! Che le industrie capitaliste finanzino studi di parte e nascondano, per ragioni di profitto, i danni che certe sostanze nocive usate nelle lavorazioni provocano a lavoratori e cittadini è ormai dimostrato.
Morti per cloruro di vinile monomero.
Anche durante il processo Montedison a Porto Marghera
sugli omicidi dei lavoratori morti per cloruro di vinile monomero e sui crimini
ambientali della laguna di Venezia iniziato il 13 marzo 1998, l’azienda nascose
i dati sulla cancerogenicità e la relazione tra angiosarcoma e cloruro di
vinile già dimostrata da studi condotti dalle stesse aziende chimiche
produttrici e tenuta segreta senza avvisare i lavoratori e senza prendere
nessun provvedimento per la salute. Le gravi conseguenze dell’esposizione al
CVM, ipotizzate per la prima volta nel 1969 al Congresso Internazionale di
Medicina del Lavoro di Tokio da un medico della Solvay, Pierluigi Viola, furono
definitivamente confermate in Italia a seguito di un’indagine epidemiologica
commissionata da Montedison all’Università di Milano, condotta nel 1971 dal
prof. Cesare Maltoni negli stabilimenti di Brindisi, Marghera, Terni e
colpevolmente nascoste per non intaccare i profitti della multinazionale.
Non c’è da stupirsi che il capo redattore della
rivista scientifica Lancet (una delle più autorevoli) abbia dichiarato
recentemente che “(…) gran parte della letteratura scientifica, forse la metà,
può semplicemente essere falsa”.
La ricerca indipendente è strozzata, la stragrande
maggioranza delle ricerche è finanziata da aziende private, sia per quanto
riguarda l’attendibilità dei risultati, sia perché la ricerca è indirizzata a
ottenere risultati spendibili sul mercato, non socialmente utili. Anche nei
pochi casi in cui è finanziata dallo stato, come nel caso dei vaccini, i
profitti diventano privati e finiscono nelle tasche degli azionisti delle
multinazionali. Quando si parla di scienza, sia fatta da uno scienziato, sia da
un non addetto ai lavori, si ha sempre l’idea di parlare di qualcosa che non ha
a che fare con la fallibilità umana, col conflitto d’interessi, con l’economia,
con l’egemonia, con il capitalismo, con l’utilitarismo, con la produttività.
Questo è il grande errore.
Nel capitalismo, la scienza, la medicina, le leggi i
governi e le istituzioni sono espressione delle dinamiche economiche
capitaliste, industriali, produttivistiche, politiche e militari. Sono al loro
servizio, sostengono i loro interessi e le decisioni ricevendo in cambio lauti
compensi. Oggi padroni e governi giustificano il peggioramento costante delle
condizioni di vita e di lavoro dei proletari in tutti i paesi, prendendo a
pretesto l’allungamento della vita media della popolazione e la pandemia di
covid 19, nascondono la realtà, cioè che nella società in cui ci sono ricchi e
poveri, sfruttati e sfruttatori ci si ammala e si muore di più (e spesso ancora
giovani) fra la classe proletaria che in quella borghese. In una società divisa
in classi dove il potere è in mano ai capitalisti il cui unico scopo è la
realizzazione del massimo profitto, la scienza e la medicina non sono neutre,
ma al servizio della classe dominante.
Solo in una società socialista, con il potere operaio,
dove la proprietà privata dei mezzi di produzione è abolita, lo sfruttamento
dell’uomo sull’uomo considerato un crimine contro l’umanità, dove si produce
per soddisfare i bisogni degli esseri umani e non per il profitto, la classe
operaia e proletaria liberando sé stessa può emancipare e liberare anche la
scienza, la medicina.
La salute dei lavoratori non la difendono i governi e
i padroni.
La nocività, l’usura, la fatica fisica e psicologica
dovuta all’aumento dei ritmi, alla ripetitività del lavoro, la precarietà, il
salario insufficiente, le pandemie, l’incertezza del futuro, il comando di
fabbrica o azienda sempre più repressivo, portano il lavoratore a logorarsi
minando la sua salute.
La vera medicina preventiva è quella che si oppone al
capitale, quella che ricerca le cause patogene e le elimina, non quella che
cronicizza malattie su cui fare profitti.
Michele Michelino
Comitato per la Difesa della Salute
nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Libri
BRUNI SU DANTE
Dante dentro il cammino dell'uomo nel nuovo libro
di Pierfranco Bruni sulla pietà impossibile.
Pierfranco Bruni pone la parola di Dante
nel cammino dell'uomo contemporaneo, ma entrare nella cognizione del patire è
un viaggio nel destino di Dante certamente ma del mostro destino. Il patire è
un partire alla ricerca della Luce. Va oltre ogni porto e supera il sottosuolo
delle ombre.
Il nuovo libro di Pierfranco Bruni, dedicato appunto a Dante, dal titolo L'impossibile
pietà di Dante, edito da Solfanelli, è un pellegrinaggio tra le voci e i
segreti della filosofia e della Canzone di Dante. Sottolinea la necessità di
superare il bene e il male cercando di convivere con una impossibile pietà.
