Il calco che dette luogo a storia è greco, che i greci fecero discendere
da (istor istoros) ἵστωρἵστορος. L’istoros: che sa, sapiente, esperto, testimone
è a fondamento dell’ἱστορία (istoria): indagine, ricerca, conoscenza, scienza,
racconto, narrazione. Per i greci è storico ciò che
attiene alla storia, che è opera di ricostruzione dell’istoros. Per
ricostruire i fatti storici ci vuole il testimone, l’esperto, ma, soprattutto,
colui che, dai segni, sa ricostruire quello che avviene e quello che è
avvenuto. Nel processo di formazione della vita, il sapiente conosce
anche quello che avverrà. I latini resero
con la muta h lo spirito aspro di ἱστορία, che rimanda al suono χdei greci, che
si può tradurre, in modo generico, il passare. Essi si avvalsero di una
perifrasi di questo tipo per definire historia: passa il tempo del
mancare, durante il quale si apprende quello che avvienee quello
che è avvenuto. Infatti, tradussero historia: conoscenza, notizia,
ricerca storica, racconto, storia, favola, mito,
frutto anche dei significati assegnati dai greci a questa stessa parola. Il concetto di storia presso i latini attenua
la scientificità dell’istorìa,perché ingloba anche il concetto
di favola e mito.
Da istoros
i greci coniarono anche il verbo (istoreo) ἱστορέω: investigo, indago, faccio
ricerche, interrogo, racconto, narro, dipingo,
che indica, in modo abbastanza puntuale, quali sono i compiti dello storico. Inoltre,
da dipingo gli italici dedussero istoriare, che è il racconto per
immagini. Da questi elementi si arguisce che compito dello storico è indagare (anche
interrogando), è accertare la verità dei fatti per raccontarli. Cicerone,
sulla base della conoscenza della civiltà greca, definì la storia: verotestis
temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae,
nuntia vetustatis. A me piace tradurre “La storia è la vita della memoria”:
la storia è ciò di cui si sostanzia la memoria, tutto ciò che non bisogna
dimenticare, che, pertanto, deve essere ricordato. Per questo motivo,
alcuni storici si sono soffermati, a torto, essenzialmente sugli avvenimenti
grandiosi, ritenuti veramente degni di memoria. I fatti
storici devono essere la testimonianza fedele dei tempi. I greci denominarono
il tempo (chronos) χρόνος, attraverso
questa perifrasi: scorre il passare, è ciò che ho dentro l’andare a
mancare. Con questa frase, che va decrittata, in realtà affermarono: è ciò che
ci vuole per realizzare le creature o le opere umane. I latini, pur utilizzando
un simbolo diverso: tempus temporis, dissero, all’incirca,la
stessa cosa: è ciò che serve per formare la creatura fino a farla nascere:
ci vogliono nove mesi. Pertanto, nel tempo, si fanno le cose, ci sono gli
accadimenti, si realizzano i fatti.
Gli storici
latini, molto avveduti, per la ricostruzione storica, si avvalsero degli Annali,
come fonte storica. I greci avevano definito gli annali: (ta chronikà
biblia) τὰχρονικά(βιβλία), per cui, durante il Medioevo, ci fu una modificazione fonica e si
coniò cronaca. Pertanto, la cronaca, che è la materia prima della
storia, come fonte essenziale, viene così definita dal vocabolario Treccani: “Narrazione
di fatti esposti secondo la successione cronologica (senza alcun
tentativo di interpretazione dei fatti o di critica degli avvenimenti), che
costituisce la forma primitiva della narrazione storica ecc. ecc. Pertanto, gli
anacronismi sono manifestazione patente dell’inattendibilità della
ricostruzione storica. Inoltre, la storia deve dare una rappresentazione
sincronica (d’insieme) di tutti gli accadimenti di uno stesso periodo e
diacronica, per far emergere il divenire di un popolo. Quindi, la
storia, per Cicerone, è testimone dei tempi. È un’espressione molto
essenziale e molto evocativa. Lo storico deve dare una rappresentazione
completa, nel tempo e nello spazio, della vita di un popolo, degli accadimenti,
delle cause dei fatti, come se fosse stato uno spettatore, un testimone. In
greco (martyreo) μαρτυρέωsignificò: sono testimone, in quanto il
pastore disse: io sono colui che, avendo seguito passo dopo passo il processo
di riproduzione (di tutti gli accadimenti e dei fatti), sono il testimone di
tutta la sequenza del processo di formazione. Il concetto di martirio fu
dedotto, durante le persecuzioni contro i Cristiani, dalla morte cui furono
sottoposti i Cristiani per aver testimoniato la fede in Cristo morto e
risorto. Pertanto, (martyria) μαρτυρία significò: testimonianza,
mentre per i Cristiani divenne martirio per aver testimoniato la fede
in. I latini con un espediente simile coniarono testor testaris: attesto,
testimonio, dimostro, da cui dedusserotestis testis: il teste, ad indicare colui che attesta.
