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venerdì 13 maggio 2022

LETTORI E GUERRA
Lettera al Direttore



A nome mio no
  
Caro Angelo, sono davanti al televisore e non sento che ripetere, ignominiosamente, che per arrivare alla pace è necessario che i due eserciti, russo e ucraino, pervengano a una parità di forze sul campo. Per cui, mi ritrovo ad ascoltare politici e giornalisti che non hanno sicuramente mai aperto un libro di storia, e che abbiano conseguito le loro lauree di merda a raffiche di calci onorevoli. A me, infatti, risulta, avendoli i libri di storia almeno aperti, che tutti i conflitti, da che mondo è mondo, sono sempre terminati, e giunti alla pace, allorquando una delle due coalizioni belligeranti ha prevalso sull’altra. Se la stessa Russia non avesse neutralizzato la resistenza teutonica, alla fine della Seconda guerra mondiale, Hitler non si sarebbe arreso e suicidato. Lo stesso è accaduto per tutte le guerre del passato più remoto, a cominciare, senza bisogno di uscire dall’ambito nazionale, da quelle combattute da Cesare, Augusto ed Ezio a quelle, anch’esse vinte sul campo, da Carlo Alberto, Garibaldi e Diaz. Per non parlare poi di quelle assai più recenti, combattute dalla Nato, per sopraffare Iraq, Jugoslavia e Libia.



I giornalisti e i politici che stanno, in questo momento, esprimendo le loro insensatissime argomentazioni, mi sembrano degli acefali, ossia dei mostriciattoli senza né testa e, per ciò stesso, neppure cervello. L’inviare armi all’Ucraina non è, secondo le loro farneticazioni, solo il motivo per portare a pareggiare le forze dei due contendenti sul campo, ma anche, e soprattutto, per illudere, en cachette, il povero stato invaso, di poter battere la seconda potenza militare del mondo, e ciò servendosi dell’ingenuo suo capo, Zelensky, che, con tutta la sua ingenuità, fa comunque credere, a tutti gli occidentali, che sta lottando per la loro democrazia, e non per onorare l’egoistico scopo di riempirsi gli arsenali sempre più di armi e le banche sempre più di miliardi. E non sa, il poveretto, che tutti quei soldi, con cui lo stanno coprendo dalla testa ai piedi, dovrà pur restituirli, con gl’interessi, a tutti coloro che gli andranno a ricostruire, città dopo città, l’Ucraina, che egli stesso, non essendo stato in grado di proteggere, ha fatto, comunque, quasi del tutto distruggere. E non s’accorge neppure che lo stanno costringendo a resistere per potere (con aggiunto anche il pretesto, irrealizzabile, di indebolire la Russia), trovare, a fine conflitto, essa Nato, più città da ricostruire e più miliardi, fintamente datigli, da riprendersi. 
E per tornare alla questione sulla pace da raggiungere, la Russia, quale potenza nucleare che essa è, non si rassegnerebbe mai a perdere la faccia nei confronti di un esercito, da lei considerato un’accozzaglia di gay, drogati e neonazisti. Piuttosto, ricorrerebbe, senza pensarci due volte, essendo anche una invadente e maledetta dittatura, agli estremi rimedi. Così come vi ricorsero gli esportatori di democrazia nel mondo per eccellenza, nei confronti del Giappone, nella Seconda guerra mondiale. Quanto al tanto invulnerabile battaglione Azov decantato dalla mattina alla sera per la sua eroica resistenza, dalla nostra televisione, da settimane non sta esplodendo neppure un colpo a difesa della sua amatissima patria. Anzi, sta permettendo, da parte dei russi invasori, la totale distruzione dell’acciaieria più grande d’Europa, che esso avrebbe potuto salvare, dai bombardamenti dal cielo, rifugiandosi altrove. Ci si chiede a chi sta ancora opponendo la sua eroica resistenza, se tutti i civili sono stati ormai evacuati? ai topi sottoterra? I civili non sono stati da esso protetti. Sono stati i civili che hanno protetto lui. Ora, protetti o non protetti, si vorrebbe che il capo di stato, attualmente più importante del mondo, Zelensky, lo ponesse almeno in salvo, e che non gli facesse fare la stessa fine della struttura che lo tiene al riparo dai missili.  Dovrà porlo in salvo non solo per i molti feriti che ha fra i suoi soldati, ma anche, e soprattutto, per non gettare nella più cupa disperazione tutte le consorti dei suoi arruolati, che anche dall’Italia invocano la sua tanto desiderata salvezza.



Dalle verità che vengo adducendo, potrei sembrare un filorusso. Non lo sono per niente. Sono uno a cui piacciono le cose giuste e sensate, e non che portino a un disastro nucleare, come, ad esempio, lo si sta rischiando, per l’intemperanza e arroganza dell’Occidente, da parecchio tempo, e come potrebbero portarci dentro le maniacali e criminali incitazioni, da parte del Regno Unito, a fare entrare subito, proprio quando la contingenza è tutta in fiamme, Finlandia e Norvegia nella Nato. Le quali, anch’esse, se avessero un po’ di ritegno, e rispetto per gli altri, e non solo per la propria pelle a discapito degli altri, non asseconderebbero l’efferata proposta del Regno albionico (persino Zelensky non ne fa più menzione). Né il resto dell’Occidente, che le aspetta a braccia aperte, come vengono farneticando, giorno dopo giorno, i vari rappresentanti, su ogni mezzo di comunicazione, si astiene dall'assecondarlo. Colpevole, quest’ultimo, nella persona di Biden, di avere messo il sonaglio alla tigre, come fu detto da Xi, e di non averglielo ancora tolto, dacché nessuna salvifica e saggia proposta di pace è stata ancora da lui avanzata, collocandosi, per questo, nella stessa infima e infame posizione della Russia, che, a questo punto, si vede ancor più libera di proseguire nel suo massacro di tanti innocenti ucraini e Ucraina. Senza parlare, poi, della nostra Europa in sé e per sé, che (volendo mostrare i propri muscoli che non ha), assieme agli stessi Usa e Regno Unito, ha gettato benzina sul già imperversante inferno bellico, e mezzo mondo nella crisi più grande mai sofferta, che, se non proprio, o non ancora, di natura apertamente militare, sicuramente economica, di cui la nostra stessa russofoba Italia, soprattutto quella politica e mediatica, ne sta facendo pagare a quella sua gran parte di cittadini, non in tempo, purtroppo, ricredutisi, la siderale e irreversibile portata.
 
Nicolino Longo (San Nicola Arcella, Cosenza)