Una lettura che ha due riferimenti esistenziali e ontologici. Da una parte
Nietzsche e dall'altra Maria Zambrano. Anche quando si tratta di argomentare
linguaggi, come quelli del canto moderno, Pierfranco Bruni penetra il senso
della verità delle "anime salve", che vagano nel regno di una
drammatica Spoon River. Ma è l'impossibile pietà che domina tutto il
contesto nel quale Bruni esplora i dettagli metafisici dell'Opera di Dante. La
stessa pietà è un patire. Una lettura singolare e originale si compie in questo
coinvolgente pensare. Porta sulla scena il naufragio, l'esilio, la compassione,
il tragico, il perduto, la rinascita. L’impossibile pietà è il labirinto
filosofico di un Dante poeta che abita la contemporaneità.
Pierfranco Bruni
L'impossibili pietà in Dante
Edizioni Solfanelli
Pagg.144 € 11,00
domenica 28 novembre 2021
GUERRAFONDAI
di
Alessandro Pascolini
Iran. Armi di sterminio
Ci
sarà un accordo sul programma nucleare iraniano?
Padova.
Il 29 novembre si riunirà a Vienna la Joint Commission of the Joint
Comprehensive Plan of Action (JCPOA) sotto la presidenza di Enrique Mora, direttore
politico dell'European External Action Service, come annunciato la sera dello
scorso 3 novembre dalla Commissione Europea (CE). Vi prenderanno parte
rappresentanti di Cina, Francia, Germania, Russia, Regno Unito e Iran. I
partecipanti proseguiranno le discussioni sulla prospettiva di un possibile
ritorno degli Stati Uniti al JCPOA e su come garantire la piena ed effettiva
attuazione dell'accordo da tutte le parti. La dichiarazione formale della CE
segue un messaggio tweet del principale negoziatore iraniano Ali Bagheri-Kani,
che ha appunto garantito la partecipazione dell'Iran: in a phone call with
@enriquemora, we agreed to start the negotiations aiming at removal of unlawful
& inhumane sanctions on 29 November in Vienna. Si tratterà appunto della
settima fase dei negoziati miranti a rivitalizzare l'accordo del 2015 sul
programma nucleare iraniano, messo in crisi nel 2018 dall'uscita degli USA
voluta dal presidente Donald Trump. Come promesso in campagna elettorale dal
nuovo presidente Joe Biden, gli USA hanno accolto la sollecitazione europea di
intraprendere negoziati con la Commissione JCPOA. A partire dal 6 aprile 2021
si sono svolti incontri a Vienna, secondo un formato particolare, voluto dagli
iracheni: la delegazione americana, guidata da Robert Malley, non partecipa
direttamente ai lavori della Commissione (di cui non fa più parte), ma viene
informata sui lavori e presenta le proprie posizioni tramite gli intermediari
europei. La delegazione americana e la Commissione sono ospitate in due alberghi
vicini. I lavori sono proceduti in gruppi di lavoro: uno sui passi che l'Iran
deve compiere per ritornare a un pieno rispetto del JCPOA, un secondo sul
processo di revoca delle sanzioni imposte dagli USA e, nei più recenti
incontri, un terzo per affrontare i problemi di sequenziamento.
Italia. Armi di sterminio
In realtà, alla conclusione della sesta fase di negoziati (domenica 20 giugno) l'intesa sembrava raggiungibile in tempi brevi (secondo sia i negoziatori europei che l'allora capo negoziatore iraniano, Abbas Araghchi, tutti i documenti sono pronti), ma l'elezione del nuovo presidente iraniano (18 giugno) e la costituzione del nuovo governo (3 agosto) hanno differito per cinque mesi la convocazione della Commissione, che avrà una differente delegazione iraniana, guidata appunto da Bagheri-Kani. Il JCPOA L'accordo, laboriosamente raggiunto nel luglio 2015 fra l’Iran e i "5 paesi+1"(i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e la Germania) e l'Unione Europea, intende disciplinare il programma nucleare iraniano e sospendere le sanzioni economiche imposte dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU e da vari paesi sull’Iran a causa della sua violazione del trattato di non-proliferazione (NPT) con lo sviluppo di impianti segreti per l'arricchimento dell’uranio e la produzione di plutonio. Il 14 agosto 2002, un gruppo dissidente iraniano (il Consiglio nazionale della resistenza dell'Iran) denunciò l'esistenza di due siti nucleari clandestini in Iran: un impianto di arricchimento dell'uranio a Natanz (con una parte sotterranea) e un reattore nucleare ad acqua pesante ad Arak, particolarmente adatto alla generazione di plutonio. L'Iran come membro del NPT avrebbe dovuto informare la comunità internazionale e sottoporre gli impianti alle verifiche dell'Agenzia internazionale per l'energia atonica (IAEA). L'esistenza di impianti clandestini ha immediatamente preoccupato la comunità internazionale, temendo l'esistenza di un preciso progetto nucleare militare.
Stati Uniti. Armi di sterminio
Sono immediatamente iniziate ispezioni della IAEA e iniziative
diplomatiche di Francia, Germania e Regno Unito con l'Iran per risolvere le
questioni relative al suo programma nucleare. Nel corso degli anni, il
programma nucleare dell'Iran, la sua cooperazione con la IAEA e i processi
negoziali hanno avuto fasi alterne, risentendo del clima politico
internazionale e dei problemi specifici dei conflitti medio-orientali, in
particolare del continuo confronto fra Iran e Israele. Dal 2006 al 2013 il
Consiglio di sicurezza dell'ONU ha emesso 9 risoluzioni (n. 1696, 1737, 1747,
1803, 1835, 1929, 1984, 2049 e 2105) imponendo all'Iran sanzioni economiche
(incluso il blocco delle esportazioni di petrolio e di crediti presso banche
estere) ed embargo; ulteriori sanzioni sono state imposte in particolare dagli
USA, con gravi effetti sull'economia e le condizioni di vita del paese. Nel
2013, per iniziativa del presidente americano Barack Obama si svolsero incontri
segreti bilaterali con funzionari iraniani, e il nuovo presidente iraniano
Hassan Rouhani si impegnò in concreti negoziati con i 5 paesi+1, che portarono
a un accordo provvisorio nel novembre 2013, evoluto nell'accordo quadro
stipulato il 14 luglio 2015.
