CURDI. DUE PESI E DUE MISURE
di Silvana Barbieri
Che diranno i vari Biden, Scholz, Draghi,
Macron, Von Der Leyen, Stoltenberg, impegnati a protezione della democrazia in
Ucraina, quando il sultano Erdogan attacca i curdi che erano alleati dell’Occidente
nella guerra contro lo Stato Islamico?
È dal 18 aprile che la Turchia bombarda la regione curda dell’Iraq e il
Rojava siriano, senza che vi sia attenzione, rifiuto, reazioni diplomatiche. La
comunità internazionale chiude sempre gli occhi sulle violenze e i crimini del
sultano turco, gli occhi sono solo sull’Ucraina. Ufficialmente il bersaglio
dell’offensiva di Erdogan è il PKK (il Partito dei lavoratori del Kurdistan),
ma l’esercito turco va sempre più in profondità e in larghezza nella
costruzione di una sua permanenza stabile nella zona nord della Siria.
L’obiettivo militare è il Rojava, è tutta la regione liberata dall’YPG cioè
dalle Forze democratiche siriane, sostenute da Washington, è indebolirle a
vantaggio dei ribelli ISIS siriani, alleati da sempre della Turchia.
Non è un mistero che Erdogan stia trattando con la NATO l’invasione del
Rojava. Il veto all’ingresso della Nato in Finlandia e Svezia serve a trattare
il via libera all’occupazione del Rojava. Lo ha detto Draghi che Erdogan è un
dittatore, quando ha umiliato la sua amica Ursula von der Leyen, lasciandola in
piedi in riunione, ma oggi che la Turchia intende uccidere l’unica area di
democrazia in Medioriente, i curdi del Rojava, Erdogan è diventato una persona
per bene.
Le voci che circolano dicono che “la Turchia si riprenderà nel 2023 le zone
perse al termine della prima guerra mondiale, cioè Mosul, altre città, ma anche
tutto il Kurdistan iracheno e tutta la zona curda della Siria”. I nostri
protettori della democrazia un Ucraina continueranno a girarsi dall’altra parte?