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giovedì 28 aprile 2022

LETTORI GUERRA



Essere pacifista in tempo di Guerra.
 
Mi sento pacifista integrale, "senza se e senza ma"; cerco di seguire, nel mio piccolo, gli insegnamenti sulla non violenza di Gandhi, don Milani, Ernesto Balducci, Aldo Capitini, Bruno Bauer e quanti nei secoli li hanno preceduti (ricordo il frammento di Archiloco, lirico greco, che si disinteressava dello scudo e del suo onore, ritenendo più importante aver salva la vita...) e non manderei le armi ad alcuno dei contendenti. Ma sento la domanda che sempre viene rivolta a chi la vede come me, da parte di chi, quelle armi, le manderebbe: "cosa faresti ora?". Ecco il punto: proprio la domanda è sbagliata, in questo caso, come in tutti i casi passati. Chiedere ad un pacifista, che non vuole la guerra, che cosa farebbe durante una guerra, sarebbe come chiedere a chi non sa nuotare, che cosa farebbe per salvarsi mentre sta annegando: avrebbe deciso prima di non entrare in acqua!
Se la "guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi", la domanda andrebbe rovesciata:"voi che oggi inviereste le armi, cosa avete fatto, quando era il momento della politica, prima che la situazione degenerasse e la politica proseguisse con le armi della guerra?".
Abbiamo da poco festeggiato il 25 aprile: da quella lotta di liberazione nacque la nostra democrazia. I padri costituenti, usciti dalle macerie, scrissero che “L'Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Intendevano questo: che le controversie si risolvono con la politica, "senza se e senza ma".
Antonio Prattella