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domenica 17 aprile 2022

PASQUA
di Angelo Gaccione


Palme, culluri e grano.
 
La Pasqua della mia età infantile e per tutto il tempo in cui ho vissuto nella mia città di origine, è stato il dolce che impastavano le donne a forma di corolla con le uova intorno, o quello che evocava quasi l’idea di un bimbo con le gambette intrecciate e l’uovo collocato nel centro della testa. I culluri, nella lingua dialettale, termine che con piccole varianti si ritrova in molti luoghi della Calabria. Allora si usava un impasto morbido che si riempiva di minuscoli chicchi di anice nera dal profumo magnifico e che non ho mai dimenticato. Col tempo è subentrata una pasta diversa, dolce, di ottima fragranza, ma priva di sofficità e di quell’anice dei nostri dirupi difficile da reperire, tanto preziosa e rara che aveva come parametro di misura quello di un ditale. Si vendeva a ditali, quelli che usavano le donne per ricamare, i sarti, e che tutti avevamo in casa. E le palme benedette, senza le palme la Pasqua non esisteva. Ma attenzione, le nostre palme erano e sono rimasti i ramoscelli di olivo, da sempre simboli di pace e di amicizia conviviale, tanto da essere esposti fuori da cantine e cellai dove i privati vendevano il vino prodotto dalle loro vigne. E le infiorescenze ricavate dai semi di grano e portati nelle chiese dentro ciotole e vasi. Un nome che nella nostra lingua rimanda al lavoro perché davuru è il grano, e il grano è fatica, è lavoro. Fatica per il pane. Dove vivo ora, a Milano, i culluri sono della seconda specie: così le realizza mia moglie e non abbiamo mai saltato una Pasqua. Mai, anche perché ne facciamo dono agli amici. La Pasqua ebraica e cristiana è venuta dopo, con le letture la prima e con il Passio la seconda. Tanto da spingermi a scrivere un testo teatrale come Pathos, e da recarmi a Gaeta per vedere la Montagna spaccata: conseguenza del tremendo terremoto dopo che il Cristo aveva esalato l’ultimo respiro, come racconta la tradizione. Per i credenti Pasqua non è la pasah aramaica del “passare oltre” o quella ebraica divenuto simbolo della liberazione dalla schiavitù in Egitto, è qualcosa di molto più profondo e per certi versi “scandaloso”: nientemeno che la resurrezione, la vittoria della vita contro la morte, la purificazione, la rinascita ad una vita nuova e monda, la promessa attraverso il sacrificio alla vita eterna. Ci ho pensato molto in questi giorni di delirio e di guerra e mi sono chiesto: verrà un tempo in cui gli uomini rinunceranno a darsi la morte?