La
diserzione dalle urne come scelta politica di difesa delle istituzioni
repubblicane. La
diserzione dalle urne nel referendum in materia di giustizia che si svolgerà
domenica 12 giugno va sostenuta come chiara indicazione di scelta politica. In
alcune città si voterà anche per l'elezione del Sindaco e del Consiglio
Comunale e vale ancora la pena insistere nel giudicare come una vera e propria
forzatura istituzionale l'abbinamento tra le due diverse consultazioni. Le
ragioni delladiserzione dalle urne
risiedono, prima di tutto in alcune considerazioni di merito: il raggiungimento
del quorum del 50% dei partecipanti e l'eventuale la vittoria del sì infatti
introdurrebbe nuovi problemi, come nel caso del quesito sulle misure cautelari
la cui applicazione renderebbe molto difficile intervenire sui reati di
violenza di genere, inoltre i quesiti referendari intervengono su aspetti
tecnici e parziali, al riguardo dei quali l'esigenza cui corrispondere dovrebbe
essere quella di una riforma di carattere generale. È
il caso allora di richiamare, ancora una volta, le necessità di recuperare un
protagonismo parlamentare. Protagonismo
parlamentare che, dopo l'inopinata riduzione nel numero dei componenti le
assemblee elettive, si sta cercando di ridurre al minimo per seguire la via
populista e dell’affidamento della produzione legislativa alla propaganda o
all'imposizione governativa piuttosto che all'agire della mediazione
politico-istituzionale. A rafforzamento dell'indicazione riguardante l'esigenza
prioritaria di seguire la via parlamentare è ancora il caso di chiarire come
tre dei cinque quesiti che dovrebbero essere sottoposti al voto riguardano la
vita interna all'ordinamento giudiziario: come sono eletti i magistrati nel
loro organo di rappresentanza (il Consiglio Superiore della Magistratura); come
sono giudicati per gli avanzamenti di carriera e i ruoli che possono rivestire
tra inquirente e giudicante. La diserzione dalle urne e il conseguente
fallimento del quorum si impongono così come scelta politica. Una scelta
politica che indichi la via parlamentare come quella idonea per affrontare la
complessità di questioni così tecnicamente specifiche. Da
tener in conto che la prova referendaria rende complicato mobilitare grandi
masse di elettrici ed elettori e un esito favorevole ai quesiti attraverso
l'espressione di una maggioranza di ridotte dimensioni renderebbe comunque
difficile la formazione di un consenso forte e convinto come sarebbe
fondamentale si affermasse su temi di così grande importanza e delicatezza. In
sostanza, al di là del merito di ogni singolo quesito, un'affermazione del
fronte abrogazionista assumerebbe il significato di un ulteriore indebolimento
delle istituzioni rappresentative e di conseguenza dell'intero sistema politico
italiano, già così fragile e percorso da tensioni che pericolosamente stanno
reclamando un vero e proprio restringimento dell'azione democratica. In
questo caso tensioni che debbono essere fermamente respinte con una chiara
espressione di non presenza ai seggi che assuma l'indicazione di una forte
domanda di ritorno alla centralità delle istituzioni.