Pagine

giovedì 17 marzo 2022

SPIGOLATURE
di Angelo Gaccione


San Simpliciano e Lutero.
 
La basilica di San Simpliciano che fa magnificamente da fondale all’omonima piazza – una piazza in verità abbastanza piccola, ma quanto basta per mettersi al riparo dall’andirivieni del passeggio che sul Corso Garibaldi, a partire dalla via Mercato fino ai bastioni di Porta Nuova è sempre molto intenso e affollato – mi è cara per una sterminata serie di ragioni. Perché è tra le chiese più antiche della città, perché nel catino absidale si è salvato miracolosamente un meraviglioso affresco del Bergognone (l’Incoronazione della Vergine), perché vi si svolgono delle stimolanti “Meditazioni con organo” e anche se il suo Ahrend non può vantare un blasone di antichità, le sue 2040 canne hanno una potenza sonora da mandarvi in estasi. Ma è tutto il Corso che è pieno di memorie grate per me. A cominciare dalla casa dove abitò il poeta Quasimodo, da quello che un tempo si chiamava “Centro Sociale Garibaldi”, dal “Teatro Fossati”, dal localetto aperto da Valpreda dove ci intossicava col fumo delle sue sigarette, dalle gallerie d’arte fino alla libreria Utopia all’incrocio della via Moscova e giù fino alla chiesetta dell’Incoronata. Si è poi aggiunto il giardino dedicato alla carissima Gina Lagorio su un fianco di San Simpliciano in via Cavalieri del Santo Sepolcro. Sono andato a vederlo anche domenica prima del concerto d’organo in basilica. 



È spoglio, purtroppo, e non è ben tenuto. Un idiota (specie indistruttibile come i ratti) si è divertito a incollare un adesivo sulla targa di marmo sotto il nome della scrittrice. Ma non potevo guastarmi il sangue, in San Simpliciano mi aspettavano Bach, Buxtehude e Böhm; mi aspettavano le 2040 canne dell’Ahrend e la giovane organista slovena Ana Marija Krajnc. Mi aspettava l’incatenata arte così il riformatore protestante Lutero ha definito la musica in una lettera al compositore svizzero Ludwig Senfl nel 1530 – e mi aspettavano le parole stesse di Lutero, e i versi di uno dei suoi più celebri sacri inni. San Simpliciano non è una spoglia ed austera chiesa protestante come quella immaginata dal riformatore tedesco, ma la musica vi ha risuonato come lui avrebbe voluto, secondo le sue più profonde convinzioni. “Il meritevole e amabile dono della musica, (…) il tesoro prezioso, degno, caro donato da Dio all’umanità” è stato da noi accolto con la più appassionata ispirazione, e le melodie si sono fatte “danza celeste”. Non so quanti fra i presenti credessero nel suo Dio; di sicuro hanno tutti considerato le note che uscivano dall’organo “come un’opera meravigliosa” e non erano di certo fra quelli a cui “si dovrebbe fare ascoltare il raglio degli asini e il grugnito dei maiali”, come scrive sprezzante nella citata lettera, parlando di colui che alla musica, “opera di Dio”, resta indifferente. Talmente dure le sue parole che non contento di considerare costui un ignorante, gli nega addirittura l’appellativo di essere umano. I riformatori esagerano in tutto.