Gli
interrogativi posti in questo scritto da Marco Vitale sono ineludibili, e si
inseriscono nel dibattito che da qualche tempo si è aperto sul destino della
vasta aerea di San Siro, e di cui “Odissea” sta dando conto. All’inizio
sembrava che la questione dello stadio Meazza San Siro fosse una questione prevalentemente
se non esclusivamente tecnico-sportiva, tra chi pensa che lo stadio Meazza
possa essere rinnovato senza demolirlo (come è successo in altri importanti
stadi europei) e chi pensa, invece, che solo la sua demolizione e ricostruzione
totale o quasi potrà dotare le squadre (di nascita e storia milanese ma
attualmente di controllo cino-americano) di uno stadio all’altezza delle loro
ambizioni sportive ed economiche. Poi
si è incominciato a capire che non si trattava di una questione meramente
tecnico-sportiva ma di una grande questione urbanistica. Chi ha aiutato la
cittadinanza a capire questo passaggio sono stati gli stessi operatori
interessati, con le loro pretese esagerate. Per spiegare e giustificare pretese
così esagerate, la partita in gioco doveva essere ben più grossa della semplice
esigenza di dotare Milano di uno stadio di calcio più moderno. Ma appena si
imbocca, come si deve, la riflessione urbanistica subito i temi si allargano e
si arricchiscono e diventano non più solo urbanistici ma di strategia generale
cittadina e metropolitana. Ci si rende conto che, da come si affronterà la
questione dello stadio Meazza, dipendono tante altre questioni di importanza strategica
per la città e per l’area metropolitana. E a questo punto le domande importanti
che si affollano alla mente si moltiplicano. Ma veramente la questione si
riduce a dare una risposta all’esigenza delle squadre cino-americane di Milano
di poter contare su uno stadio di calcio supermoderno più qualche nuovo
grattacielo per superricchi, magari abitati da super campioni e super dirigenti
entrambi superpagati, che hanno portato il calcio italiano nuovamente sull’orlo
del fallimento, o non è piuttosto il momento di cogliere l’occasione della
necessaria modernizzazione dello stadio per sviluppare un grande progetto
urbanistico e di crescita civile di ampio respiro?
Non
può essere questa l’occasione per realizzare un progetto di sviluppo e
valorizzazione dell’ampia area nella quale è inserito lo stadio (ma non solo
questo!) ed i suoi abitanti, area che si presta in modo mirabile ad essere
interamente riqualificata, sviluppata e meglio collegata con l’area
metropolitana, per contribuire così a fare Milano più bella, più civile, più
città? E in quale considerazione va tenuta non solo la modernizzazione dello
stadio ma anche la modernizzazione dei trasporti? E come si lega con il tema
dello stadio quello della valorizzazione di altre aree connesse ma non armonicamente
legate tra loro? E come sistemare altre aree e manufatti che, per trascuratezza
o mancanza di coordinamento e lucidità urbanistica e strategica, sono
imbruttiti o male utilizzati? Ma
proseguendo l’esame dei temi urbanistici e strategici cittadini si finisce,
inevitabilmente, per dover affrontare i temi economici.
Un
manager sportivo di livello internazionale e del quale ho la massima stima mi
scrive: “È sbagliato il processo, sono sbagliati gli economics ma non l’idea
di volere un nuovo stadio a Milano. San Siro è inadatto alla moderna fruizione
dello spettacolo sportivo e non. Le parlo con cognizione di causa. Mancano
strutturalmente, in almeno quattro aree, le condizioni base di fruizione. Ma
trovo errato il percorso di coinvolgere in prima istanza le archistar senza
aver fatto a monte un piano sportivo, urbanistico, finanziario, marketing e
commerciale. Sicuramente penso che al giorno d’oggi un investimento immobiliare
sportivo di oltre un miliardo non sia sostenibile. Negli oltre 280 impianti
sportivi costruiti in Europa, negli ultimi dieci anni, ci sono esempi di
rapporto qualità/ prezzo straordinari. Primo fra tutti lo stadio RCDE Stadium
di Barcellona costato 55 milioni per una capienza di 40000 spettatori. Andrebbe
studiato un utilizzo da community stadium come fatto altrove. C’è una penuria
di impianti multifunzionali in vasti territori e mi sembra che Milano non
sfugga a questa situazione. All’estero abbiamo casi in Germania, Svezia,
Inghilterra, Francia, Polonia, Olanda, Portogallo, Spagna. Tutto questo sarebbe
possibile se nel processo dovessero essere coinvolte persone con esperienze
specifiche, capacità di anticipazione e visione, questo non solo nelle società
sportive, ma soprattutto nelle istituzioni coinvolte. Ho l’impressione che le
best practice internazionali non le abbia studiate nessuno degli attori
coinvolti a Milano”.