Russia. Armi di sterminio
L’accordo JCPOA prevede da una parte l'eliminazione (o sospensione) delle sanzioni imposte per le attività nucleari (l'Iran è sottoposto a sanzioni anche per supporto al "terrorismo" e per violazioni dei diritti umani) e lo sblocco di circa 100 miliardi di dollari di proventi petroliferi, dall'altra impone all’Iran di ridurre in modo significativo le capacità dei suoi impianti di arricchimento (ridurre da 19138 a 6104 le centrifughe di Natanz; per 15 anni usare solo 5000 centrifughe di prima generazione IR-1 per un arricchimento limitato al 3,67%; cessare l'arricchimento nel nuovo impianto di Fordow eliminando 1008 centrifughe avanzate; limitare per 10 anni la ricerca e lo sviluppo di centrifughe di nuove generazioni); limitare la quantità di uranio arricchito per 15 anni (da 7154 kg a 300 kg di LEU al 3,67% come esafluoruro, ed eliminazione dei 196 kg di uranio al 20%); riprogettare il reattore di Arak per evitare la produzione di plutonio; non accumulare acqua pesante per 15 anni; accettare il Protocollo addizionale della IAEA e forme di verifica intrusiva su tutte le strutture nucleari. Le misure imposte sul programma dovrebbero, secondo analisti occidentali, assicurare che l'Iran non possa produrre sufficienti esplosivi fissili per un'arma nucleare in un tempo inferiore a un anno, dando quindi alla comunità internazionale la possibilità di prendere eventualmente tempestivi provvedimenti. Il 20 luglio 2015 il Consiglio di sicurezza dell'ONU recepì il JCPOA con la risoluzione 2231, che comprende anche limiti alle attività di ricerca e sviluppo iraniane di missili balistici per testate nucleari. Israele e la destra americana hanno da subito osteggiato il JCPOA, e il 30 aprile 2018 il primo ministro Benjamin Netanyahu rese pubblico parte dell'archivio nucleare dell'Iran, trafugato dal Mossad, rivelante l'esistenza di un preciso piano militare (progetto AMAD). In seguito, l'intera collezione fu messa a disposizione della IAEA, degli USA e di altri governi interessati.
Cina. Armi di sterminio
Il primo maggio 2018 la IAEA riportò di aver trovato prove credibili che l'Iran avesse condotto esperimenti volti a progettare una bomba nucleare fino al 2003, e affermò di non aver trovato prove credibili di attività per armi nucleari in Iran dopo il 2009. L'Iran ha sempre negato l'esistenza di un suo progetto militare nucleare. La campagna di massima pressione americana sull'Iran L'8 maggio 2018 Trump, su richiesta di Israele, e nonostante le riserve da parte di suoi consiglieri e degli alleati europei, annunciò unilateralmente l'uscita dall'accordo, rilanciando le sanzioni economiche contro il paese mediorientale al fine di indurre il brutale regime iraniano a cessare la propria attività destabilizzante, ovvero a ritirarsi dalla Siria, dove guardie della rivoluzione islamica (IRGC) agiscono in appoggio del governo di Bashar al-Assad, oltre a cessare il supporto militare e logistico alla milizia sciita libanese Hezbollah e all'opposizione yemenita impegnata nella guerra civile dello Yemen; destabilizzante era per Trump anche lo sviluppo missilistico iraniano, ritenuto un pericolo primario da Israele. Gli scopi della campagna di massima pressione non erano chiari: se portare a un accordo nucleare "migliore" attraverso nuovi negoziati, ovvero se ottenere un comportamento regionale iraniano meno ostile agli interessi americani; ma per alcuni osservatori l'obiettivo finale era provocare il crollo del regime della repubblica islamica. Il meccanismo chiave per la nuova campagna di pressione sono state ancora una volta le sanzioni. Gli Stati Uniti non solo hanno ripristinato tutte le sanzioni revocate attraverso l'accordo nucleare, ma hanno anche aggiunto una serie di nuove sanzioni, inclusa la designazione dell'IRGC come sostenitore del terrorismo.
