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venerdì 18 febbraio 2022

Spigolature
IL TEMPIO DI SAN SEBASTIANO
di Angelo Gaccione



 

Il Tempio di San Sebastiano incassato sulla via Torino al numero 28 è stato, e resta tuttora per me, uno degli edifici religiosi più singolari di Milano. La prima volta che mi trovai davanti la sua forma sferica, mi immaginai che fosse un’unica circonferenza con attorno il vuoto. Invece mi accorsi subito che su entrambi i lati era “chiuso”, addossato ad altri corpi. Fu molto più tardi che appresi da alcune letture le vicissitudini che ne avevano accompagnato la costruzione, e di come l’originale progetto a forma circolare immaginato da Pellegrino Tibaldi (a lui lo attribuiscono le fonti) nel 1577, fosse stato in seguito modificato da quanti gli subentrarono via via. Vale a dire, Giuseppe Meda e nell’ordine: Dionigi Campazzo, Pietro Antonio Barca, Fabio Mangone, in un arco di tempo che dal 1587 arriva ai primi decenni del Settecento. 



Per dare inizio all’edificazione fu abbattuta una precedente chiesa con il suo imponente campanile, la stessa dimora del parroco e non solo. Deve essere risultato difficile abbattere il resto delle case, se l’incisione di Marc’Antonio Dal Re datata 1745 conservata nella Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli presso il Castello Sforzesco di Milano, mostra i fianchi del Tempio ben legati ad una fila di edifici. Non c’erano i marciapiedi come oggi sulla via, né il traffico folle e lo sciamare incessante per gli acquisti, e la mole, seppure costretta in uno spazio piuttosto angusto, poteva almeno respirare nella parte frontale col suo ingresso. Oggi no, dovendo schivare il fluire incessante dei pedoni e frastornati dallo stridore dei tram e dei rombi dei motori, è già un miracolo se al Tempio si presti attenzione. Dall’esterno una cupola più piccola sta accanto a quella più grande che più che di cupola ha la forma di una torta a doppio strato. Un tamburo, più che una cupola. 



Sulla fiancata destra una lastra porta incisa la scritta “Civico Tempio” perché realizzato in larga parte con il contributo dei cittadini milanesi. Lo hanno dedicato al santo guerriero, quello che i dipinti di tantissimi artisti ci mostrano legato ad una colonna e bersagliato di frecce. A lui a cui ci si era rivolti perché intercedesse presso il Padreterno affinché la terribile peste che flagellava la città avesse fine. Voto che fu esaudito con questa costruzione nonostante il lungo e faticoso travaglio. Conserva pregevoli opere questa chiesa, fra cui una bella Annunciazione del Montalto (al secolo Giuseppe Danedi) che è anche autore della Strage degli innocenti della lunetta della seconda cappella; una Circoncisione di Gesù del Barocci (c’è chi sostiene che in realtà è una copia: se così è può fare invidia all’originale), e tanti altri. 



Tutte le opere avrebbero bisogno di essere ripulite, compresa La Pietà scolpita in marmo di Carrara da Benedetto Cacciatori verso la fine dell’Ottocento. Per i più curiosi segnalo che San Sebastiano è il patrono dei vigili urbani di Milano, una categoria non proprio particolarmente amata, che vengono qui ad onorare il santo e diverse associazioni d’arma (e questo ci può stare, visto il passato di arciere e soldato al servizio di Diocleziano del santo), ma vengono anche gli orafi perché c’è un altare al loro protettore Sant’Eligio; e i calzolai per il quadro dedicato a San Crispino e San Crispiniano che vegliano su di loro. Sono devoti a questo Tempio anche associazioni sportive e culturali, e il perché resta un po’ misterioso. I reduci dai campi di internamento invece una giustificazione ce l’hanno: nell’altare della Pietà è stata posta un’urna con la salma di uno di questi sventurati: il corpo di un internato sconosciuto a perenne ricordo della barbarie della Seconda guerra mondiale. Barbarie da cui purtroppo, stati, governi e popoli, non mi pare abbiano tratto insegnamento.