E
Mario Nicoliello, studioso italiano dell’economia del calcio e dello sport in generale,
dopo aver letto quanto sopra, mi scrive: “Io non sono un esperto quanto lui e quindi non ho elementi per
giudicare se la sua posizione ("la ristrutturazione è tecnicamente
impossibile") sia quella corretta oppure no. D'altronde nella mia precedente
nota, non ho parlato né di optare per la demolizione, né di preferire la
ristrutturazione. Mi sono semplicemente focalizzato su altri aspetti. Nel prendere posizione
su un tema che mi appassiona ho voluto semplicemente mettere sul tappeto due
elementi che nessuno fino a quel momento (settembre 2021) aveva considerato: a) le Olimpiadi invernali 2026: una certezza b) le Olimpiadi estive: un sogno per il futuro. In merito al punto a),
posso dire che l'argomento è ora entrato a pieno titolo nel dibattito, tanto
che è stato convenuto che i lavori per l'impianto futuro (sia che si tratti di
ristrutturazione, sia che si tratti di demolizione) non scatteranno prima di
febbraio 2026. Possiamo quindi dire che aver sollevato quell'argomento a
settembre è servito quanto meno a scongiurare che i lavori potessero scattare
subito e non concludersi prima della data fatidica. Sono felice quindi di aver
messo l'argomento sul tavolo e del fatto che da ottobre tutti lo hanno
affrontato. Ma voglio riagganciarmi alle sue considerazioni finali: "mi
piace vedere il futuro, sognare
e scrivere quale potrebbe e dovrebbe essere la casa dello sportdel prossimo decennio". (sottolineatura da me aggiunta).
Sono felice che lui
abbia parlato di sport e sia andato oltre il calcio. Il punto che vorrei
sostenere è che a mio avviso è indispensabile che nella governance del nuovo
impianto - indipendentemente se questo scaturisca da demolizione o
ristrutturazione - ci debba essere la parte pubblica, perché il nuovo San Siro
deve contemplare non solo le esigenze dei club ma anche quelle sportive della
città. Detto ciò, avanzerei un quesito legato a una aspirazione: la
città di Milano desidera organizzare i Giochi olimpici estivi nel giro dei
prossimi quindici anni (il primo slot libero è datato 2036) o no? Se la risposta è sì, io
contemplerei già nella progettazione del nuovo impianto la possibilità
dell'utilizzo multifunzionale, così da poterlo porre al centro di un eventuale
percorso di candidatura per accaparrarsi l'organizzazione dei Giochi. Se invece
la risposta è no, allora che si pensi solo alle esigenze del calcio e che si
seguano le best practice internazionali, esclusivamente in materia calcistica”.
E, aggiungo io, si facciano quadrare i conti
con la speculazione immobiliare.
Sono
state queste parole di un manager sportivo di grande competenzainternazionale e onestà intellettuale,
convinto che il Meazza vada rifatto strutturalmente che, incrociate con le
affermazioni di Mario Nicoliello e del
sindaco, mi hanno dato la chiave di lettura finale. Non è solo una questione
tecnico-sportiva, ma neanche solo una questione urbanistica, né di strategia
cittadina generale, né solo economica. Si tratta di una questione più
importante, più radicale, più complessa. Si tratta di una questione di: dignità per Milano.
Di
fronte a temi così complessi e che richiedono tante diverse competenze ed esperienze,
come può il sindaco rivendicare di decidere lui da solo previa consultazione
con i diretti interessati? Come può affermare di poter disporre di una zona
importantissima della città sulla base di una sua semplice personale trattativa
privata, senza coinvolgere le competenze professionali della città, il
consiglio comunale, l’opinione pubblica, il sentimento cittadino? Come può offendere
un cittadino, ricco ma mai sbruffone e sempre misurato, un vero milanese nel
senso migliore, come Massimo Moratti, con una affermazione di grossolanità rara
tipo: se vuole San Siro se lo compri? È vero che questa infelicissima uscita è
stata poi ritrattata ma già Metastasio ci aveva insegnato che “voce dal sen
fuggita poi richiamar non vale” (secondo atto, opera Ipermestra). E prima di
lui un altro poeta, Orazio (nell’Arte poetica) aveva affermato che “nescit vox missa reverti”. La verità vera è,
dunque, che la questione è stata condotta in modo non solo offensivo per
Moratti ma per la città intera. La questione vera è quindi semplicemente una
questione di: Dignità per Milano. È questo ciò che rende la questione così
maledettamente triste e maledettamente importante. Ma non è mai troppo tardi.