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lunedì 13 dicembre 2021

EX CASERMA VITTORIO VENETO
di Vittorio D’oriano*



 
 
La ex Caserma Vittorio Veneto, già sede dell’Accademia Militare di Sanità, è situata in uno dei luoghi più caratteristici di Firenze, stretta fra l’Arno, il complesso di Forte Belvedere, Palazzo Pitti. Un luogo denso di memorie storiche e di emergenze architettoniche uniche al mondo. Dal punto di vista territoriale e ambientale, proprio per l’unicità dei luoghi e della bellezza naturale dal valore inestimabile, si ha difficoltà ad indicare l’emergenza più emblematica giacché tutto appartiene alla storia di Firenze, del rinascimento e quindi del mondo. Dal punto di vista più propriamente naturalistico l’area è contraddistinta da un equilibrio precario giacché almeno due sono le emergenze che tale la rendono. L’ossatura geologica di tutto il rilievo è costituita da quella che un tempo era chiamata “pietraforte”, la stessa di molti palazzi e ponti fiorentini compreso Palazzo Pitti. Si tratta, come è noto sinteticamente, di una successione di arenarie generalmente a grana fine ma con livelli anche più grossolani, di colore “marrone avana ma non spento”, alternati a livelli francamente argillitici. I pochi affioramenti esistenti evidenziano una inclinazione verso nord-nord est, ovvero verso Via dei Bardi come segnalato nella cartografia specifica. Questa inclinazione, laddove si presenta meno inclinata del pendio, può dar luogo a movimenti gravitativi come già accaduto nei secoli passati. "In passato su quella collina si era costruito molto e si verificavano spesso delle frane", racconta Nicola Casagli, geologo dell'Università di Firenze che ha condotto il monitoraggio del lungarno crollato con strumentazione radar e dati satellitari e ha raccolto un'ampia documentazione sulla storia degli eventi calamitosi sopra via de' Bardi. Nel 1284 una frana distrusse circa cinquanta case provocando una ventina di vittime. Un'altra frana nel 1547 fece crollare molte case e causò tre vittime. Si racconta che Bernardo Buontalenti, bambino, si salvò per miracolo. La chiesa di Santa Lucia de' Magnoli è detta delle Rovinate perché è stata distrutta tre volte dai movimenti franosi. Anche palazzo Capponi, fatto costruire da Niccolò da Uzzano nella prima metà del Quattrocento, è chiamato delle Rovinate. Il problema dell'instabilità della collina fu brillantemente risolto nel 1565 da Cosimo de’ Medici che fece affiggere in via de' Bardi una targa, ancora oggi presente, che ordina (in latino): "Le case edificate su questo monte per tre volte sono crollate per deterioramento del terreno. Nessuno dovrà costruire di nuovo. Cosimo de' Medici II Duca di Firenze e Siena vietò nell'ottobre 1565" (Nicola Casagli, “la Repubblica”, 2 agosto 2016).



È pur vero che “altri lavori nel corso dei secoli hanno contribuito a ridurre il rischio in Costa de' Magnoli: la galleria voluta dal Poggi per collegare l'antico acquedotto all'Arno, proprio sotto l'area collassata (si riferisce alla voragine occorsa sul lungarno Torrigiani ndr) e la costruzione del lungarno Torrigiani, totalmente artificiale. "Senza più l'erosione costante dell'Arno, contenuto dal lungarno che prima non esisteva, la Costa de' Magnoli è stata risparmiata e protetta", spiega Casagli. Dal 1992 la certezza è matematica: "I monitoraggi svolti più volte negli ultimi 24 anni hanno sempre escluso movimenti in corso. Anche quello più recente a maggio, nei giorni successivi al crollo" (ibidem).
Ciò nonostante, e arriviamo alla seconda emergenza da segnalare, tutto il versante presenta una ricchezza d’acqua tanto sorprendente quanto poco nota se non agli abitanti di Via dei Bardi e di Lungarno Torrigiani, della quale sono testimone diretto avendo potuto eseguire un sopralluogo, nell’ottobre del 2020, in una abitazione al piano terra di Via dei Bardi, proprio sotto il complesso ex militare. Ebbene, non solo i proprietari della casa lamentavano che periodicamente, e non sempre in coincidenza di eventi piovosi severi, la casa era invasa dall’acqua che filtrava da monte, ma tutto lo scantinato era invaso da una lama d’acqua fra i 30 e i 40 centimetri, che secondo la testimonianza dei proprietari difficilmente si prosciugava anche durante la stagione asciutta. Queste due particolarità suggeriscono, se non impongono, che già in sede dell’eventuale approvazione della variante urbanistica sia reso obbligatorio che tutta l’area contenuta nel quadrilatero Via dei Bardi, Piazza di Santa Maria Soprarno, Palazzo Pitti, Porta San Giorgio, Santa Lucia dei Magnoli venga preventivamente investigata con dovizia di indagini geognostiche sia dirette che indirette per ricostruire non solo l’assetto geostrutturale in corrispondenza soprattutto degli scavi, per valutarne la stabilità propria e gli effetti indotti al costruito, ma anche il modello idrogeologico locale e le sue variazioni stagionali.


*Geologo, componente della Consulta dell’ISIN,
Ispettorato Nazionale per la Protezione Nucleare
e Radioprotezione,
già Vicepresidente Consiglio Nazionale Geologi,
già Presidente della Fondazione Centro Studi
del Consiglio Nazionale dei Geologi
già ordinario di Geografia fisica e climatologia
presso l'Università di Firenze