Israele. Armi di sterminio
Una caratteristica fondamentale della massima pressione era quella di punire qualsiasi attore globale, amico o nemico, che cercasse di investire o commerciare con l'Iran, anche a rischio di alienarsi i più vicini partner in Europa e in Asia, che invece sostennero il JCPOA e avevano già preventivato e parzialmente avviato programmi di investimenti sul mercato iraniano. A maggio 2019, l'amministrazione USA pose termine alla maggior parte delle deroghe per i paesi che stavano ancora importando petrolio iraniano, cercando di annullarne del tutto l'export; solo la Russia e la Cina hanno continuato ad acquistare greggio iraniano. Per opporsi alle sanzioni secondarie statunitensi, che escludevano dal mercato americano qualunque banca, azienda o entità mondiale che continuasse a commerciare con l'Iran, la CE istituì un Istrument of Support of Trade Exchanges, ma non riuscì a dare garanzie al settore privato: il commercio Iran-EU passò dai 20 miliardi di euro annui dopo il JCPOA a soli 5 miliardi nel 2019 e 2020 e le riserve valutarie iraniane sono scese da 122 miliardi di dollari nel 2018 a 4 miliardi alla fine del 2020. L'8 ottobre 2020, dopo che gli Stati Uniti non riuscirono ad imporre ulteriori sanzioni dell'ONU contro l'Iran, Trump sanzionò l'intero settore finanziario iraniano, escludendo l'Iran anche dal commercio di cibo e medicinali (risparmiati fino a quel punto dalle sanzioni statunitensi). Anche durante la transizione presidenziale del 2020, l'amministrazione Trump propose un'inondazione di nuove sanzioni contro l'Iran in un tentativo di rendere più difficile per l'amministrazione Biden ricongiungersi all'accordo.
Francia. Armi di sterminio
Tuttavia, le politiche di massima pressione non hanno funzionato a raggiungere qualsiasi obiettivo della politica articolato nelle dichiarazioni dell'amministrazione Trump: l'Iran è riuscito a far fronte alle difficoltà economiche causate dalle sanzioni con la sua economia di resistenza; non ha accettato vincoli maggiori sul suo programma nucleare, anzi ha sviluppato programmi proibiti dall'accordo, non ha modificato la sua politica nella regione e le sanzioni hanno finito per indebolire politicamente i moderati iraniani (che guidati dal precedente presidente Hassan Rouhani, sono stati i principali sostenitori dell'accordo), a favore degli ultraconservatori. Gli sviluppi del programma nucleare iraniano In un primo tempo l'Iran continuò a rispettare i limiti imposti dal JCPOA, come certificato dalla IAEA nel febbraio 2019, ma di fronte all'incapacità dell'Unione Europea di far aggirare le sanzioni statunitensi, al crescere dell'impatto sull'economia delle sanzioni, a fronte di azioni ostili americane e israeliane, alle uccisioni del generale iraniano Qasem Soleimani (5 gennaio 2020) e di Mohsen Fakhrizadeh-Mahabadi, direttore del programma nucleare iraniano (27 novembre 2020), e ai sabotaggi di impianti (Natanz, luglio 2020 e Karaj, giugno 2021) l'Iran intraprese via via crescenti iniziative proibite dall'accordo, anche per precise deliberazioni parlamentari (in particolare del 2 dicembre 2020): aumento del tasso di arricchimento dell'uranio senza restrizioni in base alle proprie esigenze tecniche, sviluppo e impiego di centrifughe di prestazioni elevate, limitazione dei controlli della IAEA ed espulsione dei suoi ispettori dal paese.
Inghilterra. Armi di sterminio
Gli sviluppi attuali del programma nucleare iraniano sono documentati nel rapporto della IAEA del 17 novembre e riguardano tutti limiti imposti dall'accordo: mentre l'Iran continua a rispettare l'impegno sulla conversione del reattore di Arak, vi sono ampie violazioni per gli altri punti. Attualmente la quantità di uranio arricchito ha raggiunto la massa di 2489,7 kg, 2313,4 kg in forma gassosa, 125,4 kg come ossido, 35,4 kg in elementi di combustibile e 15,5 kg in forma solida o liquida. In particolare sono stati prodotti 2,42 kg di uranio metallico, in parte arricchito al 20%. La scorta di uranio gassoso comprende 559,6 kg arricchito al 2%, 1622,3 kg al 5%, 113,8 kg al 20% e 17,7 kg al 60%, con significativi incrementi negli ultimi due mesi per i saggi più elevati. L'Iran ha sviluppato, prodotto e posto in operazione più tipi di centrifughe avanzate: IR-2m, IR-4 e IR-6, in varie forme di cascate; le nuove centrifughe vengono prodotte nell'opificio TESA di Karaj, inaccessibile ai controlli IAEA. Il numero di centrifughe IR-1 a Natanz sta raggiungendo 6050, oltre a 6 cascate di IR-2m, 6 cascate IR-4 e una di IR-6, ciascuna con 164 centrifughe. Anche a Fordow sono riprese le attività di arricchimento con 1044 centrifughe IR-1 e si stanno installando due cascate di tipo IR-6. L'Iran limita anche le attività ispettive della IAEA, sospendendo l'applicazione del protocollo addizionale delle salvaguardie; viene impedito l'accesso a Karaj, agli impianti di produzione di acqua pesante e a 4 siti, precedentemente non dichiarati, dove era stato individuato uranio di origine antropica (Turquz-Abad, Lavizan-Shian, Tehran e Marivan). La AIEA riferisce inoltre che guardie di sicurezza hanno in più occasioni molestato fisicamente e tentato di intimidire gli ispettori (in particolare di sesso femminile) dell'agenzia all'ingresso negli impianti nucleari, violando i privilegi e le immunità previste. In vista della riunione del Consiglio dei direttori della IAEA (24-26 novembre), il direttore generale Rafael Grossi il 23 novembre si è recato a colloqui con la leadership iraniana per cercare di ritrovare un accordo sulla cooperazione, in gran parte sospesa lo scorso febbraio, ma è rientrato senza essere riuscito a raggiungere un'intesa per consentire agli ispettori l'accesso a tutte le strutture del programma nucleare.
