Spigolature IL TEMPIO DI SAN SEBASTIANO di
Angelo Gaccione
Il Tempio di San Sebastiano
incassato sulla via Torino al numero 28 è stato, e resta tuttora per me, uno
degli edifici religiosi più singolari di Milano. La prima volta che mi trovai davanti
la sua forma sferica, mi immaginai che fosse un’unica circonferenza con attorno
il vuoto. Invece mi accorsi subito che su entrambi i lati era “chiuso”,
addossato ad altri corpi. Fu molto più tardi che appresi da alcune letture le
vicissitudini che ne avevano accompagnato la costruzione, e di come l’originale
progetto a forma circolare immaginato da Pellegrino Tibaldi (a lui lo
attribuiscono le fonti) nel 1577, fosse stato in seguito modificato da quanti
gli subentrarono via via. Vale a dire, Giuseppe Meda e nell’ordine: Dionigi
Campazzo, Pietro Antonio Barca, Fabio Mangone, in un arco di tempo che dal 1587
arriva ai primi decenni del Settecento.
Per dare inizio all’edificazione fu
abbattuta una precedente chiesa con il suo imponente campanile, la stessa
dimora del parroco e non solo. Deve essere risultato difficile abbattere il
resto delle case, se l’incisione di Marc’Antonio Dal Re datata 1745 conservata
nella Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli presso il Castello Sforzesco
di Milano, mostra i fianchi del Tempio ben legati ad una fila di edifici. Non
c’erano i marciapiedi come oggi sulla via, né il traffico folle e lo sciamare
incessante per gli acquisti, e la mole, seppure costretta in uno spazio
piuttosto angusto, poteva almeno respirare nella parte frontale col suo
ingresso. Oggi no, dovendo schivare il fluire incessante dei pedoni e
frastornati dallo stridore dei tram e dei rombi dei motori, è già un miracolo
se al Tempio si presti attenzione. Dall’esterno una cupola più piccola sta
accanto a quella più grande che più che di cupola ha la forma di una torta a
doppio strato. Un tamburo, più che una cupola.
Sulla fiancata destra una lastra
porta incisa la scritta “Civico Tempio” perché realizzato in larga parte con il
contributo dei cittadini milanesi. Lo hanno dedicato al santo guerriero, quello
che i dipinti di tantissimi artisti ci mostrano legato ad una colonna e
bersagliato di frecce. A lui a cui ci si era rivolti perché intercedesse presso
il Padreterno affinché la terribile peste che flagellava la città avesse fine.
Voto che fu esaudito con questa costruzione nonostante il lungo e faticoso
travaglio. Conserva pregevoli opere questa chiesa, fra cui una bella Annunciazione
del Montalto (al secolo Giuseppe Danedi) che è anche autore della Strage
degli innocenti della lunetta della seconda cappella; una Circoncisione
di Gesù del Barocci (c’è chi sostiene che in realtà è una copia: se così è
può fare invidia all’originale), e tanti altri.
Tutte le opere avrebbero
bisogno di essere ripulite, compresa La Pietà scolpita in marmo di
Carrara da Benedetto Cacciatori verso la fine dell’Ottocento. Per i più curiosi
segnalo che San Sebastiano è il patrono dei vigili urbani di Milano, una categoria
non proprio particolarmente amata, che vengono qui ad onorare il santo e
diverse associazioni d’arma (e questo ci può stare, visto il passato di arciere
e soldato al servizio di Diocleziano del santo), ma vengono anche gli orafi
perché c’è un altare al loro protettore Sant’Eligio; e i calzolai per il quadro
dedicato a San Crispino e San Crispiniano che vegliano su di loro. Sono devoti
a questo Tempio anche associazioni sportive e culturali, e il perché resta un
po’ misterioso. I reduci dai campi di internamento invece una giustificazione
ce l’hanno: nell’altare della Pietà è stata posta un’urna con la salma
di uno di questi sventurati: il corpo di un internato sconosciuto a perenne
ricordo della barbarie della Seconda guerra mondiale. Barbarie da cui
purtroppo, stati, governi e popoli, non mi pare abbiano tratto insegnamento.