Sarebbe un peccato lasciar cadere
nell’indifferenza lo scritto di Michele Serra dal titolo Una proposta contro
l’invasione pubblicato su “la Repubblica” qualche giorno fa. Le proposte
dell’autore possono suonare paradossali ed eccentriche solo ad orecchi privi di
immaginazione. L’articolo ci vuole invitare a riconsiderare la barbara realtà
della guerra con altri occhi e a rinunciare al nostro abusato modo di pensare
e, dunque, di agire. L’entrata dell’umanità in quella che chiamiamo “era
nucleare” (vale a dire di possibile cancellazione del genere umano) avrebbe
dovuto imporre a tutti noi un radicale cambiamento di pensiero e l’uso di
categorie intellettuali completamente nuove per guardare alla realtà. Per fare
un esempio molto banale il concetto di difesa armata, in epoca nucleare,
non garantisce la sicurezza di nessuno ed è la via più certa verso la
catastrofe. È la rinuncia alla difesa armata che può renderci più sicuri e non
il contrario. Noi contemporanei dovremmo far nostro ed aggiornare il memento
mori dei mistici medievali nella formula seguente: ricordati che vivi in
epoca nucleare, e tenerla sempre presente nelle nostre scelte. Se lo
facessimo gli ottimi suggerimenti di Michele Serra ci spingerebbero ad osare,
ad avere coraggio, a battere strade che io considero tutt’altro che
utopistiche.
All’incirca mezzo secolo fa fondai assieme allo scrittore
Carlo Cassola la Lega per il disarmo unilaterale. C’era la guerra fredda e le
opposte tifoserie non vollero sentir ragione: con la Nato o il Patto di
Varsavia, e che il mondo andasse pure in malora. Ma anche oggi è ben strano che
ci si possa sentire al sicuro seduti su 13 mila ordigni nucleari e con una
spesa militare che ha superato i 1.981 miliardi di dollari. La nostra
“provocazione” di allora, come questa di Serra ora, voleva che si considerasse
un altro punto di vista. Se, per ipotesi, il nostro meraviglioso Paese avesse
unilateralmente interrotto la catena del terrore disarmando, avrebbe potuto
verificarsi un positivo effetto domino, e la storia delle relazioni
internazionali prendere un’altra piega. Osai scrivere (e ribadirlo nei vari
incontri che tenemmo in giro per l’Italia) che era tempo di sanare quella
tragica e tremenda ferita rappresentata dal Muro di Berlino nel cuore
dell’Europa abbattendo il Muro e ricongiungendo le due Germanie. Piovvero
insulti da ogni parte e mi diedero del pazzo. Decenni più tardi quella “utopistica
provocazione” si è avverata, segno che non ero del tutto pazzo.
Confortato dai suggerimenti di Serra, e dalle sue proposte
ardite, arrivo a dire che se fossi stato membro del governo ucraino mi sarei
battuto per sciogliere l’esercito e non avrei fatto aderire il mio Paese ad
alcuna alleanza di tipo militare. E se qualcuno avesse voluto invadere la mia
patria mi sarei recato in televisione e lo avrei sfidato davanti al mondo
intero: Venite pure, avrei detto, non troverete carri armati né soldati; né
contraerea né missili. Troverete solo gente inerme e disarmata: troverete
anziani, donne, bambini, operai, contadini, impiegati, studenti, professori che
non opporranno resistenza. Potete occuparci ma avrete vita difficile: non
collaboreremo con gli occupanti in nulla, praticheremo una disubbidienza civile
attiva e il mondo vi disprezzerà. Avrei protetto in tal modo la vita e i beni
dei miei compatrioti, le nostre bellissime città, il nostro apparato
industriale. Avrei evitato distruzioni, profughi, disperazioni, odii, e forse
l’invasore si sarebbe fermato. Avrei usato “l’alternativa alla logica delle
armi” di cui ha parlato Serra, e prima di lui Tolstoj, Gandhi, Russell,
Einstein, Cassola, e papa Francesco.