India. Armi di sterminio
Con i recenti sviluppi del programma, l'Iran ha raggiunto un territorio precedentemente inesplorato, accumulando nuove importanti conoscenze, esperienze e pratiche, che in gran parte sono irreversibili, minacciando di minare lo scopo generale del JCPOA di rallentare la possibile produzione di uranio di qualità militare (WGU). I progressi irreversibili riguardano principalmente tre aree: produzione e funzionamento centrifughe di prestazioni avanzate, produzione di uranio altamente arricchito (HEU) e produzione di uranio metallico. Le scorte di uranio arricchito vengono facilmente miscelate o spedite fuori dall'Iran, consentendo il ripristino dei limiti di uranio arricchito del JCPOA. Tuttavia, la nuova esperienza iraniana nella produzione di uranio arricchito al 60% ha permesso all'Iran di apprendere informazioni critiche sulla produzione di HEU nelle sue cascate. Questa quantità di HEU potrebbe essere ulteriormente arricchita al 90% in una cascata di centrifughe in poche settimane o addirittura giorni se si utilizzassero due cascate. Il passaggio a WGU è rapido, perché, in termini di lavoro separativo, la produzione di uranio arricchito al 60% rappresenta il 99% del lavoro necessario per produrre WGU. Va ricordato che anche uranio arricchito al 60% può essere utilizzato direttamente come esplosivo nucleare, sebbene con una maggiore massa critica. La produzione di uranio metallico è significativa poiché è indispensabile per armi nucleari mentre mancano applicazioni civili credibili. Mentre l'uranio metallico può essere reso inutilizzabile o rimosso dall'Iran, le nuove conoscenze non possono essere cancellate.
Corea del Nord. Armi di sterminio
L'atteggiamento israeliano in continuità con il passato, anche il nuovo governo israeliano considera un pericolo esiziale l'eventuale acquisizione di armi nucleari da parte dell'Iran, e il primo ministro Naftali Bennett in un discorso all'università Reichman (23 novembre) ha denunciato i recenti progressi dell'Iran come un programma di armi nucleari allo stadio più avanzato e ha dichiarato che anche nel caso del ripristino del JCPOA, Israele non si riterrà vincolato dall'accordo, ma rimane pronta ad agire per proteggere i propri interessi. Intanto, a metà ottobre Israele ha approvato un finanziamento di circa 5 miliardi di shekel (1,5 miliardi di dollari) per preparare le forze armate per un possibile attacco contro le strutture nucleari iraniane: fondi per vari tipi di aerei, droni per la raccolta di informazioni e armamenti specifici per un tale attacco, che dovrebbe colpire anche siti sotterranei pesantemente fortificati. Al momento le forze armate israeliane (IDF) non appaiono in grado di colpire gli impianti iraniani in modo analogo agli attacchi aerei che hanno distrutto il reattore irakeno Osirak il 7 giugno 1981 e il sospetto reattore siriano ad Al Kibar il 6 settembre 2007: tali obiettivi erano isolati, senza particolare protezione, entro il raggio di combattimento degli aerei; invece sono numerosi i centri iraniani da colpire, sotto la protezione di sistemi difensivi avanzati, e circa 2000 km lontani dalle basi israeliane, distanza ben superiore al raggio di combattimento sia degli F-35 (833 km) che degli F-15 (687 km) per cui si richiede un rifornimento in volo, non essendo credibile una disponibilità di paesi arabi a rifornire gli aerei attaccanti; attualmente Israele possiede solo vetusti aerei cisterna KC-130, del tutto inadeguati, e non ha ancora ricevuto gli otto nuovi KC-46 ordinati negli USA.
Pakistan. Armi di sterminio
Va inoltre considerata la certa reazione missilistica iraniana contro le città israeliane e possibili attacchi degli Hezbollah dalle basi libanesi, per cui le IDF dovrebbero prepararsi per vaste operazioni su più fronti. Un attacco armato contro i centri iraniani, in assenza di aperte azioni militari iraniane, sarebbe un atto di guerra chiaramente illegale e condannato dall'ONU, assolutamente inaccettabile dai paesi europei, Russia e Cina e difficilmente difeso dagli stessi USA, con gravi conseguenze economiche e diplomatiche; anche il recente accordo Abraham fra Israele e alcuni paesi arabi potrebbe venir vanificato. Probabilmente Israele continuerà a tentare di rallentare il programma iraniano con attacchi cibernetici e azioni di sabotaggio. Prospettive per il nuovo negoziato L'amministrazione americana si è impegnata in un'intensa attività diplomatica in vista del rinnovo dei colloqui, nel tentativo di cogliere quanto più consenso possibile con i partner negoziali, nonché con i paesi del Medio Oriente. Lo scorso ottobre, a margine del vertice del G20, il presidente Biden ha tenuto una speciale riunione con il cancelliere tedesco Angela Merkel, il primo ministro britannico Boris Johnson e il presidente francese Emmanuel Macron sul tema specifico; gli alleati hanno formalmente invitato l'Iran a riprendere i colloqui sull'accordo per prevenire una pericolosa escalation.
