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mercoledì 22 dicembre 2021

ALESSANDRIA ELEGANTE E DISCRETA
di Laura Margherita Volante

La Cattedrale

Nata e cresciuta ad Alessandria, ricordo la mia città come luogo della sobrietà elegante e discreta, come il luogo dell’amicizia affabile senza tante smancerie, ma dell’esserci con i fatti più che con le parole. L’alessandrino afferma che “le persone devono arrivarci da sole…, che non si sta in paradiso a dispetto dei santi”, che “le regole sono dentro e non fuori”, ecc. Queste poche frasi evidenziano uno spirito umano dove rispetto e dignità fanno la differenza per un vivere civile di educazione e di armonia, dove l’altro detiene un posto secondo il proprio ruolo di persona. Il senso del pudore dei sentimenti non si lascia travolgere da stati emotivi che ne offuschino la qualità umana. Città il cui popolo per tradizione operoso ha tracciato un percorso industriale in vari settori della società, dagli zuccherifici – le cui barbabietole emanavano per il loro periodo di raccolta un odore non gradevole – ai cementifici fino ad arrivare alla produzione di sete e all’arte orafa, ma non solo. Popolo lavoratore e concreto che non disdegna la buona tavola, la bellezza dell’arte della cultura e della parola: introverso e riflessivo manifesta in molti campi genialità unita alla tenacia e alla determinazione. Sono nata nel sud fra lo scorrere di due fiumi. Il Tanaro e il Bormida, per gli Alessandrini la Bormida. 


Il Palazzo Comunale

Le mie radici si bagnano di lacrime per la terra amata piena di dolci ricordi. Ricordo la mia città fra piazze e strade larghe, il Duomo, l’Orologio della Libertà e quello fiorito ai giardini del parco davanti la stazione. Le Quattro stagioni dipinte dai maestri del tempo, incantano i suoi giardini e la fontana di piazza Matteotti, chiamata ancora piazza Genova sotto lo sguardo dell’Arco di Trionfo, che si erge davanti a via Dante. Ho ancora la visione della Cittadella di Alessandria, una delle più grandiose fortificazioni europee, candidata nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco. Da bambina sul seggiolino della bicicletta, portata da mio padre, per andare nel circolo sportivo della Saves, passavo davanti ai Bastioni della Cittadella, mentre miei occhi ignari si riempivano di meraviglia davanti a quel monumento, che appariva d’improvviso, appena girata la curva della strada. Provavo un senso di piccolezza importante.


Una veduta aerea della Cittadella

Un’emozione rassicurante, era sempre lì e sempre lì la ritrovavo. Oggi conosco la storia di questo perfetto esempio di fortificazione moderna, sulla sinistra del fiume Tanaro, fortezza di primo rango, funzionale allo sbarramento dei transiti militari della “Strada di Fiandra, tra le meglio conservate in Italia. Fu costruita dai Savoia e il 10 marzo del 1821 fu innalzato il vessillo tricolore. Si fanno spazio nella mente la nebbia, la neve e poi le zanzare che scandivano le stagioni del tempo, breve tra le tue braccia e i tuoi vicoli, dove ancora sento il profumo del pane fare eco nell’anima. Quella nebbia attraversata, in fretta di tornare nel tepore della casa, accanto a ombre sconosciute. Non avevo paura, perché era una nebbia tranquilla, che sapeva di buono. Ricordo la neve sui marciapiedi davanti casa spalata dai suoi cittadini, segno di civiltà, ai bordi delle vie, e noi bambini che giocavamo con le palle di neve, per poi mangiarla per il suo fresco candore. Ho ancora nelle narici il profumo dei mandorli in fiore e la nostalgia delle merende sui prati cercando il quadrifoglio o fingendo di averlo trovato, dividendo un petalo gridando: eccolo

L'Arco di Trionfo in una foto storica

E che dire della stagione più calda, l’estate bruciante, assolata e piena di zanzare e le ciabattate sul muro. Mi sovviene l’arrivo dell’autunno, tipico del suo naturale carattere malinconico, fra i ricci delle castagne, noci e nocciole, mentre il profumo dei muschi attirava i cercatori di funghi alla ricerca del porcino più grande, per mostrarlo agli amici, come una coppa. Il silenzio dignitoso e raccolto dell’anima della mia terra è canto di partigiani e parole cantate da Paolo Conte. Essa è il mito, con “L’Airone”, Coppi su due ruote e “Il tocco di velluto” di Rivera, che fin da bambino giocava nei Grigi, per diventare il campione raffinato del pallone. Il numero uno! Alessandria è storia, letteratura e poesia, dove fa Eco Umberto con “Il nome di una Rosa, e la voce poetica di Cesare Pavese con Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, e Lavorare stanca a Santo Stefano Belbo, ai margini delle Langhe, nel triangolo del cuore piemontese, fra Cuneo, Alessandria e Asti, i cui confini si fondono e confondono nel Monferrato. E che dire avendo ancora negli occhi il colore dei vigneti, il cui rossore è la timida passione dell’alessandrino, ripiegato nel suo silenzioso pudore. 


La splendida Piazza Garibaldi

Alessandria la bella città del sud dalle forme sinuose, che nel suo ventre ha portato i geni modesti dei grandi, io la porto nel cuore. Alessandria è il dovere laborioso a schiena china per il raccolto dei campi, ma a testa alta e fiera dei braccianti di Pellizza da Volpedo. Questa è la mia terra! O Alessandria che mi prendi per mano, fin dalla mia infanzia e giovinezza, scorse fra le vigne del Monferrato e i colori delle Langhe e per i vicoli segreti e discreti verso Piazzetta Santa Lucia e le bancarelle dei leccabon in onore della Santa, protettrice degli occhi. Questa è la terra dove sono nata, nel sud fra due fiumi, incisa nella mia anima.

ALBUM

Elegante via del centro storico


Piazza Mazzini


Veduta della città