EUROPA DI PACE!
di Alfonso Navarra*
Il 26 febbraio tutti in piazza!
Le ultime notizie sono
drammatiche: le prospettive di una soluzione pacifica della crisi Ucraina,
almeno nell’immediato, sono tramontate. Condanniamo che la parola sia
passata alle armi prima di esperire i tavoli negoziali. E qui la responsabilità
è di Putin, senza dubbio. E della sua decisione di riconoscere le Repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk inviando
truppe russe in loco. Questo al di là della lunga catena di atteggiamenti e
gesti inconsulti, con vari gradi di responsabilità, che coinvolgono più attori,
dagli USA alla NATO, dai Paesi UE al governo ucraino, tutti incapaci di
fuoriuscire dalle logiche di potenza e di guerra. O, almeno, di fronteggiarle
con credibili dinamiche di pace.
Il riconoscimento del Donbass all’insegna del “prima i
russi” straccia gli accordi di Minsk (autonomia del Donbass nel riconoscimento
della integrità e della sovranità di Kiev) quindi costituisce un impedimento
alla possibilità di sempre auspicabili soluzioni diplomatiche alle contese in
corso.
Non possiamo accettare le “sfere di influenza” di
competenza di presunti “imperi”. E questo vale anche per la parte
“occidentale”, con i suoi patti militari, cui non ci allineiamo poiché è
arrivato il momento della “terrestrità”, di pensare a un mondo che non sia più
divisibile, nemmeno metaforicamente, e quindi soprattutto culturalmente e
politicamente, per i quattro punti cardinali dell’Ovest e dell’Est, del Nord e
del Sud.
Non possiamo accettare che le controversie
internazionali siano risolte con mezzi militari. Dobbiamo continuare a
lavorare, con gli strumenti della mobilitazione di base, per evitare ulteriori
escalation che avrebbero conseguenze funeste per il mondo, ma soprattutto per
l’Europa: sviluppi negativi sia dal punto di vista di evoluzioni geopolitiche
progressive verso una realtà multipolare fondata sulla forza del diritto; sia
di una transizione energetica orientata alla soluzione della crisi climatica.
Il manifestarsi di logiche di guerra più o meno fredda
o calda è sempre una sconfitta per l’umanità e gli sforzi per la costruzione di
paci locali e globali, con la cultura e i metodi della nonviolenza attiva, non vanno
mai dismessi. Papa Francesco è una autorità morale che dovrebbe essere più
ascoltata su questo punto, espresso in particolare nell’enciclica “Laudato
Si’”. C’è un bene globale comune, la salvaguardia dell’ecosistema planetario,
che andrebbe perseguito, aggiungiamo noi, come “pace con la Natura” quale
condizione per una pace stabile e duratura tra le società umane: non c’è
giustizia senza pace!
È sui contenuti di un documento per l’ “Europa di pace”
e sui loro presupposti valoriali e strategici che manifestiamo con i nostri
partners (WILPF Italia, Mondo senza violenze e senza guerra, Energia felice,
etc.), il 26 febbraio a Milano, dalle ore 13:00 alle ore 15:00, in piazza
Stazione di Porta Genova.
Chiamiamo a partecipare ad un presidio statico che si
svolgerà in collegamento con altre iniziative, di varia natura, che avranno
luogo in diverse città italiane.
Atto
d'imperio. Se si voleva davvero salvaguardare in
questo momento oscuro per la pace l’unica mediazione sul campo, quella degli
accordi di Minsk che difendono giustamente l’integrità territoriale
dell’Ucraina, ecco che la decisione di riconoscere le indipendenze di Lugansk e
Donetsk azzera ogni sforzo diplomatico.
Editoriale
di Tommaso Di Francesco su “il Manifesto” del 22 febbraio 2022:
La
scelta di riconoscere le indipendenze di Lugansk e Donesk è un atto di forza
che cercherà di legittimarsi quale risposta asimmetrica alle tante scelte
sbagliate delle guerre occidentali. E proprio per questo non possiamo che
definire l’annuncio del presidente russo Putin come un grave errore,
un’avventura foriera di nuova guerra. Perché se legittimamente si difendono le
ragioni del popolo russo, non è la risposta asimmetrica all’arroganza altrui, della
Nato e degli Usa, la soluzione: parliamo del 2008 quando, nonostante gli
accordi di pace di Kumanovo del 1999 – dopo la guerra «umanitaria» aerea – che
riconoscevano il diritto sul Kosovo di Belgrado, fu riconosciuta a tutti i
costi la divisiva indipendenza del Kosovo.
Se
si voleva davvero salvaguardare in questo momento oscuro per la pace l’unica
mediazione sul campo, quella degli accordi di Minsk che difendono giustamente
l’integrità territoriale dell’Ucraina, ecco che la decisione di riconoscere le indipendenze
di Lugansk e Donetsk azzera ogni sforzo diplomatico. Che invece doveva e poteva
essere rilanciato, anche di fronte alla verità amara che questi accordi sono
stati boicottati finora dal parlamento ultranazionalista di Kiev. Ora sarà
difficile riattivare un processo negoziale, risponderanno solo le ragioni
della forza come accadde in Georgia nel 2008. Tra gli Stati uniti, impegnati
nella vittoria definitiva post-guerra fredda contro il nemico sovietico – che
non c’è più -, e la Russia che spinta da questa espansione ideologica e
militare risponde in chiave imperiale. E per favore, giù le mani da Lenin.
Si
tratta di un risiko in Europa, contro l’Europa, mentre l’Unione europea è
subalterna perché senza una politica estera surrogata dall’Alleanza atlantica,
e divisa sui contenuti strategici come l’energia. Saranno contenti gli
ultranazionalisti d’estrema destra ucraini che attivando l’oscura rivolta di
Maidan – con stragi come quella impunita di Odessa – hanno alla fine prodotto
la proibizione della lingua russa e la cacciata dei russi e dei filorussi, in 8
anni di guerra civile, con 14mila morti e due milioni di profughi dei quali
nessuno si è accorto. Il processo è arrivato a compimento. Sul baratro.
*portavoce dei disarmisti esigenti.