Arsenali nucleari
La questione iraniana è emersa anche nella conversazione tra Biden e il presidente cinese Xi Jinping e nei colloqui tra il capo negoziatore americano Rob Malley e i funzionari russi. Nel frattempo, Malley ha visitato Israele, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. In Arabia Saudita, una straordinaria riunione ha avuto luogo il 18 novembre con rappresentanti di 6 Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Germania, Stati del Golfo, Egitto e Giordania. Anche l'Iran si è impegnato in sforzi diplomatici alla vigilia dei colloqui: il ministro degli esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian e il capo della sua delegazione ai colloqui di Vienna hanno tenuto una serie di discussioni nei paesi europei. L'Iran sta cercando in particolare di garantire che Russia e Cina sosterranno le sue posizioni; in questo contesto, il presidente iraniano Sayyid Ebrahim Raisol-Sadati ha avuto colloqui con i suoi omologhi a Mosca e a Pechino. Anche Iran e Stati del Golfo dialogano ormai da diversi mesi. La posizione dei pesi occidentali vede necessaria la ripresa dei negoziati al punto in cui erano giunti alla fine di giugno, per ripristinare i vincoli previsti dall'accordo, "sterilizzando" le acquisizioni tecnologiche iraniane sulla via della produzione di WGU. Al G20 di Roma, il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov aveva affermato che la Russia sostiene pienamente l'idea di tornare all'accordo nucleare iraniano nella forma in cui è stato firmato, senza aggiunte o esenzioni: dovrebbe essere ripreso esclusivamente nella forma in cui è stato approvato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel 2015.
Guerrafondai turchi
Qualsiasi aggiunta ed esenzione è inaccettabile per la parte iraniana. Non è ancora chiara la posizione della nuova leadership iraniana, sia per quanto riguarda lo svolgimento dei colloqui – se proseguiranno dal punto in cui si erano interrotti, o se l'Iran cercherà di riaprire questioni già discusse e concordate – sia per quanto riguarda la volontà dell'Iran di tornare all'accordo. Sebbene gli iraniani abbiano dichiarato il loro interesse a tornare all'accordo, le indiscrezioni dei media indicano che l'Iran prevede di concentrare il prossimo round di colloqui sulla completa rimozione di tutte (oltre 1500) le sanzioni, comprese quelle non direttamente collegate alla questione nucleare – senza riguardare le questioni del programma nucleare. Inoltre, nelle conferenze stampa rilasciate in varie occasioni Amir-Abdollahian e Bagheri-Kani hanno anche richiesto che le sanzioni vengano rimosse prima che l'Iran sia tenuto a rinunciare ai suoi progressi nucleari, nonché un impegno dell'amministrazione americana che gli Stati Uniti non si ritireranno mai dall'accordo. Questa richiesta pone seri problemi politici e istituzionali a Biden: infatti il Congresso ha esaminato il JCPOA ai sensi dell'Iran Nuclear Agreement Review Act, in base al quale l'accordo rappresenta un insieme non vincolante di impegni politici piuttosto che un accordo giuridicamente vincolante soggetto al parere e al consenso del Senato. E indipendentemente dal fatto che un nuovo accordo sia legalmente vincolante, secondo la costituzione degli Stati Uniti il presidente manterrebbe l'autorità di ritirare gli USA senza l'approvazione del Congresso.
Mercenari libici
La complessità dei
problemi da affrontare in uno stato di aperto confronto fra USA e Iran su quasi
ogni questione, tenuto anche conto che sia il nuovo presidente che il
capo-negoziatore iraniani a suo tempo furono fra i più decisi oppositori del
JCPOA e dell'aperta ostilità delle lobby americane filo-israeliane a ogni
accordo, gli osservatori internazionali sono fortemente scettici sulla
possibilità che la prossima fase di colloqui possa portare in tempi ragionevoli
a risultati positivi, soddisfacenti tutte le parti. Con un mix di volontà
politica, abilità diplomatiche e un po' di fortuna, possiamo sperare che il
JCPOA possa sopravvivere in qualche forma e diventare una componente importante
dei futuri necessari accordi regionali sulle armi di distruzione di massa e
strumento per la realizzazione di un sistema globale di sicurezza per tutti i
paesi del Medio Oriente, oltre a costituire un viatico per i prossimi lavori
della Conferenza di revisione del trattato di non-proliferazione.
*Università di Padova
COSTA SAN GIORGIO
Pianta di Costa San Giorgio
Una
delegazione di Idra in visita al complesso.
Trasparenza
zero dalla Giunta: nessuna notizia sugli accordi con la proprietà annunciati da
sindaco e assessora.
Imbarazzato
muro di gomma da Palazzo Vecchio: né il sindaco né l’assessora all’Urbanistica
svelano i contenuti della “convenzione con il privato, che prevede
l’ampliamento dell'accessibilità pubblica del complesso dell’ex caserma
Vittorio Veneto in Costa San Giorgio tramite diverse attività e programmazioni
condivise con l’amministrazione comunale”. Vana la
richiesta di documentazione da parte dei cittadini: la Giunta non
risponde, i gruppi consiliari – interpellati – tacciono anch’essi. Con un comunicato-propaganda,
lo scorso 19 novembre, la Giunta aveva fatto credere alla cittadinanza (e ai media
copia-incolla, incapaci ormai di interrogare fonti e documenti) che “si chiude
una variante complessa e discussa” (parole del sindaco!). In realtà, non si
chiude un bel niente, se è vero che la separazione dei poteri ha ancora qualche
significato nella città del fiore: l’analisi delle osservazioni dei cittadini e
delle controdeduzioni della Direzione Urbanistica deve ancora passare
attraverso la Commissione Urbanistica, che ha in agenda per il prossimo 1 dicembre
alle 12 l’audizione proprio dell’associazione che dalla primavera del 2020
contrasta insieme a centinaia di cittadini dell’Oltrarno e a uno stuolo di
intellettuali di ogni parte d’Italia e del mondo la ‘resa’ di Palazzo Vecchio
alla turistificazione pesante anche dell’area Unesco. Non solo. La Commissione
consiliare deve ancora iniziare a esaminare le proposte di delibera inoltrate
dalla Giunta.