Ai fini della decodifica letterale di testor testaris,indico come
dovrebbe essere scritto questo verbo con grafia greca: θεδταορ-> θεστωρ, da tradurre: quando la creatura cresce, tendendo dal mancare (spingendo
sempre di più, in quanto, acquisendo nuovi organi, diviene), per me pastore
consegue il testimoniare.
Un altro
aspetto della storia è il divenire dell’uomo e dei popoli con il passare
del tempo, che, come si è detto, riguarda l’aspetto diacronico. Questo si
evince nei processi storici, sulla base anche del fatto che le creature tutte
sono in fieri continuo,non solo durante il processo di
formazione dell’essere, ma anche dopo: concezione empedoclea, contrapposta a
quella parmenidea. I latini coniarono fio: divengo (che è ciò che
l’andare della creatura determina) e venio, che è il percorso della
creatura nel grembo materno, da cui dedussero de-venio. Anche i greci
con (ghignomai) γίγνομαιrappresentarono non solo il nascere ma anche il
divenire. La creatura nasce, quando ha completato il divenire, per
cui la metamorfosi appartiene a tutti i viventi. La
ricostruzione storica dovrebbe essere veritiera: lux veritatis, che è finalità
molto difficile da raggiungere per tanti motivi, anche perché le ragioni dei
vinti non collimano con quelle dei vincitori. Inoltre, lo storico deve essere
obbiettivo, per cui deve avere la capacità critica, avvalendosi del vaglio
metodologico-scientifico dei documenti. La parola critica
è parola dedotta dal verbo κρίνω: distinguo,
interpreto, decido, penso,stimo, ritengo, giudico, che, nel gergo dialettale,
rimanda al giudizio soggettivo, alla maldicenza nei confronti dell’assente, mentre,
per i greci, indicò il massimo dell’oggettività. Infatti, da κριτός, aggettivo verbale, furono dedotti: κριτής: interprete, arbitro, giudice, κριτήριον: norma, regola per discernere il vero dal falso, e l’aggettivo
κριτικός: del giudice, atto a discernere, a giudicare. Inoltre,
con (kritikà tecne) κριτικά(τέχνη) indicarono l’arte del giudicare, la critica. Giudicare è
compito non facile, perché la sentenza/giudizio non è del tutto
disgiunta da elementi soggettivi.
Il
cristianesimo e il Manzoni introdussero nei processi storici la Provvidenza,
che è Dio che interviene, come nel Vecchio Testamento, nelle vicissitudini del
suo popolo. Il Manzoni, inoltre, nell’Adelchi, evoca la Nemesi storica, che è
Dio che fa giustizia degli errori dei padri. Dal verbo νέμω: distribuisco, spartisco, assegno, i greci
dedussero il deverbale (nemesis) νέμεσις: giustizia
distributiva: dare a ciascuno il giusto dovuto. Poi, questo concetto fu
mitizzato e divenne Nemesi anche come Giustizia divina e/o Vendetta: Dio vindice. Infine, nella
ricostruzione storica delle origini della civiltà greca e latina spesso i fatti
s’intrecciano con il mito e l’epos. A (mythos) μῦθος, che fu dedotto da μυθέομαι: dico,
espongo, tratto, racconto, i greci attribuirono diversi
significati: parola, racconto, diceria, fama, raccontofavoloso, mito (nel senso suo proprio), intreccio della
tragedia. La parola mito fu il risultato della seguente perifrasi
attinente al processo formativo: è ciò che nasce (manca) dai racconti
grandiosi. Se la storia delle origini è il racconto della nascita degli dèi
e di tante Personificazioni: Diche/Giustizia, Chrono/Tempo, Erinni/Furie,
Nemesi/Vendetta, Ananke/Fato, Morfeo/Sogno ecc., con l’ἔπος (epos): parola,
oracolo, racconto epico (dedotto da εἱπεῖν: dico,
discorro, celebro), vengono esaltatigli eroi umani
(semidei), che, con l’assistenza degli dèi, compiono imprese leggendarie e
lotte titaniche, degne di essere celebrate. Omero e
Virgilio sono i modelli insuperati di un genere poetico, ma anche di una
ricostruzione storica favolosa. L’essenza
della mitologia e della fabula è il germinare di eventi
leggendari da inizi di poco conto, vili e quasi spregevoli. I latini, appunto,
con fabula, indicarono quello che si favoleggia di vicende grandiose, di
cui mancano testimonianze dirette. La favola è
anche la diceria, che, spesso, è inventata, come la favola scenica. Nella storia
arcaica c’è sempre il mito, l’epos, la fabula. Mi piace
concludere con delle espressioni del linguaggio parlato: non fare storie! / quante
storie! / nel senso di farla lunga, e dire storie, nel senso
di accampare scuse, a cui nessuno presta fede.