Un patrimonio culturale
sommerso nel Mediterraneo. Il mare è ben più che una
risorsa “strategica”: non solo dal punto di vista politico, sociale,
ambientale, ma, specificamente, sotto il profilo culturale. La maggior parte del
pianeta è costituita da mari e la maggior parte della popolazione vive in
prossimità dei mari o, in ogni caso, è socialmente o culturalmente legata ai
mari e agli ambienti acquatici. Sono 69 gli Stati parte della Convenzione
UNESCO per la protezione del patrimonio culturale sommerso (Parigi, 2001), di
cui una ventina si affacciano sul Mediterraneo; e in questo contesto, due aree cruciali
sono quelle della ricerca (la grande quantità di elementi ed eredità dei popoli
e delle culture che, nel corso dei millenni, si sono depositate nel
Mediterraneo) e della salvaguardia (un patrimonio prezioso e delicato, esposto
non solo all’impatto dello sconvolgimento climatico ed ecosistemico ma anche
alle predazioni e ai traffici illeciti dei beni culturali). Per patrimonio culturale
sommerso si intende, infatti, l’insieme delle eredità, vale a dire l’insieme
dei beni e dei contenuti culturali e, più complessivamente, delle tracce di
presenza umana, di carattere storico, culturale o archeologico, che sono stati,
del tutto o in parte, sott’acqua, periodicamente o continuativamente, per
almeno cento anni. La Convenzione protegge dunque l’insieme di queste tracce e
di queste eredità nel loro contesto, e declina, insieme, sia ai fini della
definizione sia ai fini delle azioni di tutela, «cultura» e «paesaggio»,
patrimonio culturale e patrimonio paesaggistico, con un’aggiunta legata alla
specificità e alla delicatezza dell’ecosistema e del paesaggio culturale
marino. Una complessità che richiede, al tempo stesso, uno sforzo di tutela e di
conoscenza: ciò che fisicamente si percepisce, infatti, quando si volge
lo sguardo al patrimonio culturale sommerso non è altro che una vasta distesa
marina; il patrimonio culturale sommerso non è normalmente
visibile e può essere non facilmente accessibile e, tuttavia, non di meno è vivo,
ed è, al contempo, sottoposto a continui fenomeni di erosione e di predazione.
Tra i principali
obiettivi vi è, dunque, quello di proteggere il patrimonio sommerso e di
consentirne la conoscenza, l’accesso e la fruizione. Ciò ha a che fare anche
con gli allestimenti espositivi e le presentazioni museali che - in particolare
per quanto riguarda il patrimonio sommerso - non possono prescindere dalla
presentazione del bene nel proprio contesto, con una rappresentazione anche dell’intorno
storico, ambientale e paesaggistico. Le “buone pratiche” individuate dall’UNESCO
- ricerca e fruizione dei diritti culturali legati al patrimonio culturale che
si trova sott’acqua - si raccolgono, sostanzialmente, in tre aree: incoraggiare
l’accesso e la fruizione non intrusivi e responsabili; incrementare la
conoscenza, la consapevolezza e la protezione, a livello pubblico, del
patrimonio sommerso; sviluppare la ricerca e la conservazione del patrimonio
stesso. Importanti, in tal senso, gli strumenti normativi internazionali, quali
la Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico
(La Valletta, 1992); la Convenzione UNESCO per la protezione del patrimonio culturale
sommerso (2001); la Convenzione europea del paesaggio (Firenze, 2000); la
definizione stessa dell’archeologia subacquea (come «studio delle azioni umane
del passato e delle eredità storico-culturali in contesti acquatici», con
particolare riferimento alla conoscenza e alla protezione dell’ecosistema
marino), che assume una inedita centralità nel Decennio ONU degli oceani per lo
sviluppo sostenibile (2021-2030).
Pensare a un itinerario culturale
del patrimonio sommerso significa unire le sponde del Mediterraneo, attivare la
dialettica, culturale e politica, tra Europa e Mediterraneo e, al contempo,
unire in rete luoghi e contesti sociali e culturali, dando rinnovata linfa all’ispirazione
fondamentale dell’UNESCO per la prevenzione della guerra e la costruzione della
pace attraverso la conoscenza e l’amicizia tra i popoli. Scopo precipuo
dell’UNESCO è infatti di «contribuire alla pace e alla sicurezza promuovendo la
cooperazione tra le nazioni attraverso l’educazione, la scienza e la cultura,
al fine di sviluppare universale rispetto per la giustizia, lo stato di
diritto, i diritti umani e le libertà fondamentali per tutti i popoli, senza
distinzione di etnia, sesso, lingua, religione». Si sono già svolte alcune
rilevanti iniziative museali, quali “Thalassa” al Museo Archeologico Nazionale
di Napoli e “Mirabilia Maris” al Palazzo Reale di Palermo, e numerose sono le attività
che puntano a sviluppare consapevolezza del mare (in particolare, del
Mediterraneo) presso l’opinione pubblica, spesso condizionata dalla percezione
di un Mediterraneo mare di guerra, di conflitti e di violenza, e non ancora mare
di pace, di incontro e di dialogo tra i popoli. Ulteriore buona pratica, in tal
senso, è il progetto MUSAS (MUSei di Archeologia Subacquea) per la «messa in
rete di aree archeologiche sommerse e musei che conservano reperti di
provenienza subacquea attraverso l’adozione di soluzioni tecnologiche
innovative», progetto che abbraccia i siti di Baia (Parco sommerso di Baia,
Villa dei Pisoni e Ninfeo di Punta Epitaffio) e il Museo archeologico nazionale
dei Campi Flegrei; Egnazia (porto sommerso e Museo archeologico nazionale
Giuseppe Andreassi); Kaulonia (Parco archeologico sommerso e Museo archeologico
dell’Antica Kaulon); Crotone (Museo archeologico nazionale e Parco archeologico
di Capo Colonna).
In questo scenario si
inserisce la Candidatura al Consiglio d’Europa dell’Itinerario Culturale
“Mediterranean Underwater Cultural Heritage”, che mette in relazione Calabria,
Campania, Puglia, Sicilia, Grecia, Egitto, Israele e Turchia e abbraccia
numerosi punti dell’ecosfera culturale mediterranea dalla Baia Sommersa nei
Campi Flegrei e il Parco Sommerso della Gaiola in Campania, fino alle Isole
Egadi, Pantelleria, Plemminio e Ustica in Sicilia; dai siti di Egnazia, Isole
Tremiti, San Pietro in Bevagna in Puglia, per arrivare a Capo Rizzuto, in
Calabria; e svilupparsi poi nel Mediterraneo orientale con Pavlopetri e
Peristera in Grecia; Alessandria d’Egitto; Cesarea Marittima, in Israele, fino a
Kizlan, in Turchia. La candidatura, una delle novità più affascinanti tra gli itinerari
culturali, che si affianca peraltro al recente riconoscimento della “Rotta di
Enea” come itinerario culturale trans-nazionale del Consiglio d’Europa, è stata
presentata lo scorso 26 novembre con la prima Conferenza Mediterranea sul
turismo archeologico subacqueo - Candidatura al Consiglio d’Europa
dell’Itinerario Culturale “Mediterranean Underwater Cultural Heritage”,
nell’ambito della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, che si è svolta
a Paestum, anch’essa Patrimonio UNESCO con il Parco nazionale
del Cilento e Vallo di Diano, tra il 25 e il 28 novembre scorsi.