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venerdì 24 dicembre 2021

MODENA E PERUGIA
di Romano Rinaldi


Veduta di Modena

Due città a confronto.
 
Manco dalla mia città da molti anni ormai ma il primo quarto di secolo trascorso a Modena mi ha lasciato tracce che non sbiadiscono, nonostante tutti gli altri colori, suoni e sapori che si sono sovrapposti fino al terzo quarto del primo secolo della mia vita. Tralasciando tutte le altre città, italiane ed estere, in cui ho vissuto nel frattempo, spesso mi trovo a fare confronti tra Modena e Perugia, dove vivo ormai da 32 anni. La prima sensazione che contraddistingue e rende assai diverse queste due città sta nelle caratteristiche orografiche. Modena è una delle città più piatte che si possano immaginare, tanto che da ragazzo, quando volevo dare un po’ di lena ai miei muscoli irrequieti, facevo in bicicletta una corsa in pianura fino a Maranello, per poi cimentarmi in qualche bella salita fin su a Serramazzoni e provare finalmente l’ebbrezza della discesa a velocità che oggi non azzarderei ad eguagliare in automobile. Molti anni dopo, quando arrivai a Perugia con moglie e figlie, barattai la mia bici da corsa per una “mountain bike”, di moda a quel tempo. Ben presto però dovetti desistere perché le ripide salite e le contorsioni delle strade di città mi fecero capire che rischiavo la salute e l’incolumità, ansimando tanto intensamente in mezzo al traffico che era, per giunta, totalmente irrispettoso delle due ruote.


La facciata del Duomo

Modena fu abitata in epoche molto antiche, fino dal paleolitico. Molto più tardi, nell’Età del Bronzo, ci furono insediamenti palafitticoli. Vanno sotto il nome di “Terramare” non perché, come potrebbe sembrare, ci scorresse sotto l’acqua e tantomeno l’acqua del mare. È un nome attribuito ai primi ritrovamenti di questi siti, caratterizzati da accumuli di terre con caratteristiche peculiari, scure (amare) e ricche di detriti spesso indecifrabili, a volte contenenti abbondanti reperti in terracotta e bronzo risalenti ad epoche comprese tra il XX e il XIII secolo a.C. Le palafitte offrivano molti vantaggi, erano infatti sospese sul livello del suolo che poteva di tanto in tanto essere invaso dall’acqua delle alluvioni e offrivano un ampio spazio sottostante in cui disfarsi di tutti gli scarti della vita domestica e dell’insediamento produttivo, che venivano così dispersi dall’acqua, mantenendo una discreta pulizia nell’ambiente vissuto. Insomma un primo esempio di utilizzo razionale del territorio e sue risorse. Le lavorazioni ceramiche e metallurgiche avevano già raggiunto una notevole specializzazione e questi insediamenti possono quindi essere considerati gli antesignani dei distretti artigianali ceramici e meccanici che caratterizzano tutt’ora l’area di Modena.
La città fu poi insediamento romano fortificato (Mutina) e centro molto attivo nel medioevo, di cui conserva opere monumentali di gran pregio, quali il Duomo e la torre Ghirlandina. In epoca più recente fu sede del ducato Estense di Modena, Parma e Reggio di cui conserva l’impianto urbanistico fondamentale e il palazzo Ducale, una vera reggia di città, ora Accademia Militare dell’Esercito.


Piazza Grande colta dall'alto

Più che le tradizioni tramandate da questa illustre origine, la caratteristica di essere una città di pianura, a mio avviso ha giocato un ruolo fondamentale per forgiare il carattere dei suoi abitanti. Si tratta di un misto di orgogliosa appartenenza e contemporanea apertura verso quanto può venire da fuori per migliorare il proprio status. In pratica, essendo una città non difendibile dalle incursioni ed essendo posta al crocevia di strade che si incontrano in una sorta di Y rovesciata con la direzione Nord che punta direttamente al Brennero e le due diramazioni verso Sud che puntano nelle direzioni delle due coste a Est ed Ovest della penisola, è inevitabilmente divenuta crocevia di culture e facile preda di invasioni. Da queste ultime, piuttosto che una passiva sottomissione, ha operato una selezione, utilizzando il meglio dell’invasore per trarne profitto, pur mantenendo la propria identità. Non mi spiego altrimenti la tranquilla accettazione di persone con diversi accenti o persino lingue estere, alle quali il tipico modenese si rivolge semplicemente parlando dell’argomento in questione, sia questo una indicazione stradale, l’acquisto in un negozio o un commento sui fatti del giorno. Magari intercalando all’italiano qualche espressione dialettale con accentuate tonalità teutoniche.


Modena città di Pianura

Quando la stessa situazione si presenta a Perugia, prima di qualsiasi risposta a tono, l’interlocutore, accortosi della diversità dell’accento, si informa immediatamente sulla provenienza del “forestiero”, quando non lo chiami addirittura “straniero”. Al che la mia immancabile risposta è: “ma certo, vengo da Città di Castello”, e questo viene accettato, il più delle volte, come una possibilità. In effetti il tifernate ha una inflessione vagamente romagnola e questo mi salva dall’essere considerato a tutti gli effetti uno straniero! A questa malcelata curiosità che il più delle volte nasconde diffidenza, io attribuisco un’origine dalla città fortificata, posta su un colle impervio e con mura tutt’ora ben salde a partire dai bastioni etruschi, rinforzati dal rifacimento romano, con l’aggiunta della bella porta di Augusto (detta Arco Etrusco) e tutta la cerchia successiva di mura medievali.