Dovrà essere poi convocata la seduta aperta del
Consiglio di Quartiere 1, che ospita il Centro storico di Firenze, ottenuta con
una nuova campagna di firme la scorsa estate, ma mai calendarizzata.
Pianta di Costa San Giorgio |
Ingresso dalla ex Caserma
San Giorgio
Poi toccherà al Consiglio comunale pronunciarsi. Dove
si auspica che il sentimento di rispetto per la storia, la cultura e l’immagine
di questa città nel mondo prevalga su altre eventuali pressioni. Anche solo
esercitando il diritto/dovere a valutare affermazioni come quella che leggiamo
attribuita all’assessora all’Urbanistica e all’Ambiente, secondo la quale “l’attività turistico ricettiva consentirà di non aggravare il carico
urbanistico di questa parte delicata della città per accessibilità e
fruibilità: caratteristica che ha determinato l’individuazione di questa
funzione come necessariamente prevalente ad esito del concorso e delle
valutazioni tecniche”. Com’è arcinoto, è vero il contrario: è proprio con la
delicatezza di questa parte della città che farebbe a pugni l’ennesima monocultura
turistica, questa volta allietata da trecento
posti letto, trecento addetti ai servizi, scavi per parcheggi e servizi sotterranei,
e un sistema di circolazione e sosta nella zona non ulteriormente aggravabile. Incontrovertibile
in questo senso la sentenza del Servizio Mobilità dello stesso Comune: “L’ambito urbano contermine all’area di intervento
risulta caratterizzato da una viabilità carrabile e pedonale sottodimensionata,
anche rispetto alle attuali esigenze e destinazioni d’uso, comportando per
questo un deficit infrastrutturale”, ragion per cui si detta la
condizione “che l’attuale regime di circolazione di Costa San Giorgio rimanga
invariato”. La mano destra non sa quel che fa la sinistra? In attesa di
una qualche iniziativa informativa pubblica del governo della città su tutta
questa partita, che ha addosso ormai gli occhi di così tanta parte della cultura
nazionale e internazionale, fondatamente preoccupata.
[Idra –
Firenze]
San Giorgio
sabato 27 novembre 2021
TASSE
di
Angelo Gaccione
Rubano
ai poveri per dare ai ricchi.
Tagliano,
come è sempre avvenuto, le tasse a chi guadagna di più. I ceti poveri diventano
sempre più poveri, gran parte del ceto medio è precipitato nella povertà,
questi due ceti non hanno più alcuna rappresentanza politica e giustamente non
vanno più a votare. Quello dell’astensione è divenuto il primo partito in
Italia e dopo questa manovra di draghi e vampiri vari, crescerà ancora di più.
Per ora la violenza sociale è contenuta, ma nessuno si dovrà scandalizzare o
far finta di non aver saputo, se scorrerà del sangue. Io non lo farò e ne
sosterrò fino all’ultimo respiro le giuste ragioni, qualunque sia l’entità di
quella violenza. Tutti noi che ci siamo guadagnati il nostro misero tozzo di
pane con onestà fin dall’età della fanciullezza, senza sfruttare, senza far
scendere lacrime a chicchessia, senza evadere tasse, la subiamo ogni giorno
sulla nostra pelle. Lo sanno tutti: politici, imprenditori, banchieri,
economisti, prelati, giuristi, amministratori della giustizia (?), onorevoli (si
fa per dire) che quelli come me, in piena vecchiaia, sono costretti a scegliere
se pagare le spese condominiali o recarsi dal dentista, fare la spesa o comprare
le medicine per curarsi, fare debiti per concedersi due settimane di vacanze o
restare nella città deserta e infuocata di Milano, fare l’abbonamento ai
mezzi pubblici o comprare tutte le mattine il giornale. Lo sanno tutti costoro
che quelli come me che non hanno voluto diventare né servi né vili né disonesti,
nonostante studio, impegno, fatica, intelligenza, conducono in piena vecchiaia un’esistenza
di poveri. Non se ne vergognano, perché sono consapevoli di rappresentare la
parte più decente della Nazione, che possono guardarsi allo specchio senza
sputarsi in faccia e i loro figli possono andare nel mondo a testa alta. Ma
hanno una dignità e su questo non sono disposti a transigere, dovete tenerlo da
conto. Io starò con quelli che risponderanno alla vostra barbarie con
altrettanta barbarie, al sangue con il sangue, all’annientamento con l’annientamento,
alla morte con la morte. Non gli avete dato via d’uscita, non ci avete dato via
d’uscita.