Perugia. Palazzo dei Priori
Fontana Maggiore

Di quest’ultimo periodo Perugia conserva opere architettoniche e artistiche di grandissimo pregio, oltre all’istituzione di una delle più antiche e prestigiose Università, agli inizi del XIV secolo. Tuttavia la città, originariamente retta da priori in rappresentanza dei vari potentati locali e rionali, dopo la unificante signoria Baglioni, venne soggiogata dallo Stato Pontificio e vide la costruzione di una delle più possenti fortezze del 1500 sotto il dominio del Papa Paolo III (la Rocca Paolina). Dominazione che perdurò per tre secoli, salvo un’eroica insurrezione nel 1848 che inopinatamente sfociò, dopo la vittoria, nella parziale distruzione della Rocca Paolina, una “vendetta” che tolse ai perugini la possibilità di difendersi dalla successiva, pressoché immediata, riconquista della città da parte delle truppe papaline. Situazione che rimase fino alla proclamazione dell’Unità d’Italia nel 1861. Oggi i sotterranei a grandi volte della Rocca Paolina offrono ampi e molto suggestivi ambienti per allestimenti di mostre ed eventi culturali, oltre al quotidiano passaggio delle scale mobili con le quali si raggiunge la città alta dalla immediata periferia sotto le mura. Una passeggiata indimenticabile attraverso l’archeologia della città con tutti i suoi livelli sotterranei, quasi una rappresentazione del cuore della città o se si vuole, delle sue budella.


Perugia. Via dell'Acquedotto

Quando arrivai a Perugia, il collega e caro amico che venivo a sostituire per trasferimento reciproco, mi accompagnò in una passeggiata dalla sede dell’Ateneo a Palazzo Murena, su in città attraverso l’Arco Etrusco e la via Maestà delle Volte fino alla Fontana Maggiore posta tra la Cattedrale e il Palazzo dei Priori. Una breve visita alla Sala dei Notari decorata con affreschi cavallereschi e le insegne delle famiglie che avevano governato la Città e poi giù di nuovo ma stavolta prendendo la scorciatoia sulla via dell’Acquedotto, passando sopra i tetti delle case del quartiere universitario. Una passeggiata che ho ripetuto tante volte quando avevo bisogno di distogliermi dal problema che pareva insolubile e tornare poi a tavolino a mente fresca e pronta a trovare la soluzione. Infatti Perugia, col suo sviluppo tridimensionale, può offrire ispirazione e allenamento per la cristallografia strutturale dovendosi orientare tra i diversi piani dell’intrigo di strade e sottopassi che uniscono i vari livelli su cui è costruita la città. Però, se si sbaglia il “gruppo spaziale”, si finisce irrimediabilmente fuori strada!


Perugia e i suoi vicoli

Delle mura di Modena rimane invece da secoli solamente la traccia pentagonale nelle strade dei viali alberati che circondano il centro cittadino e quella che era un tempo la cittadella fortificata fu spianata in tempi antichi, prima di ospitare un ippodromo e più recentemente un parcheggio di prossimità. La leggenda che ricorda il miracolo del Santo protettore (San Geminiano) vuole che la città fosse salvata dall’invasione (e distruzione) da parte delle orde di Attila, dalla fitta nebbia propiziata dal Santo. Avvolta nella nebbia, la città fu resa invisibile all’esercito che la attraversò senza accorgersene e se ne andò per la sua strada. È chiaro che molte altre campagne militari non furono intraprese in pieno inverno…!


Splendido vicolo di Modena

Riguardo la nebbia nutro un particolare affettuoso ricordo. La sensazione di appartenenza alla mia città nelle mattine di nebbia fitta quando, per recarmi a scuola dall’altra parte del centro sceglievo strade diverse ogni giorno sfidando me stesso a non perdere l’orientamento, facendomi guidare dai dettagli degli spigoli di case e palazzi che via via incontravo e riconoscevo, o più semplicemente seguendo la mappa bidimensionale della città che avevo bene impressa nella mia mente. Fino ad arrivare sul viale del Liceo che mi appariva già a qualche distanza per una sua luce particolare proveniente da terra. Una luce surreale, diffusa dalle gialle foglie di ginko che ne tappezzavano i marciapiedi l’autunno. Percorrevo così gli ultimi 2-300 metri su una sorta di tappeto luminoso che nella nebbia creava un indimenticabile effetto, quasi un palcoscenico coi riflettori all’incontrario.
 

 ALBUM


Modena. Il Duomo in un tondo
dall'album di disegno di Wally Franchi


Perugia. Veduta della città sulla rocca


Perugia. Scorcio dell'acquedotto


Escher. "Concavo e convesso"
Vita di città



Perugia. Maestà delle Volte


Perugia.
Sotterranei della Rocca Paolina


Perugia
Bastioni con l'Arco Etrusco