ALLA RICERCA DEL CETO MEDIO PERDUTO
di Alfonso
Gianni
C’erano varie proposte avanzate
dal team nominato dal Ministro dell’economia
e delle finanze sul tavolo di confronto con i partiti politici della
maggioranza per definire il disegno di legge delega di riforma fiscale, che il
governo aveva dichiarato nella Nadef essere uno dei ben 21 collegati alla
manovra di bilancio. Alla fine della discussione è stata scelta la peggiore. Questa
ora verrà sottoposta all’approvazione di Draghi e dei segretari dei partiti
della maggioranza e poi confluirà in un emendamento governativo al testo della
manovra di bilancio ora in discussione al Senato. Ma l’accordo politico c’è,
hanno tutti assicurato nelle dichiarazioni di ieri. Si tratta di un intervento
sull’Irpef e sull’Irap che configura una manovra regressiva, peggiore di quanto
ci si potesse aspettare, vista la discussione nelle commissioni parlamentari
competenti di Camera e Senato che avrebbero dovuto fornire consigli per l’elaborazione
della legge. Senza contare che anche da Bankitalia erano giunti moniti che sono
stati tenuti in non cale. Degli 8 miliardi previsti 7 verrebbero utilizzati
sull’Irpef e uno sull’Irap. L’Irpef verrebbe ridisegnata lungo 4 aliquote
rispetto alle 5 attuali. Il che comporta un’ulteriore riduzione del criterio
della progressività contenuto in Costituzione.
Si ricorderà che la riforma
fiscale entrata in vigore nel 1974 prevedeva un sistema tributario di 32
aliquote dal 10% al 72%. Da allora si è snodato un lungo ma implacabile
percorso, punteggiato da innovazioni legislative regressive, che hanno sorretto
la lotta di classe condotta dalle classi e dai ceti dominanti lungo l’ultimo
quarantennio e che ora troverebbe così la sua nuova epifania. Le 4 aliquote
sarebbero del 23%, del 25%, del 35% e del 43%. Mentre per la no-tax area si
parla di minime e per ora imprecisate modifiche, la fascia di reddito fino a
15mila euro resta al 23%; quella tra i 15 e i 28mila euro scende dal 27% al
25%; la successiva dai 28mila ai 50mila euro (non più 55mila) diminuisce di tre
punti dal 38% al 35%; oltre quella cifra, avendo cancellato l’aliquota del 41%,
si applicherebbe quella del 43%. Il famoso salto dalla seconda alla terza aliquota
che prima era di 11 punti verrebbe solo ritoccato portandolo a 10. L’effetto di
questo ridisegno di scaglioni e aliquote favorisce i redditi medi ed anche
quelli con un alto imponibile. Basta guardare al terzo scaglione per rendersene
conto. La riduzione di tre punti dell’aliquota favorisce proporzionalmente di
più coloro che si trovano nella parte alta dello scaglione, ovvero vicino ai 50
mila euro, che non quelli che stanno vicini ai 28 mila, poiché per questi ultimi
la riduzione agirebbe solo su una componente minimale del loro reddito che
verrebbe per il restante investito da una riduzione inferiore dell’aliquota.
Nel contempo l’aliquota del 43% rimane il tetto del sistema tributario, molto
lontano da quel 72% di quaranta anni fa, e lascerebbe indifferenti gli strati
più ricchi della popolazione. Altro che riduzione della pressione fiscale sul
lavoro dipendente e sui pensionati, soprattutto quelli con gli assegni più
bassi. Come aveva avvertito la stessa Bankitalia, la scelta di agire in modo
orizzontale sulle aliquote, per giunta riducendone il numero, finisce per
favorire maggiormente redditi ben diversi di quelli del lavoro dipendente. Alla
faccia della recente elaborazione di Openpolis su dati Ocse, che mostra come i
salari italiani siano gli unici nel quadro europeo ad essere diminuiti (del
2,9%) dal 1990 ad oggi. Ma la scelta e l’obiettivo erano altri, cioè quelli di
venire incontro ai mitici ceti medi. Lo si vede anche dall’intervento
sull’Irap, ove peraltro le cose appaiono più confuse. Non solo l’intervento
complessivo rientra negli otto miliardi previsti, mentre ne servivano ben di
più per una misura che avesse una qualche efficacia sullo scarso reddito dei
lavoratori dipendenti. Ma un miliardo se ne va per la riduzione della tassa che
svolge un ruolo fondamentale nel finanziamento del sistema sanitario nazionale,
scegliendo irresponsabilmente il momento meno indicato di fare ciò che è pur
sempre una cosa sbagliata. Un contentino alla Lega, dopo il braccio di ferro
sulle misure anti-Covid? Sarà, sta di fatto che l’eliminazione dell’Irap per
ditte individuali si aggiunge ai diversi tagli che hanno più che dimezzato il
gettito fiscale di questa imposta dal 2,7% del Pil nel 2007 all’1,2% nel 2020. L’accordo
politico è quindi pessimo, i suoi dettagli se confermati lo dimostrano. C’è
poco da sperare in questo Parlamento la cui composizione è essenzialmente
frutto delle scelte dei vertici dei partiti. Eppure sarebbe un errore
considerare chiusa la vicenda. Chi l’ha condotta afferma trionfante che si
tratta di misure strutturali e non per il solo 2022. Non è solo la Cgil a
mostrare contrarietà. Ma non è cosa che può essere lasciata a mobilitazioni
locali. Se è compatibile il lavoro con lo stato di emergenza determinato dalla
pandemia, lo è anche l’astensione dallo stesso per motivate ragioni. È proprio
il caso in cui non è necessario essere tardivi seguaci di Sorel per chiedere
uno sciopero generale. Capace di realizzare quella coesione sociale fra
lavoratori dipendenti, precari, pensionati di cui c’è grande bisogno per
riportare la questione sociale, oltre a quella sanitaria, in cima all’agenda
del paese.